“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Wednesday, 08 October 2014 00:00

Due spettacoli in uno

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Un quadrato di tela bianca fa da sfondo. Unico elemento scenico, a parte quello di servizio, sedie e leggii. Non è necessario. La voce, le voci, reggono da sole la scena, evocano, narrano, graffiano, accarezzano. La voce di Myriam Lattanzio, autrice del testo, musica senza musica, calda, vibrante, potente, commovente, evocatrice di calda malinconia latinoamericana. La voce degli strumenti, chitarra e basso, delicato accompagnamento di quella voce così sicura da reggersi da sola. La voce dai mille registri di Nunzia Schiano, forte e sommessa, graffiante e delicata, una voce narrante che sa costruire la scena attorno a sé, sa materializzare oggetti e persone. Ti fa vedere l'alba, ti fa sentire il freddo e il buio della prima mattina.

Due donne, due mondi, due spettacoli. Da un lato Myriam Lattanzio, incarnazione di donna bella e consapevole, donna difficile, madonna che si regge in piedi da sola, che accarezza il pubblico con un sorriso, che apprezza l'applauso, ma si sente che canta soprattutto per sé, perché ha un dono che vuole esternare, perché esprime rabbia, tristezza, gioia, amore. Dall'altro Nunzia, o meglio i suoi personaggi: la pettegola del vicolo, la signora della provincia che va a fare i servizi al centro di Napoli, Titta, la sciampista di Piscinola, anzi di Scampia, La mamma del delinquente ucciso e soprattutto la signora dei friarielli, di cui ignoriamo il nome, visto che nessuno parla di lei, ma è Lei a parlare degli altri: sua figlia Lucia, sua sorella Susetta, suo figlio Ciro. Gli uomini non ci sono. Questo spettacolo è dedicato alle donne, l'altra metà del cielo, la metà che lo sostiene.
Nunzia Schiano da vita ai quattro atti del radiodramma "Nostra signora dei friarielli", testo politicamente corretto di Anna Mazza, in cui il piccolo mondo proletario di una donna viene sconvolto dal cambiamento dei tempi, dalle nuove esigenze delle donne, dai legami interetnici, dall'omosessualità. La vita quotidiana è scandita dagli stessi gesti − pulire i friarielli, fare il caffè, occuparsi della casa, preparare da mangiare, accudire figli e marito − ma il tormento di questo piccolo mondo che si sgretola è tutto nella relazione con l'esterno, con il mondo, con il vicolo, con il prete. Tutto sta nella vergogna, lo scuorno, di dichiarare la diversità, non essere più una famiglia normale. Ma dopo i pianti, l'affanno, le palpitazioni, i bicchieri di acqua e zucchero, resta la madre, ogni madre, che ama i suoi figli. E allora da madre si rivolge alla Madonna, "nostra signora dei friarielli", da madre a madre, un po' come nel celebre dialogo della Smorfia di Troisi, e alla fine non può che chiederle di accompagnarli e proteggerli, così come sono "Pur' se so' nu poc' accussì".
Donne. O meglio femmine. Femmene. Cosa vuol dire donna? Qual è l'essenza di essere femmina? "Femmena è 'na coccarda rosa for' a nu purtone". "Femmena è quando primm' è nascere sient' ricer' auguri e figli maschi!".
Parole che possono sembrare banali, frasi che suonano topiche, stereotipi. Ma duri a morire. Perché ci sono le donne come Myriam, sono tante, tante magari erano lì a teatro e si specchiavano nelle canzoni, nella voce sicura. Tante sono le donne difficili, quelle che hanno più amore da dare. Tante però sono quelle che sarebbe banale definire semplici, con un paternalistico sorriso di sufficienza. Donne che non sembrano protagoniste, sempre in seconda linea, a sostenere il peso di chi parte all'assalto,"Femmena è quando si mangia a tavola e tu ti siedi per ultima e ti alzi per prima". Donne che affrontano la fatica del quotidiano e mantengono ancora la capacità di sorridere, di amare, di arrabbiarsi.
Femmene è uno spettacolo che fa riflettere, ridendo e infatti si ride parecchio e di gusto. Eppure. Le due anime, il parlato e il musicato, non dialogano, sembrano indipendenti l'una dall'altra, o forse complementari, ma non fuse. I quadri scenici, tutti perfettamente conchiusi in sé, vivono l'uno dopo l'altro, separati dagli interventi canori, o viceversa.
E allora, alla fine, si ha l'impressione di aver assistito, in contemporanea, a due spettacoli.

 

 

 

 

Femmene
regia
Niko Mucci
con Nunzia Schiano, Myriam Lattanzio
musicisti: Francesco Ponzo (chitarra), Roberto Giangrande (basso)
lingua italiano
durata 1h 20'
Napoli, Circolo Teatro Arcas, 4 ottobre 2014
in scena 4 e 5 ottobre 2014

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