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Friday, 20 June 2014 00:00

Il dramma delle brave persone

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All’apertura del sipario la scenografia si presenta subito essenziale, composta in modo da rappresentare i tre ambienti in cui si svolge la storia. Siamo a Southie, sobborgo povero di Boston che l’autore del testo, David Lindsay-Abaire, conosce bene per esservi cresciuto. Le prime due scene si svolgono in questo quartiere dove tutto parla di stenti, di sopravvivenza, un posto da cui è difficile andar via, dove tutti sperano di trovare la fortuna con il Bingo.

Il primo ambiente è il magazzino del supermercato, dove la protagonista Margaret lavora come cassiera. La parete di fondo è composta di mattoni per metà bianchi e per metà marroni. Un carrello della spesa è sulla sinistra, dove Stevie, figlio di una vecchia amica di Margie, sta riponendo delle scatolette da alcuni cartoni ed è impegnato nel difficile compito, in qualità di suo diretto superiore, di licenziarla per i troppi ritardi. Una cassetta di plastica sulla destra completa i contorni di questo ambiente, essenzialmente vuoto, ma “pieno” del dialogo serratissimo tra Margie e Stevie, a cui la donna ricorda il motivo dei suoi ritardi. Margie è una donna sola, di cinquant’anni, con una figlia ritardata nata prematura, ormai grande e difficile da gestire. Da questa prima scena emerge subito il carattere combattivo della donna e della sua potente dialettica giocata sul dire una brutale verità senza alcun filtro, salvo poi sottolineare quasi con candore: “Sto scherzando”. Quando le luci si attenuano per indicare il passaggio alla seconda scena, la metà del muro bianco scivola verso destra, permettendo a sinistra lo scivolamento in avanti della scena della cucina di Margie, dividendo il palco a metà. Così l’attenzione viene focalizzata sulle tre donne sedute attorno ad un tavolo di fòrmica, Margie e le sue amiche: Dottie, che è anche la sua padrona di casa alla quale ancora non ha pagato l’affitto, ma che l’aiuta guardando Joyce, la figlia disabile, e Jean, amica di infanzia. Tutto è dimesso in questo ambiente: i vestiti delle donne, la cucina dai colori sbiaditi e consunti di una povertà dignitosa, da brave persone. Le due amiche cercano di consolare Margie quando, tra un pettegolezzo e l’altro, un battibecco e l’altro, Jean le suggerisce di rivolgersi a Mike, loro amico di gioventù con cui Margaret aveva avuto una breve storia di due mesi, ben trent’anni prima. Mike è diventato un medico affermato, uno che è salito in alto, che si è riscattato dalla vita grama di Southie. Margie accetta il suggerimento, non ha alternative ed è anche incuriosita di vedere il mondo in cui lei avrebbe potuto vivere se non fosse stata lei a lasciarlo. Quando si reca nello studio di Mike siamo alla terza scena che sarà speculare alla seconda, il pannello di destra scivola a sinistra e la stanza del medico avanza sul palco. L’uomo è contento di rivedere Margie, ma dati i tempi difficili per lui non è possibile darle nessun lavoro. Ma Margie è tenace, con la sua acuta e spietata dialettica, con il suo insinuare e tirarsi indietro, riesce a strappare all’uomo un invito alla festa che lui darà per il suo compleanno nella sua bella casa nel quartiere ricco ed elegante di Chestnut Hill. Il dialogo tra i due è condotto sempre sul filo sottilissimo che potrebbe spezzarsi e sfociare in uno scontro rancoroso, perché Margie non può fare a meno di sottolineare la sua condizione in confronto a quella di Mike, che ha avuto una famiglia che l’ha spinto e sostenuto nell’andare all’università per mettersi per sempre alle spalle quel passato di povertà. Il secondo atto riprende questo scontro nel salone della casa di Mike che ora prende tutto il palcoscenico. L’uomo si era affrettato a disdire la festa per la febbre alta della figlia e lo aveva comunicato a Margie, ma lei non gli aveva creduto. Aveva capito benissimo l’imbarazzo dell’uomo nel doverla presentare ai suoi ricchi ed altolocati amici, così lei si presenta lo stesso alla porta della casa di Mike. La