“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Sunday, 07 September 2014 00:00

Questo premio chi premia?

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Il Teatro di San Carlo per la quarta volta ha ospitato la serata finale per l’assegnazione del premio Le Maschere del Teatro Italiano che, come le precedenti, è stata organizzata dalla Fondazione Campania dei Festival in collaborazione con l’AGIS e con il Teatro di San Carlo di Napoli. Questo premio in realtà è già giunto alla X edizione come prosecuzione del Premio Eti – Gli Olimpici del Teatro, nato nel 2003 da un’idea di Luca De Fusco e Maurizio Giammusso.

La serata di premiazione andata in onda in differita alle ore 23 su Rai 1 è stata condotta per la decima volta da Tullio Solenghi con la sua solita ironia che avrebbe dovuto, stando alle intenzioni degli autori, mettere un po' di pepe ad una passerella stanca e polverosa appena rivitalizzata dalla tecnologia che proiettava su un maxi schermo le terne dei finalisti per le varie categorie. Tutto già visto negli anni passati a partire dalle ovvie battute del “bravo” presentatore di arboriana memoria sulla politica italiana, che per par condicio ha colpito sia a destra che a sinistra, per passare agli attori candidati che premiavano i colleghi delle altre categorie, poi i soliti ringraziamenti dei premiati che “tengono” tutti famiglia che va assolutamente citata, le vallette stangone vestite come cornacchie che portano la busta con il nome del vincitore, la finta suspense all’apertura della stessa, insomma, il solito “tiatro", direbbe Camilleri. In effetti sul palcoscenico del Teatro di San Carlo si assiste ad un curioso tentativo di metateatro festivaliero, non a caso il Presidente della Giuria Gianni Letta ha detto che questo premio è: “Del teatro che celebra se stesso”. Forse potrebbe risultare addirittura simpatico il tutto se non fosse che la finzione regna sovrana ad iniziare dagli applausi finti, cioè a comando, fatti fare al pubblico, prima che iniziasse la messa in scena, dagli operatori della televisione per poi con quelli condire la differita facendo apparire la platea più calorosa di quanto non fosse. TV oblige, d’accordo, ma poi la smaccata farsa è iniziata in tutto il suo splendore. Il già citato Presidente della Giuria elogia l’importanza del teatro e della cultura, dimenticando che per un ventennio il governo di cui faceva parte ha fatto tutto il possibile per farla a pezzi inizialmente per pura ideologia, poi giustificando lo smantellamento con la politica della spending review. Solo un attore sul palco lo ha sottilmente ricordato quando è stato premiato, Pierfrancesco Favino, l’unico ad aver fatto un discorso sensato ed intelligente quale attore di spessore qual è, citando la sua esperienza nella compagnia di Servo per due alla stessa paga sindacale di tutti, sperando di dare inizio ad un ciclo virtuoso. Le sue parole non di circostanza volevano dire che con la cultura si mangia, altrochè, caro Presidente della Giuria. Figura mediocre, invece, l’ha fatta l’altro vip della serata Alessandro Preziosi, che sembrava una zitella leggermente isterica quando è stato premiato come miglior interprete di monologo per Cyrano sulla luna, ma a quanto pare, con quel personale e con quegli occhi azzurri può dire quel che vuole.
Dunque la finzione ci può stare, d’accordo, i premi in Italia non si negano a nessuno ed i criteri di attribuzione degli stessi si piegano alla soggettività del giudizio delle giurie, ma ad assistere alla premiazione del Premio Le maschere del Teatro Italiano, come già accadde il 30 giugno quando furono pubblicate le terne finaliste e già si levò più di una critica, dubbi e sospetti sulle scelte della giuria sorgono. Possibile mai che in tutta Italia l’unico spettacolo che meritasse di vincere non un premio, ma ben tre sia stato Antonio e Cleopatra diretto da Luca De Fusco? Bisogna aggiungere che ha vinto anche Elisabetta Pozzi, brava senza dubbio, ma anch’ essa legata a De Fusco per la regia di Agamennone e che quindi le nomination erano di più, sia dirette che indirette, cioè legate agli spettacoli finanziati dal Teatro Festival di cui il Nostro Miglior Regista è direttore. Eppure in giuria figurano nomi autorevoli del teatro tra critici, direttori, giornalisti oltre a politici a vario titolo, inoltre le terne proposte da questa giuria pare – sottolineo pare – siano state sottoposte al voto segreto di ben oltre cinquecento artisti e professionisti del teatro.
