“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Friday, 18 April 2014 00:00

Succede...

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Succede talvolta di imbattersi in spazi poco noti, in cui a succedere è il teatro; succede che tali spazi sfuggano alla convenzionalità dei circuiti principali e succede anche che ivi si abbia modo di assistere a rappresentazioni che altrimenti sarebbero sfuggite ad occhi pur attenti a rastrellare all’intorno quanti più accadimenti da ribalta.

Succede a Scafati, succede in un luogo chiamato Tenax, circolo culturale per vocazione, teatro per l’occasione. E succede con la Compagnia Grimaldello, piacevole scoperta di una domenica d’incerta primavera.
Ma cos’è che succede di preciso sulla scena? Succede che si succedano alcune delle maschere tipiche della Commedia dell’Arte e che improntino una messinscena sulla contaminazione fra quelle maschere, quella tradizione e quegli stilemi che furono cespite cinquecentesco del teatro italiano arrivando fino a Goldoni, ed una serie di elementi contemporanei che conferiscono freschezza scenica al riadattamento proposto.
Succede così che dopo un incipit musicale affidato a I Pagliacci di Leoncavallo che è il modo garbato e, a suo modo “tradizionale” di presentarci Colombina, si viri immediatamente in direzione romantica con il tema musicale di Love Story a sottolineare lo sbocciare dell’amore fra la suddetta Colombina ed Arlecchino. Ne sortisce un gioco amoroso che ostenta luoghi comuni sul tema e che trova suggello nelle note di Burt Bacharach (Raindrops Keep Fallin’ on My Head, in versione italiana). I personaggi (le maschere) non rinunciano alla propria dialettofonia, altro sintagma che riporta alla Commedia dell’Arte iuxta propria principia e che li vede spaziare dal veneto al campano, fino al siciliano, modulato quando muovono i propri pupazzi di gomma sulla scena come fossero pupi; in più, gli attori in scena non lesinano sulla metatreatalità e sull’ostentazione della finzione, sicché uno spruzzino impugnato spruzza grazie al verso emesso da labbra semidischiuse ed una pistola che spara fa “pum” attraverso le medesime labbra, così come non mancano le allocuzioni dirette al pubblico e la sottolineatura estrema dell’atto teatrale, allorché chi muore in scena, tosto risorge per poter rimorire e risorgere ancora.
Le maschere che coprono gli occhi degli attori sono contorni dipinti – di nero per Arlecchino, di rosa per Colombina – e non oggetti concreti, quasi a voler segnalare che quei ruoli da commedia sono come tatuati addosso a chi li ricopre; a ricordare poi il destino girovago del saltimbanco vi è in scena la valigia di Arlecchino, dalla quale estrae via via i propri oggetti di scena, mentre dall’altro lato, basse pareti di cartone rosa costituiscono il perimetro di uno stilizzato baule dal quale Colombina estrae le proprie masserizie.
Quel che avviene sulla scena è una storia per accenni, condensato di sintesi gestuale: sbocciato l’amore, si profilano le nozze, nanetti di gomma estratti dai rispettivi bauli costituiscono ad un tempo dote ed invitati. Ostentazione marcata della mimica è tratto distintivo della messinscena, dallo scambio degli anelli, calcato fino al parossismo grottesco – già dalla foggia degli anelli stessi – fino alla reinvenzione della scena cult di Ghost, con Arlecchino e Colombina in luogo di Patrick Swayze e Demi Moore, con le mani che s’avvolgono intono ad un tornio che non c’è a suggello del loro amore, fino alla sua pornocomica consumazione e consunzione con un pappagallo di gomma, brandito, agitato e spinto in guisa di fallo, a sancire che tra i due è scoppiato – nel senso di finito – l’amore (se conoscessimo acuta e pudica circonlocuzione, non ardiremmo dire che “si sono rotti il…” ma siccome proprio non riusciamo a trovare alternativa degna e pregna alla scurrilità del motto lascivo, lasciamo all’inventiva di chi legge quel che potrebbe più elegantemente andare in luogo dei sospensivi).
Da qui in poi il gioco s’allarga, entreranno in scena altri personaggi: Rosaura, la padrona di Colombina, fresca di vedovanza e bramosa di mostrare il proprio (in)consolabile dolore – localizzato grossomodo ad altezza giarrettiera – nella speranza che trastullo mascolino lo lenisca, e Pulcinella (che è Arlecchino in mutati abiti di scena), che entra anche lui nel gioco delirante di balletti in giarrettiera sulle note di Paradise, per poi arrivare persino ad un brano di Nino D’Angelo a commento sonoro della scena. Seguono giocolerie finali, spari fittizi e morti apparenti, perché – ormai è chiaro – ciò che succede in teatro non succede davvero.
Succede così che il congegno gestuale funzioni decisamente bene, coadiuvato da indovinate scelte musicali che completano e coronano il senso del comico di questo Scoppiato amore. E succede che la Commedia dell’Arte, presa a pretesto e come punto d’abbrivio, conosca felice “sporcatura” dando luogo ad un divertissement che magari non avrà chissà quali pretese, ma che rappresenta un riuscito connubio tra tradizione e contemporaneità, fusione di stilemi della medesima natura ma concepiti in tempi differenti.
Succede che Scoppiato amore diverta e succede che lo faccia mostrando un campionario situazionale dall’ampio spettro, buona palestra per esperimenti futuri.
Succede, è successo, in attesa che succeda di nuovo, che succeda ancora altro.

 

 

 

 

Scoppiato amore
regia Antonio Grimaldi
con Gemma De Cesare, Antonio Grimaldi, Cristina Milito Pagliara
scene Salvatore Giordano
produzione Teatro Grimaldello
lingua italiano dialettale
durata 55’
Scafati (SA), Circolo Culturale Tenax, 13 aprile 2014
in scena 13 aprile 2014 (data unica)

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