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Monday, 10 February 2014 00:00

Parole intime, odori d'Oriente

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Lo storico divario che sussiste tra Occidente ed Oriente non è dovuto alla distanza geografica o ai contrasti politici e religiosi, ma probabilmente si connatura in quelle radici che toccano in profondità l'essenza, o meglio, il concetto stesso dell'Essere. Da sempre appartengono all'Occidente aspetti come la modernità, la molteplicità, la loquacità e la tendenza a razionalizzare l'attimo in maniera descrittiva. Siamo un popolo che è abituato a vedere senza osservare, sentire senza ascoltare. L'Oriente al contrario, è consapevole delle sue tradizioni ed attraverso queste matura ed accoglie lo sviluppo. Fedele alle esigenze dell'Io, attento alle sfumature più intime dell'individuo è dedito al silenzio, all'ascolto interiore, all'impressione dell'attimo che di per sé è anti-descrittivo.

Indubbiamente tutti quei fattori definiti culturali (bisognerebbe fare chiarezza sul significato della parola “cultura”) condizionano il modus vivendi di entrambi i popoli, reinventando di continuo le rispettive abitudini sociali e alimentari, i gusti estetici e le arti. Come è noto però, il fenomeno della globalizzazione ha reso molto occidentali gli orientali e più orientali gli occidentali, innestando un'infinità di “copia e incolla” che in tal modo, hanno in parte soppiantato luoghi comuni e discriminazioni. I nuovi linguaggi universali e la comunicazione su vasta scala hanno poi favorito la condivisione delle idee e lo scambio di informazione, risvegliando al contempo quel fascino mistico ed esotico che caratterizza i paesi dell'Asia.
Tra questi il Giappone è quello che occupa un posto speciale nell'immaginario comune degli europei. Se si pensa al paese del Sol Levante, gli occhi si illuminano e subito ci sovviene in mente il sushi o il kimono; tra i più giovani dilaga la mania dei cartoon e dei videogiochi ispirati ai più celebri manga; i collezionisti e gli appassionati non si fanno mancare nelle loro biblioteche l'opera di Puccini o il romanzo di Arthur Golden, esempi di capolavori occidentali incentrati sulla figura della geisha, icona per eccellenza dei tradizionali costumi giapponesi.
Ma in che misura ciò che conosciamo di un popolo millenario contribuisce ad accrescere un mito? Possiamo forse dire che la pizza, Pulcinella ed il Presepe rappresentino il ventre di una città come Napoli? Cosa realmente ci cattura di un luogo distante migliaia di chilometri, sia esso situato ai Poli o all'Equatore?
Sono queste le domande spontanee che sorgono quando in un piccolo e familiare spazio performativo − l'Associazione Culturale “Palcoscenico”, punto di incontro fra i vari linguaggi del teatro contemporaneo a Napoli − si assiste alla messa in scena di un reading teatrale come quello scritto e diretto da Mariella Soldo: L'odore intimo del Giappone.
È una pièce drammaturgica, un monologo introspettivo e riflessivo dalle tinte autobiografiche, che mette a nudo la femminilità di una donna occidentale delusa dal mondo circostante, un mondo che come uno specchio rotto riflette immagini distorte della sensibilità umana, in cui la protagonista non vuole, non può riconoscersi. Preferisce viaggiare con la mente, raggiungere terre remote, idealmente intatte, poter assaporare nuovi orizzonti emotivi. Ecco che allora si rifugia nella sua stanza, ambiente che ricorda  un'ochaya di Kyoto, arredata con separé, cuscini, un tavolino basso ed una lampada dalla luce fioca e incandescente che la donna, con gesto gentile e delicato, si accinge ad accendere per immergersi nelle sue letture preferite: antichi haiku (componimenti brevi di tipo poetico), Akinari, Dazai, Mishima, Kawabata, Shikibu, Tanizaki e tanti altri nomi della migliore letteratura nipponica d'epoca e contemporanea. Il suo modo di muoversi nello spazio e di interagire con gli oggetti (ventagli, fiori, libri) ricorda proprio la grazia e l'eleganza di una geisha; la lentezza con la quale  l'interprete (una magistrale Barbara De Palma) inizia ad indossare il kimono, i cenni delle mani e del capo, rimandano all'essenzialità del Teatro Nō (forma di teatro stilizzato che risale al XIV secolo).
Gli scritti, i versi, i racconti dei suddetti autori, pian piano trovano corpo grazie alla voce calda e viscerale dell'attrice, entrando prima in armonico accordo con il suono dei flauti e degli shamisen messi in sottofondo, poi adottando un timbro forte e graffiante come quando riporta  un passo tratto da La ragazza dello Sputnik di Haruki Murakami accompagnato ad un brano di Rock giapponese. A questo punto ogni parola pronunciata inizia ad echeggiare nella mente dello spettatore (chiamato ad essere forse più interlocutore) e visualizziamo immagini che si distaccano dal contesto scenico dello spettacolo e si riferiscono di volta in volta alla narrazione di una vicenda, di un pensiero, di un sentimento. Un po' come quando una mamma sussurra una fiaba al proprio figlio per condurlo nel mondo del sogno.
La donna spesso sembra vivere fisicamente quei momenti di lettura come a conclusione dell'haiku di Matsuo Bashō, quando lascia cadere un ventaglio sul pavimento provocando un rumore sordo:

