“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Saturday, 21 June 2014 00:00

Un caffè "ridotto"

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Il Ridotto del Teatro Mercadante si trasforma – o almenno tenta di farlo − in un angolo intimo e raccolto, simile ad un caffè letterario, ed ospita, per questa edizione del Festival, un ciclo di letture, affidate a più voci che facciano vivere su palco la scrittura di Irène Némirovsky, scrittrice ebrea della prima metà del Novecento, ucraina di nascita, francese d'adozione, anche se mai la Francia le riconobbe legittima cittadinanza.

Concepito per far da preludio agli spettacoli serali del Festival, questo ciclo vede alternarsi voci d'attrici alla lettura e prevede invece fissa presenza al pianoforte dell'accompagnamento di Paolo Coletta. Ed infatti un pianoforte ed un leggio sono tutto quello che compone l'arredo di scena del Ridotto, scena per il resto occupata da sei tavolini da bar (anzi, 'da caffè'), foderati da altrettante coperture di panno rosso, che invadono la ribalta stabilendo una distanza fra chi legge e chi ascolta che sembrerebbe voler ridurre quella fra chi recita e chi assiste. È comunque un arredo scarno, che sa di dozzinale e abborracciato e che null'altro concede alla tipizzazione da caffè letterario.
David Golder è il racconto di cui si fa lettura, Margherita Di Rauso la voce a cui la lettura è affidata; Paolo Coletta, come si è detto, cura al piano il commento musicale.
Il volto della Di Rauso riluce di un biancore pieno, illuminato in modo da farne risaltare un pallore indotto, effetto che sembra favorire una evocazione temporale all'epoca – gli anni Venti del Novecento – in cui s'ambienta la vicenda di David Golder, protagonista eponimo del racconto in tre tappe, di cui s'assiste alla prima. Un lungo abito nero, uno scialle rosso che le ricade sulle spalle ed un filo di perle intorno al collo fanno della mise della Di Rauso altro elemento che contribuisce alla connotazione ambientale: siamo a Parigi, la vicenda narrata è quella di un uomo d'affari ebreo, della sua dedizione alla materialità economica dell'esistenza, cui s'accompagna un freddo cinismo nella gestione dei rapporti umani, cinismo dietro il quale si cela un larvato senso di incipiente sconfitta nei confronti della vita, come sembra dimostrare la qualità dei rapporti umani che Golder intrattiene con congiunti e conoscenti.
La lettura della Di Rauso è ineccepibile, senza sbavature, varia le intonazioni della voce assecondando ogni variazione di registro narativo della scrittura; accompagna la lettura con pochi, essenziali, ma sempre ben calibrati ed opportuni movimenti del corpo; lo scialle che le scende dagli omeri fino all'altezza dei gomiti, per poi risalire, è un altro elemento che fa gioco a sottolineare i diversi registri emotivi della narrazione. Puntuale e discreto, accanto, l'accompagnamento musicale di Paolo Coletta, che entra con opportuno tempismo a sottolineare con poche note gli umori della scena, passando dai toni gravi e dolorosi – ad esempio quando accompagna il racconto delle esequie del socio di Golder – a quelli più allegri e concitati, come quando "accompagna" Golder in viaggio verso Biarritz, o ancora quando si distende in un dolce lenzuolo di note per avvolgere lo stesso Golder in un anelato sonno pacificatore.
Biarritz, teatro della seconda parte della narrazione, si presta, grazie a musica e lettura, ad una declinazione più giocosa del racconto, contrappuntata ancora una volta felicemente da Paolo Coletta al piano e interpretata con apprezzabile variazione di registro da Margherita Di Rauso, soprattutto nel caratterizzare l'indole frivola e svampita di Joyce, la figlia di Golder, sul cui vociare stridulo e giulivo, l'attrice ha modo ed agio per movimentare ulteriormente la propria interpretazione, che non cala mai di livello ed anzi, si anima ulteriormente aggiungendo un tocco di legittima e apprezzabile leggerezza.
Racconto lungo o romanzo breve, David Golder è diviso in tre puntate, previste in tre giorni successivi; abbiamo assistito alla prima, che non ci è affatto dispiaciuta; più che altro ci interessava osservare il format e tentare di comprenderne il valore. Ebbene, suscita sincero apprezzamento la resa performativa di entrambi gli artisti in scena, puntuali, precisi, capaci di aggiungere qualcosa di proprio e personale ad una lettura che non rimane fredda ed inerte su carta, ma sa essere viva narrazione cui ottimamente s'attaglia il commento musicale.
Ciò che lascia perplessi – ed è perplessità preventiva che trova poi riscontro effettivo – è invece il senso complessivo di siffatta operazione: ci pare che, nell'ambito di un festival teatrale, un ciclo di letture, pur valide di per sé, debba avere una ragion d'essere che vada oltre la semplice qualità oggettiva, andando (o cercando di andare) in direzione di un disegno complessivo che contribuisca a conferire un'identità alla manifestazione in cui va ad inserirsi. Invece, così concepita, così strutturata, questa iniziativa sa tanto di riempitivo messo lì tanto per fare cartellone.
In definitiva, un buon caffè, servito bene, ben zuccherato; forse la sala in cui invitare alla fruizione (e non ci riferiamo solo al Ridotto, che pure appare location un tantinello raffazzonata) non è quella giusta... Non un Caffè "ristretto", ma "ridotto". Come questo Festival.

 

 

 

Napoli Teatro Festival Italia
Caffè Némirovsky – David Golder
da un'idea di Luca De Fusco
a cura di Patrizia Bologna, Stefania Maraucci
con Margherita Di Rauso
musiche dal vivo Paolo Coletta
produzione Teatro Stabile di Napoli
lingua italiano
durata 50'
Napoli, Ridotto del Teatro Mercadante, 17 giugno 2014
in scena dal 9 al 22 giugno 2014

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