“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Tuesday, 08 April 2014 00:00

Lezione di violino

Written by 

Uto Ughi. Un mito che resiste fin dalla giovinezza: sinonimo di musicista serio famoso talentuoso. Assistere ad una sua lezione-concerto credo sia – per molti aspetti – esperienza che ognuno dovrebbe fare almeno una volta nella vita, come il morbillo. E non scherzo.

Dunque sono andato in una indefinita sospesa serata d’inizio aprile, indecisa anch'essa tra sereno e pioggia, al Teatro di San Carlo che per l'occasione ostentava lo storico sipario di Mancinelli, il Parnaso degli ottanta artisti verso Apollo guidati, lassù in alto, da – pur'esse attonite – muse-vallette. Pubblico che pian piano riempie la sala e i primo ordini di palchi: candide teste perfino con badanti al seguito – segno dei tempi – ma anche giovani e famiglie con bambini; alla fine mi par questo il primo risultato di queste lezioni: arrivare a tutti, perché di tutti è patrimonio la musica. Con qualche minuto di ritardo si abbassano le luci ed entra lui, da sinistra, accompagnato dal pianista Alessandro Specchi e – senza dire né ah né bah – attaccano il primo pezzo, come previsto: il Preludio e Allegro nello stile di Pugnani di Fritz Kreisler. Solo dopo averlo eseguito il musicista comincia la sua lezione, spiegando come prima di parlare occorra si scaldi l'atmosfera, e questo lo si fa suonando. Condivido.
Col secondo pezzo andiamo alla ben più sostanziosa Sonata n. 5 in Fa Maggiore opera 24, la cosiddetta Primavera di Ludwig van Beethoven. Il commento – la lezione – dei vari pezzi è attento, breve, ma abbastanza completo, sufficientemente spiritoso ed elegante; l'esecuzione, è vero, può lasciar spazio a qualche perplessità, ma in fondo poco conta, l'importante è il clima, l'entusiasmo, il calore che il violinista istriano trasmette e contagia. Così, gli applausi alla fine del primo movimento – un ricorrente leitmotiv di questi incontri – non fan che confermare quanto detto: stasera ci son qui persone – e di tutte le età – che prima mai s'erano accostate a qualsivoglia sala da concerto, e dunque lo scopo prefisso – fare incontrare musica e persone – è senz'altro raggiunto. Il programma continua poi con brano non previsto dal programma, l'Introduzione e Rondò capriccioso in Si Minore Op. 28 di Camille Saint-Saëns, sicuramente di grande effetto.
Concluso il pezzo, i due esecutori si avviano dietro le quinte per l'intervallo, ma vengono richiamati a furor di popolo, e così Ughi è costretto a continuare senza sosta, sulla spinta dell'entusiasmo popolare: la Polonaise n. 1 in Re Maggiore di Henryk Wieniawski viene debitamente introdotta ed eseguita. Con l'euforia alle stelle il musicista assesta il colpo finale: la Fantasia sulla Carmen di Bizet op. 25 di Pablo de Sarasate alimenta l'ormai incontentenibile trasporto del pubblico, ormai da stadio calcistico, e non ci si contenta di un primo bis – la Campanella, terzo tempo del Concerto n. 2 in si minore di Niccolò Paganini – ma se ne pretende e ottiene un secondo, La Ronde des lutins, Scherzo fantastico op. 25 di Antonio Bazzini.
Uscendo nella chiara serata napoletana è inevitabile interrogarsi sulla validità di una siffatta operazione: pesa negativamente – è fuor di dubbio – il pericoloso effetto star che inevitabilmente genera un simile concerto, avvalorando certe divistiche derive che sono alla base della sistematica distruzione della cultura in Italia, per cui – in luogo di un continuo e organico tessuto culturale che si compone di apporti armonici diversi – si assiste invece al pervicace culto dell'episodio eccezionale, vissuto in modo estemporaneo e straordinario, destinato a non incidere nell'oggi di ciascuno: un "evento" – come oggi infatti si usa chiamare – sostanzialmente estraneo alla vita quotidiana. D'altra parte, tuttavia, bisogna senz'altro riconoscere – oltre alla ovvia buona fede dell'interprete, che nulla fa per alimentare questa deriva divistica – che al concerto sono intervenuti tanti che non avrebbero mai probabilmente ascoltato un brano di buona musica – e ben interpretato, e ben spiegato – in altro modo. Se anche solo uno dei ragazzi – o anche meno ragazzi – presenti, si sarà sentito, non dico affascinato, ma almeno solo incuriosito da questo mondo che attende solo di essere conquistato per rivelare i suoi immensi tesori, allora Uto Ughi potrà dire di aver assolto la sua missione. E oggi, in questa nostra società italiana così sfilacciata e stanca, credo proprio non sia poco.

 

 

 

 

Lezione concerto con Uto Ughi
violino Uto Ughi
pianoforte Alessandro Specchi
Napoli, Teatro di San Carlo, 5 aprile 2014

Leave a comment

il Pickwick

Sostieni


Facebook