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Thursday, 03 April 2014 00:00

La società dei pupi

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Sorge spontanea una domanda: non è che il teatro borghese sia tale non perché contempli personaggi appartenenti alla classe sociale che ha conquistato la scena della storia negli ultimi trecento anni (anche se l’aggettivo borghese denota con precisione il dramma a partire dalla fine dell’Ottocento), non perché abbia a soggetto i comportamenti, le aspirazioni, le dinamiche propri di questa classe, ma perché invece sostituisce alla legge degli dei e delle virtù personali quelle del consesso sociale in cui agiscono i suoi protagonisti? Perché ai limiti dell’etica umana individuale sovrappone i condizionamenti di un‘etica sociale, l’etica di una società articolata in classi contigue e permeabili, non più rigidamente separate come nel mondo classico o pre-industriale?

Insomma, borghese anche perché i suoi riferimenti non possono ignorare le esigenze del contesto in cui si svolge la vicenda rappresentata. Un teatro in cui gioca un ruolo fondamentale l’immagine di sé che ogni personaggio riconosce come sua propria, come specchio fedele di sé, ma che consapevolmente o meno diverge da quella che gli altri vedono. Un bel dilemma. Un teatro in cui la maschera assume vita propria e dialoga con l’attore, in cui il personaggio è attore a sua volta in un gioco di rimandi all’infinito, in cui i livelli di rappresentazione si moltiplicano fino a non aver più bisogno del rapporto con gli sguardi al di là della quarta parete, recidendo il rapporto con il reale in quanto pubblico e attori sono già tutti in scena.
È un paradosso il teatro pirandelliano: più che volgere lo sguardo in platea, sembra guardare oltre l’ingresso, direttamente in strada, in mezzo al traffico. Teatro contemporaneo che mantiene intatta la sua dimensione “meta” pur essendo ormai un teatro “classico”, inteso come storico, di repertorio, di tradizione. La “tradizione” va quindi rispettata, anche se nel mettere in scena Il berretto a sonagli la compagnia dell’Eclissi ha apportato minime variazioni di gesti, come quando i personaggi principali, Beatrice e Ciampa, si confortano per un attimo di reciproca compassione, consci di dover subire un medesimo destino di sofferenza. Anche la disperazione cui si lascia andare Ciampa nell’ultima scena rende maggiore la dimensione drammatica della presa di coscienza.
Pirandello ha già ben chiaro il concetto di ruolo sociale che la psicologia elaborava in quegli anni. Come fa dire al suddetto scrivano, ognuno di noi “…si fa pupo per conto suo, e allora cominciano le liti perché ogni pupo vuole portato il suo rispetto, non tanto per quello che dentro di sé si crede, quanto per la parte che deve rappresentare fuori…”. Valida intuizione anche quella che sembra tradurre in linguaggio teatrale le istanze intrapsichiche di Io, Es e Super-io con la teoria delle “tre corde d’orologio”, la corda seria (l’Io, la parte cosciente), la corda pazza (l’Ego, luogo delle pulsioni inconsce), la corda civile (il Super-io, la sfera dei condizionamenti esterni).
La regia di Marcello Andria opta per una versione veloce, priva di pause di riflessione, senza indulgere alle inevitabili lungaggini di una messa in scena naturalistica e illusoriamente reale, con uno spazio scenico delimitato, sui tre lati, da ampi finestroni di legno tramite cui l’interno si “affaccia” sul mondo e viceversa – lasciando entrare nel finale gli echi del temporale che riflette nell’aria lo scatenarsi delle tensioni all’interno della casa. La recitazione di tutti gli attori risulta in tal modo esageratamente caricata, volutamente teatralizzata, scegliendo un generale registro né eccessivamente stilizzato né banalmente farsesco. Del resto, proprio per il suo statuto di classico, l’opera di Pirandello si è sedimentata a tal punto nella storia del teatro italiano da poter subire gli inevitabili adattamenti e svecchiamenti di ambientazione, senza temere per questo di snaturarsi.

 

 

 

 

 

 

Il berretto a sonagli
di Luigi Pirandello
regia Marcello Andria
con Flavia Palumbo, Enzo Tota, Felice Avella, Leandro Cioffi, Anna Maria Fusco Girard, Lea Di Napoli, Angela Guerra, Nadia D’amico
allestimento scenico Gerardo Fiore
costumi Angela Guerra
selezione musicale Geppino Gentile
musiche di scena Isaac Albéniz, Julio Salvador Sagreras, Francisco Tarrega
foto di scena Costantino Mauro
lingua italiano
durata 1h 25'
Mercogliano (Av), Teatro 99 Posti, 29 marzo 2014

in scena 29 e 30 marzo 2014

 

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