Insomma, mai come in questa edizione si è assistito al trionfo del conflitto d’interessi, al trionfo del potere che celebra se stesso che va oltre il pensabile, l’accettabile e lo spoil system. Si incastona in questo discorso la significativa immagine del Nostro Migliore Regista che, dopo aver presentato il Premio in qualità di ideatore (ma non bisogna dimenticare che è anche direttore dello Stabile napoletano), si dirige verso le quinte come per le passate edizioni, poi si ricorda di essere anche candidato e va a sedersi con nonchalance tra i pretendenti al premio sulla parte sinistra del palco. In soldoni, le opere messe in scena dal Nostro sono sostenute con finanziamenti pubblici, gli stessi che sono negati o inesistenti a molte, moltissime compagnie italiane che avrebbero meritato un minimo di visibilità. Per esempio in Italia vi sono tanti bravissimi commediografi, giovani e meno giovani – qualcuno era presente in platea – che continuano a scrivere per il teatro per amore, per passione ed affrontano enormi difficoltà per reperire finanziamenti (il discorso di Favino andava in questo senso), eppure chi è stato candidato nella terna Autore di Novità italiana? Paolo Sorrentino per Hanno tutti ragione. Ha vinto Gianni Clementi con Lo sfascio, ma Sorrentino ha già vinto un Oscar, mica una raccolta a punti, è regista di cinema, scrive libri interessanti, insomma, possibile che in Italia non esista nessun altro? Certo che no, invece la scelta sembra dettata da un’abile operazione di marketing, forse per salire sul carro del vincitore e dare lustro al vuoto delle proprie scelte. Altra abile operazione di visibilità si è avuta con le parole di Solenghi che, nel sottolineare i tanti napoletani sul palco tra candidati e premiati, notava un nuovo “rinascimento napoletano” citando come iniziatori Servillo e Sorrentino per l’Oscar per La grande bellezza. Ora, Toni Servillo è sulla scena da una trentina d’anni, Sorrentino da parecchio pure lui e il loro pubblico è anche abbastanza numeroso, non è certo stato l’Oscar a farli conoscere. Piuttosto andava detto che a Napoli, nonostante tutto, il Teatro è ancora vivo, non quello paludato ed istituzionale del mega Direttore, ma nei palazzi storici, nei teatri delle periferie difficili e nella provincia, addirittura aprono nuovi teatri in quartieri come la Sanità. Immaginiamo in Italia quante e quali composite realtà teatrali esistono. Perciò non chiamatelo Premio Le Maschere del Teatro Italiano, chiamatelo Teatro cortigiano, Teatro vintage, ma via quell’aggettivo.
I momenti degni di nota, oltre all’intervento di Favino, sono stati il Premio del Presidente della Giuria a Giuliana Lojodice che ha incantato la platea recitando versi di Salvatore Di Giacomo dedicati al compagno di una vita Aroldo Tieri e l’intervento iniziale dell’ex Sovrintendente del San Carlo Francesco Canessa (che non è andato in onda) che ha ricordato nel trentennale della morte di De Filippo che proprio in questo teatro nel 1945 andò in scena Napoli milionaria, in una Napoli ancora sotto le macerie. Da mettere in evidenza il premio come miglior spettacolo di prosa finalmente ad una donna, Emma Dante per Le sorelle Macaluso ed interessante anche l’intervento musicale della band Musica da ripostiglio, candidata per Servo per due.
Solenghi si augurava altri cento anni di questo premio, noi sinceramente no, speriamo sempre ogni anno che sia l’ultimo. Dopo il trionfo dell’autorefenzialità visto stasera, per restare nel tema del mondo classico tanto caro a De Fusco, viene da pensare che solo Nerone ha fatto di peggio. Forse.

I premiati sono stati:

– Miglior spettacolo di prosa a Le sorelle Macaluso di Emma Dante

– Miglior regia a Luca De Fusco per Antonio e Cleopatra

– Miglior attore protagonista a Pierfrancesco Favino per Servo per due

– Miglior attrice protagonista a Elisabetta Pozzi per Agamennone

– Miglior attore non protagonista a Tonino Taiuti per Circo Equestre Sgueglia

– Miglior attrice non protagonista a Ariella Regio per Boeing Boeing

– Miglior attore emergente a Lino Musella per La società

– Miglior interprete di monologo a Alessandro Preziosi per Cyrano sulla luna

– Miglior scenografo a Maurizio Balò per Antonio e Cleopatra

– Miglior costumista a Zaira De Vincentiis per Antonio e Cleopatra

– Miglior autore di musiche a Simone Cristicchi per Magazzino 18

– Migliore autore di novità italiana a Gianni Clementi per Lo sfascio

 

Napoli, Teatro di San Carlo, 5 settembre 2014

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