“Vecchio stagno
una rana si tuffa.
Rumore dell’acqua”

O ancora quando inizia a narrare la storia del Violoncellista Goshu di Miyazawa Kenji − un ragazzo che ama la musica in modo appassionato e che suona nell'orchestra della sua città nonostante non sembri portato per farlo − in cui esterna una sensazione di inadeguatezza, restrizione e rassegnazione rispetto alla cultura in cui vive e con la quale ha difficoltà a rapportarsi: “A volte la musica può essere un inganno. Lo strumento che suoniamo fedeli si stanca di noi e ci abbandona. Non si accorda alla nostra anima e le sue corde si sfibrano come un cuore abbandonato”.
Risulta chiaro quindi come la protagonista rimanga ammaliata dall'idea del Giappone, quell'idea che si è fatta sfogliando più e più volte la propria collezione di testi. Un'idea intima ed idilliaca, che non poggia su banali luoghi comuni e si figura come piacevole alternativa all'insoddisfazione, al rammarico. È un non-luogo in cui è possibile ritrovare le radici di se stessi, abbandonandosi all'immediatezza dei sensi. Regna incontrastato in questo universo la bellezza più pura, quella ambigua che la stessa Soldo definisce “male comune, piacere sottile”, che lascia libero spazio a sensualità avvolte in un velo di finta innocenza, mai volgari poiché  misteriose, pericolose e per questo profondamente desiderate ed inappagate come accade in Shisei di Tanizaki mentre il tatuatore disegna un inquietante ragno sulla schiena di una giovane donna.
Il lavoro della regista Mariella Soldo mette in luce quanto poco conosciamo del vero Giappone, e qualcosa di concreto può dircelo solo la letteratura ed il teatro, non certo un film o un diario di viaggio. Proprio per questo, il progetto nel 2013 ha ottenuto il patrocinio dell'ambasciata giapponese in Italia, per favorire la diffusione della poesia e della narrativa nipponica nel panorama editoriale italiano, ove purtroppo riscontra limiti di interesse. Ne è una triste dimostrazione la mancata presenza di studenti dell'università L'Orientale di Napoli ad un appuntamento didattico di questo tipo, ottima occasione per approfondire lo studio di una data cultura lontano dal contesto universitario, approfittando di un dibattito post serata con artisti così tanto coinvolti ed impegnati in merito.
Il reading ha rivelato che le vere attrazioni del Giappone o di qualsiasi altro luogo della Terra, non possono essere che quelle che ci auguriamo di trovare, quelle che sogniamo di vivere e che in determinati momenti della vita ricerchiamo invano, non proprio quelle di cui tutti parlano. Cosa è un viaggio, in effetti, se non la speranza di trovare ogni volta un pezzo di noi, un qualcosa che ci appartenga, lontano dal contesto in cui siamo nati, un'attrazione verso qualcuno o qualcosa che non abbiamo.

 

 

 

 

 

L'odore intimo del Giappone
regia e drammaturgia
Mariella Soldo
voce ed interprete Barbara De Palma
produzione Notterrante Compagnia in/stabile
con il sostegno di bibliotecagiapponese.it, Momiji – Centro di lingua e cultura giapponese
Napoli, Teatro Palcoscenico, 7 febbraio 2014
in scena 7 febbraio 2014 (data unica)

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