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Monday, 07 April 2014 00:00

Ti racconto una storia

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"C'è un significato più profondo nelle fiabe che mi furono narrate nella mia infanzia che nella verità qual è insegnata dalla vita"
(Schiller, I Piccolomini)

 

A pochi minuti dall'inizio dello spettacolo mi accorgo che in teatro c'è il tutto esaurito. Le poltroncine rosse sono tutte occupate da bambini di tutte le età che scalpitano impazienti e rumorosi. Noto addirittura, non senza una certa apprensione, che molti di loro sono ancora nella fase del quadrupede non parlante, ma abilissimi nelle scale di gorgoglii gargantuani. Non ho idea del tipo di rappresentazione a cui assisterò, ma do per scontato che si tratti di qualcosa di molto colorato e movimentato con tanti pupazzi come protagonisti – in che altro modo si potrebbe pensare di intrattenere codesto pubblico dalla critica spiccata e per nulla silente?

Quando Claudio Milani, in polo nera e jeans di uguale colore, sale sul palco per spiegare la dinamica della rappresentazione, penso che si tratti di un presentatore che poi cederà il posto a pupazzi o burattini; ma le sue parole non confermano le mie previsioni. Teatro di narrazione "voi sapete cos'è il teatro di narrazione?", ci chiede – funzionerà così, lui farà qualcosa servendosi solo della parola: racconterà una storia. "Claudio", avrei voluto dirgli "io lo so cos'è il teatro di narrazione, ma tu lo sai cosa sono i bambini partenopei? Non so, forse a Como, con i bambini di Como, questa cosa riesce pure alla grande, ma tu sei venuto a Napoli e hai cinquanta minuti di tempo in cui dovresti riuscire, senza pupazzi, senza marionette, da solo, nella tua polo e pantaloni neri che manco un po' di colore o qualche naso finto ti sei messo, ecco dovresti riuscire a non farti sbranare da questo tutto esaurito caricato a dovere". Ma Claudio non vacilla nemmeno per un attimo, nella voce e nei gesti è calmo e dolce e in quel momento sta stipulando il suo contratto col piccolo pubblico. È credibile, tutti sottoscrivono senza battere ciglio. Lo spettacolo ha inizio, le luci in sala sfumano insieme ai rumori e noi ci ritroviamo nelle sue mani, o meglio nelle sue parole. Comincia la storia di tre fratelli "nati in un mattino d'estate, dopo una notte piena di lucciole" ognuno dei quali ha una parte del corpo tutta di azzurro e blu: il primo ha l'ombelico di questo colore, il secondo i capelli, e il terzo ha il cuore. Un destino molto fantasioso e in vena di scherzi li separerà mettendoli su strade e storie diverse, in ognuna delle quali ci sarà un perfido stregone dal cuore piccolo, piccolo e tutto nero, e delle lucciole che indicheranno la via. Ma per sconfiggere del tutto lo stregone sarà necessario che i tre fratelli si ricongiungano, perché le loro doti, prese singolarmente, non sono sufficienti ad annullare il male. L'istinto ha bisogno dell'intelligenza ed entrambi hanno bisogno di un gran cuore. Ombelico, capelli e cuore dovranno tenersi per mano, perché solo così si potrà ridimensionare uno stregone grande come una montagna e ridurlo alla stessa grandezza del suo misero cuore. Ma se in queste storie abbiamo visto le lucciole, allora vuol dire che c'era in giro Lulù, il mostro azzurro e morbido dalla cui pancia nascono le lucciole. Ma solo i bambini molto fortunati riescono a vederlo, e mi sa che durante questa rappresentazione era pieno di bambini davvero fortunati perché non è detto che si manifesti sempre.
In questa rappresentazione troveremo tutti gli elementi delle favole tradizionali, raccontate da un bravissimo narratore, con l'aggiunta di un pizzico di magia del tutto imprevista e inattesa. Come in tutte le fiabe della grande tradizione che si rispettino verremo messi di fronte ai grandi problemi esistenziali: la morte dei genitori; il viaggio come iniziazione alla vita; l'incontro/scontro con forze superiori e l'amletica scelta tra bene e male. Lo scopo, 'il messaggio' ha, come sempre, a che fare con il senso della vita, ma in questo caso mi è sembrato quanto mai chiaro, diretto ed efficace. I tre fratelli, ciascuno munito di un 'dono', sono la dimostrazione che per non vivere in balìa delle inevitabili avversità della vita, è necessario sviluppare le proprie risorse interiori, in modo che "le proprie emozioni, la propria immaginazione e il proprio intelletto si sostengano e si arricchiscano scambievolmente" (Bruno Bettelheim).
Se è vero che una favola di per sé può essere un'opera d'arte unica, e questa lo è certamente, è anche vero che affinché i suoi messaggi possano più facilmente 'fare centro' dovrebbe essere raccontata più che letta. Quando poi si ha la fortuna di incontrare un narratore come Claudio, allora può succedere che quei cinquanta minuti che in principio potevano sembrare un'eternità, diventino troppo poco e si vorrebbe 'un fine storia mai'.
Con questo spettacolo si chiude la ventottesima stagione teatrale del Teatro Galilei 104/Le Nuvole. Non è stata, però, una 'stagione' come tutte le altre, già, perché si è aperta con un urlo belluino a 'non arrendersi' e si è chiusa con un vittorioso 'YEAH'. Per chi non lo sapesse, il teatro Galilei 104 è stato coinvolto nel rogo che distrusse la Città della Scienza, e ha subito danni incalcolabili; rialzarsi in piedi e ripartire da zero non è stato affatto semplice, ma quelli de Le Nuvole, riunendo le tre doti di cui ci parlava la fiaba, sono riusciti a farlo, affrontando così il loro stregone nero. L'hanno poi sconfitto? Beh, un tutto esaurito allo spettacolo di chiusura parla da solo, no? E anche questa sarebbe una gran bella favola da raccontare.

 

 

 

 

 

Lulù – Teatro di narrazione e pupazzi
regia Claudio Milani
con Claudio Milani
scenografie Elisabetta Viganò, Armando Milani
musiche Debora Chiantella, Emanuele Lo Porto, Andrea Bernasconi
luci Fulvio Melli
consulenza ai testi Francesca Rogari
produzione Lato Parlato – Cavalleresca (Como)
lingua italiano
durata 50'
Napoli, Teatro Galilei 104/Teatro Le Nuvole, 6 aprile 2014
in scena 6 aprile 2014 (data unica)

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