“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Friday, 06 June 2014 00:00

La fissazione è peggio della malattia

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Pullula del passeggio domenicale il centro di Angri, intorno al suggestivo Castello Doria. Poco lontano, un cortile s’apre a farsi teatro e a scaldare la frescura d’una frizzante serata d’inizio giugno. Officina delle Idee il luogo che ha deciso di farsi teatro (e non solo) con la rassegna Off Scena, giunta alla seconda edizione.

Sulle mattonelle facenti funzione d’assito sparuti complementi di scena: un asse da stiro ingombro di ferro e d’un abito gualcito; un tavolino, su di esso un personal computer con accanto un Machiavelli saggiato da Gramsci. Due fari da un lato sono gli unici elementi che compongono l’illuminazione di scena.
Smilzo, di nero vestito, Camillo Acanfora introduce brevemente lo spettacolo che andrà a presentare: sua la scrittura, sua la regia, sua l’interpretazione di questo Paro Noie; quando parla ha un’inflessione ed un modo di articolare eloquio che fa pensare ad un epigono di Massimo Troisi, e non troppo facilmente si riesce a comprendere quanto ci sia di scimmiottio dell’illustre riferimento e quanto invece appartenga autonomamente alla cifra del proprio esprimersi.
Nel suo monologo, frutto di scrittura che travasa e trasfigura i vissuti di un ragazzo alle prese con l’arduo vivere quotidiano, si racconta il quadro psichico di un giovane uomo del nostro tempo, tratteggiandone manie, fobie, ipocondrie ed idiosincrasie.
Sulla scena, che Camillo occupa con buona presenza e senza impaccio, prendono forma gli spettri del suo inconscio, i tarli che lo rodono nella mente, traveggole kafkiane che gli fanno proiettare in distopia i propri incubi, le proprie paure.
Così, questo io monologante compie una rassegna patologica del proprio universo mentale, enucleando tutta la propria sintomatologia dinanzi ad un ipotetico – ed ipoteticamente seccato – medico, avvalorando l’antico adagio che identifica la fissazione come sciagura peggiore della malattia. E poco cambia quando la direzione proiettiva delle paure diventa quella lavorativa o relazionale.
La loquela di scioglie in un rosario di geremiadi, una sequela di disavventure vissute e tragedie temute come incombenti; il tono è umoristico, la partitura dimostra una buona intelligenza e capacità di lettura delle dinamiche psicologiche dell’individuo; dove Paro Noie manca e dove è migliorabile è probabilmente in una dispersione del testo che, pur nella sua unitarietà – concettuale più che drammaturgica – sembra alla lunga sfaldarsi in dispersione; dalla chiara chiave di partenza, che si sostanzia in una reiterazione ed in aggiunte progressive di tasselli che concorrono a comporre il mosaico, la scrittura sembra finire ripiegata un po’ troppo su se stessa, denunciando il bisogno di un’asciugatura che la renda più agile, così come una regia condotta da mani e da occhi diversi da quelli di chi va in scena, potrebbe giovare alla messinscena, la cui idea di partenza non è malvagia, quantunque non rappresenti nulla di inedito.
Classico monologo che ormai si ha facilità nel definire “generazionale”, Paro Noie è una fotografia fedele della situazione attuale di quei giovani che vivono la fase di transizione dall’età scolare, che si protrae come parcheggio universitario e dilazione dell’ingresso nel mondo del lavoro, a quell’età in cui il parchimetro è scaduto, ma la dilazione continua, portandosi dietro tutta una serqua di paturnie e di disturbi al limite dello psicosomatico.
In definitiva, un inizio che si può incoraggiare, ma che andrebbe anche affinato, anche per poter varcare quella linea di confine, ancora non troppo ben demarcata nella fattispecie, fra il monologo umoristico e la composizione teatrale compiuta. I margini di crescita ci sono, necesssitano di essere incanalati lungo una coordinata più precisa.

 

 

 

 

 

 

Off Scena
Paro Noie
scritto, diretto e interpretato da Camillo Acanfora
foto di scena Aldo Mascolo
lingua napoletano
durata 1h
Angri (SA), Officina delle Idee, 1° giugno 2014
in scena 1° giugno 2014 (data unica)

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