“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Wednesday, 05 November 2014 00:00

Com'è grande il mondo!

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L’autunno è arrivato all’Orto Botanico portandosi dietro tutti i suoi colori. I bambini li conoscono a memoria e li ripetono come a scuola: marrone, giallo, arancione, rosso. Per lo spettacolo itinerante che sta per cominciare, i consigli sono pochi e facili da seguire. Oltre a prestare attenzione agli attori e seguire la storia sarà bene guardarsi attorno. Bisognerà permettere alla natura, con i propri colori, di entrare negli occhi, sentire le foglie cadute scricchiolare sotto le scarpe e poi “Respira, respira forte che questo è tutto ossigeno!”, dice una nonna alla nipotina.

Respiriamo lungo i viali e salendo la scalinata che ci porta a scoprire la prima scena. 'I teatrini' fanno in modo che la storia accada sempre nell’angolo di giardino perfetto e in quel giardino c’è un piccolo boschetto di bambù. Le canne verdi sono spesse e altissime. Lì in mezzo hanno sistemato tre grosse uova e una sedia sulla quale Mamma Anatra aspetta trepidante la schiusa. Se qualcuno si chiedesse come sia possibile rimpicciolire degli attori adulti affinché sembrino il più possibile delle anatre, la risposta è: metteteli in un boschetto di bambù. Le canne somigliano a giganteschi fili d’erba e guardandovi attraverso, non sono solo gli attori a diventare piccini ma ognuno di noi. Siamo minuscoli animaletti su un prato. Un paio di cappellini per tenere le uova al caldo e la favola del brutto anatroccolo può cominciare.
Ad ogni bambino è stata donata una piuma. Devono conservarla bene e usarla solo quando sarà il momento. Quasi tutti la tengono stretta in mano e la agitano parlando come fossero codine di anatroccoli. La nascita è una grande risata e le codine si agitano nell’aria. Due begli anatroccoli gialli e uno nero. I fratelli gialli dicono che il nero è brutto, la mamma lo crede figlio di una tacchina ma i bambini, sebbene non interpellati, esprimono la loro opinione e non sono d’accordo. Com’è illustrato nei libri, sarà la prova nell’acqua a stabilire di che cucciolo si tratta. Ci trasferiamo tutti, con Mamma Anatra e gli anatroccoli, verso una delle fontane. A tuffarsi in acqua sono le paperelle da bagno, quelle di gomma, e la corsa della paperella nera è davvero avvincente. Mamma Anatra è affascinata, deve essere per forza suo figlio. Convinta lei, c’è da convincere l’intero cortile. Non sarà facile. Pennuti nobili e meno nobili prendono in giro quell’anatroccolo brutto e non vogliono assolutamente che resti tra loro né che crescendo sposi una delle loro anatre. A niente serviranno le proteste della mamma né tantomeno il suo amore. L’anatroccolo decide di fuggire da quel piccolo cortile per far sì che lei non soffra più. Il viaggio non lo farà da solo ma con quegli amici, anche loro a due zampe che stringono una piuma tra le mani.
Se solo potessero donargliela, lui avrebbe abbastanza piume da trasformarsi. Ma i bambini gli sono amici, non come gli animali del cortile e sono felici di fargli un regalo. Ognuno gli offre soddisfatto la propria piuma. L’anatroccolo non è solo e può incamminarsi verso il futuro, fino al momento in cui finalmente si accorgerà di essere un bellissimo cigno nero. I bambini avevano ragione.
Giovannna Facciolo adatta la favola di Andersen a quelle che sono le esigenze dello spettacolo de 'I teatrini' e alla messinscena che avviene all’aperto. Alcuni episodi sono tagliati e altri aggiunti. In questa versione scompaiono quasi del tutto gli umani, resta solo la vecchia contadina e la bambina che si accorge della bellezza del nuovo cigno. I cacciatori sono solo annunciati con spavento. In compenso ci sono due pennuti rapper all’ultima moda che cercano di tirarsi dalla loro parte l’anatroccolo nero. Il linguaggio utilizzato è particolare, sa di antico ma è leggero come se la storia fosse narrata da una nonna che fa tutte le voci degli animali. A trasformarsi nei tanti personaggi sono pochi attori che con cambi di costume veloci riescono a tramutarsi con facilità. Di questa messinscena ho apprezzato molto i costumi. Tutte le volte che assisto ad uno spettacolo de 'I teatrini' ho l’impressione che i costumi siano giocattoli. Come se esistesse un grosso cesto di stoffe colorate e oggetti di ogni tipo che combinati insieme, giocando come si fa con le costruzioni, diano vita alla pelle dei personaggi. È successo anche questa volta e trattandosi di animali è così bello che i becchi siano berretti, le code grosse balze di stoffa e il cigno sia un braccio con un grosso ventaglio. I bambini si divertono a scoprire i pezzi e i meccanismi dei movimenti. Rivelano ai personaggi cose che essi non dovrebbero sapere. Parlano, parlano, parlano e fanno a gara per stare davanti ogni volta in cui ci si sposta. Stavolta hanno fatto qualcosa si più, hanno aiutato un cucciolo come loro a non sentirsi solo, l’hanno accompagnato nel viaggio e difeso dalle offese, gli hanno dato una mano a diventare se stesso, gli hanno spiegato e hanno imparato “com’è grande il mondo”.

 

 

 

Un brutto anatroccolo
di
Giovanna Facciolo
da Il brutto anatroccolo
di Hans Christian Andersen
con Adele Amato de Serpis, Valentina Carbonara, Monica Costigliola, Raffaele Parisi
costumi Grazia Pepe    
oggetti di scena Marco Di Napoli
in collaborazione con Università degli Studi di Napoli "Federico II"
lingua italiano
Napoli, Real Orto Botanico, 1° novembre 2014
in scena 1° e 2 novembre 2014

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