casa di brave persone. La moglie afroamericana Kate l’accoglie con grande simpatia nel salone vuoto dove non vi è alcuna festa. Mike le aveva detto la verità, ma era pur vero che Kate non avrebbe voluto che lui annullasse la festa. Il dialogo tra i tre personaggi si svolge tra passato e presente. Kate vuole sapere dell’infanzia povera del marito, sulla quale lui ha sempre taciuto o quanto meno ha glissato, ed i ricordi di Margie non sembrano combaciare con quelli di Mike che alla moglie ha fatto intendere essere più duri e cruenti di quanto non fossero stati. Margie ricorda continuamente che è lì perché vuole un lavoro che le permetta di badare a sé e alla figlia ed è pronta anche a bluffare, come l’amica Jean le aveva suggerito di fare. Rivela all’improvviso che la figlia non era nata dalla relazione con il farabutto che l’aveva lasciata, ma dalla storia con Mike, quindi la ragazza non era prematura. Il suo bluff dura poco perché Kate vuole capire perché Margie si fosse fatta viva solo in quel momento e Mike non capisce perché lei, trent’anni prima, lo avesse lasciato andare e non l’avesse trattenuto. Non le crede nemmeno quando lei sostiene di averlo lasciato libero di andare incontro al suo roseo futuro e di fuggire via da Southie. Lo scontro tra i due amanti di un tempo è ora sulle scelte che si fanno nella vita. Chi ha la possibilità di scegliere? Sostiene Margie. Tutti possono scegliere, ribadisce Mike. Il bluff dura poco perché Margie ribalta tutto all’improvviso con il solito “Ho scherzato” che mette fine all’incontro a Chestnut Hill senza rancori. A sipario chiuso, le tre amiche e Stevie sono sedute una accanto all’altro nella sala del Bingo sul proscenio. È l’epifania, il momento dello scioglimento. Stevie, che sembrava l’insensibile superiore di Margie, l’aiuterà a pagare il suo affitto a Dottie, e Jane, con una semplice battuta, rivela quello che Margie aveva sempre sostenuto, cioè la verità.
La scelta del regista Andò è stata quella della fedeltà al testo in modo anche concreto e realistico. La storia è forte senza essere priva di ironia, con quella giusta dose di sarcasmo che evita inutili pietismi. Ma il merito è dell’autore. Qualcosa non ha convinto ed anche il pubblico lo ha percepito con applausi più di rispetto che calorosi e coinvolti. Si è avuta l’impressione che la pièce sia stata scelta e messa in scena con una certa fretta perché non si spiega come degli attori dal valido curriculum teatrale siano spesso incespicati nelle battute, tutti, nessuno escluso. I dialoghi serratissimi e le battute brevi non hanno reso facile il tempismo teatrale, ma, appunto, tali incertezze le si possono trovare negli esordienti, non certo in questi attori. Ha pesato anche la scelta di affidare a Michela Cescon il ruolo di Margaret/Maggie, non perché abbia recitato male, ma perché il ruolo è quello di una donna cinquantenne provata dalle sue scelte, invece sul palco vediamo una giovane donna (sebbene la Cescon sia sulla quarantina) con i capelli corti come una ragazzina, jeans e giubbino che guizza da una parte all’altra della scena con una energia che il testo, forse, vedeva solo nella voce.
Per concludere, al di là della validità e dell’attualità del testo, perché rappresentarlo a questo Festival del teatro e non normalmente in cartellone? Perché una rappresentazione tanto tradizionale, senza aver visto alcunché di nuovo (così come si vorrebbe nei festival), anzi con alcune pecche passate non proprio inosservate?

 

 

 

Napoli Teatro Festival Italia
Good People
di
David Lindsay-Abaire
traduzione Roberto Andò, Marco Perisse
regia Roberto Andò
con Michela Cescon, Luca Lazzareschi, Loredana Solfizi, Roberta Sferzi, Nicola Nocella, Esther Elisha
scene e luci Gianni Carluccio
scene realizzate da Studio di Scenografia del Teatro Stabile di Catania
coproduzione Fondazione Campania dei Festival, Napoli Teatro Festival Italia, Zachar produzioni S.r.l.
in collaborazione con Teatro Stabile di Catania
durata 1h 45’
Napoli, Teatro Mercadante, 17 giugno 2014
in scena 17 e 18 giugno 2014

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