“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Monday, 17 November 2014 00:00

Tralasciando...

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È un interno povero quello che compone la scena, una casa dalle cui pareti promana il senso di stantio dei parati ingialliti; ed è un senso complessivo che sembra pervadere non solo la scena, ma anche chi la abita. Barbie vesuviana è storia che s’attaglia a questo milieu, se ne impregna, adagiandosi nel racconto di un sottobosco umano, delle sue miserie, delle meschinità che ne regolano l’usuale agire. Ed è, Barbie vesuviana, storia che abitando un interno muffito e stantio, sembra impregnarsene anche nella propria costruzione drammaturgica, desueta per impianto, sbrindellata nell’ordito, fragile nel proprio tentativo di costruire immagini che siano capaci di parlare.

Sfilacci di vicenda prendono forma – invero non compiuta – nel rappresentare cervellotiche vicende di un’umanità bassa che condivide uno spazio abitativo che pare governato da convenzioni morali (o amorali?) alla base delle quali stanno tragedie familiari ed ordinarie, tradimenti, suicidi, storie di necessaria prostituzione e di ostentata devozione, torbidi rapporti interfamiliari, beghe e ripicche.
Quel che avviene in scena, in scene che si alternano con cambi in penombra, sembra rispecchiare nell’impianto teatrale la modestia del narrato, offrendo una partitura che spicca per convenzionalismi spicci, dal motteggio sentenzioso (“il giudizio è l’unico attore che non si fa truccare”) dall’ironia greve, fatta di doppi sensi di facile lettura, di luoghi comuni sciorinati qua e là, di un umorismo dozzinale che sembra voler essere confetto dolciastro intorno ad un ripieno amaro.
Tralasciando di soffermarci sulla debolezza della compagine attoriale (non si contano gli inciampi nelle battute) e l’approssimazione tecnica (con qualche fuori tempo nell’ingresso delle musiche), si riscontra una confezione complessiva che ha tutti i crismi dell’amatorialità, e che varia schizofrenica da un registro tonale basso, da parlato popolare e grossolano, a toni declamatori ed impostati da vecchio teatro di prosa, denunciando così una confusione di fondo, una scelta espressiva non definita.
Le premesse non paiono nemmeno poi troppo malvagie, facendo presagire uno sviluppo testuale originale; ma, tralasciando – ancora – le incongruenze registiche e gli azzardi immotivati (a che pro una vestaglia di ciniglia rossa ad intabarrare un manichino, cui dà voce fuori scena, all’accendersi di una lampadina, uno zio che non apparirà mai?), ci si ritrova a seguire una vicenda che si sgretola in una serie di eventi che sembrano accumularsi senza una coerenza di fondo.
Tralasciando il fatto che il personaggio che dà il nome alla pièce (se così vogliamo chiamarla), spicca per marginalità nell’economia complessiva dell’ordito, non si comprende perché le si attribuisca un accento dell'est europeo appena percettibile e nessun altro spessore di personaggio, così come appare incompiuto il tratteggio che si fa degli altri personaggi in scena, che appaiono per lo più mossi da traumi del proprio vissuto, incapaci però di tradursi in un’azione scenica realmente degna di tal nome, incapaci di prendere sulla scena spessore a tutto tondo, ma rimanendo mezze figure stilizzate di una tragedia presepiale (senza però una stella cometa da seguire).
Prendendo a prestito per farne similitudine il nome della bambola che battezza la rappresentazione, ci pare che Luca Nasuto faccia con questo spettacolo un po’ come quando da bambini s’andava a guardar sotto le gonne delle bambole, ingenui esploratori del senso e del meccanismo della vita; e, un po’ come a quei bambini la spiegazione appariva oscura ed il disvelamento rimandato, così il tentativo di Nasuto di guardare sotto la superficie delle cose non sortisce effetto rivelatore. Barbie vesuviana ci appare così come un balocco di cui reca il nome impresso nel titolo, sotto il cui vestitino – che tralasceremo di dire ancora quanto raffazzonato e grinzito sia – è inutile andar ad esplorare alla ricerca di una risposta, di una spiegazione e di un perché ultimo.
Tralasciando, ancora e per doveroso senso di rispetto che si deve a prescindere a qualsiasi lavoro, di indugiare oltre su limiti e incongruenze di Barbie vesuviana, ci ballonzola nella mente una considerazione: difficile è il rapporto tra la provincia e la drammaturgia contemporanea ed è di contro lodevole il tentativo di aprire una breccia, un varco, in un pubblico meno avvezzo e meno stimolato al teatro (fatta salva l’inevitabile presenza di amici e parenti, per solito mediamente indulgenti, se non esageratamente entusiasti), rispetto a quello metropolitano; il rischio, l’azzardo di portare nuova drammaturgia in piccoli spazi ‘eccentrici’ rispetto al capoluogo, ha dato talvolta risultati sorprendentemente positivi; ci si chiede pertanto se non possa rappresentare un errore di prospettiva poi accomunare sullo stesso piano (ché di “drammaturgia contemporanea” pur sempre si tratta), produzioni non ancora dotate di un respiro e di una solidità tali da potersi permettere di affrancarsi dall’alveo di una amatorialità localistica.
Tralasciando ulteriori considerazioni su tutto ciò che non è stato Barbie vesuviana, lasciamo il nostro posto in platea con l’espressione perplessa e vagamente disillusa di chi non s’aspetta di scovar la verità sotto il vestitino delle bambole, ma s’accontenterebbe di non veder loro indosso abitini sfilacciati in brandelli di lanugine, appallottolati in nippoli di fuffa.

 

 

 

Stabia Teatro Festival
Barbie vesuviana
scritto e diretto da Luca Nasuto
con Antonio Buonopane, Giulia Conte, Loredana Cirillo, Marco Cannavacciuolo, Annamaria Brancaccio, Angela Avitabile, Veronica Elefante, Luca Nasuto
foto di scena Enzo Longobardi
lingua italiano, napoletano
durata 1h 20’
Castellammare di Stabia (NA), Teatro CAT – Sala Ciro Madonna, 14 novembre 2014
in scena dal 14 al 16 novembre 2014

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