“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Grazia Laderchi

Ingredienti di una grande letteratura: Algebra, e Fuoco

L’algebra e il fuoco. Saggi sulla scrittura sono titolo e sottotitolo della raccolta di saggi di John Barth, curata da Martina Testa e pubblicata in Italia da Minimum Fax. Attenzione però, questa può essere considerata una mera raccolta di saggi così come La casa dell’allegria può essere considerata solo una raccolta di racconti.

Viaggio al centro di una nuvola

Non esiste bambino che non abbia mai desiderato acchiappar nuvole. Tra tutti gli spettacoli naturali, le nuvole sono quelle che più innescano potenti desideri di possesso in cui vengono coinvolti tutti e cinque i sensi: si vorrebbe toccarle, saltarci sopra, annusarle, ma sopra ogni cosa, le si vorrebbe mangiare; e tutti hanno una chiara idea di gusto: panna, biancomangiare, burro, gelato, ricotta, zucchero filato. Ma nell'attesa che prima o poi questo sogno si realizzi ci si accontenta di starle a guardare e ascoltare, come volpi ammirate col naso in su, mai stanchi di farsi ipnotizzare dalle infinite metamorfosi.

Bisogna avere orecchio: il senso di Moore per il dialogo

Brian Moore è stato uno scrittore cattolico nordirlandese. Non si tratta di informazioni biografiche, o almeno non solo; intendo dire che nonostante il suo corpo l’abbia portato in giro in un continuo emigrare, prima in Canada e poi negli Stati Uniti, i romanzi non hanno mai smarrito le origini: la sua voce, ovunque si trovasse, giungeva sempre dall’Irlanda.
Moore ha scritto molte sceneggiature: il film di Hitchcock Il sipario strappato è suo, per intenderci. Questo spiega molte cose del suo modo di scrivere in generale, e del romanzo di cui sto per parlarvi: Cattolici.

Malia: la via oscura della Santa Inquisizione

Le luci si spengono, del tutto, serve un'oscurità non attenuata per penetrare le tenebre in tutta la loro chiarezza. Lo spettacolo inizia così, predisponendo gli animi del pubblico a qualcosa di molto poco rassicurante. Un coro di voci ci prende alle spalle, tutto il pubblico si volta a centottanta gradi per cercarne l'origine, ma l'oscurità viene spenta da luci fumose. Ed eccole, a formare un'arena circolare: le streghe, unite in un girotondo dimenato, si esibiscono nei loro riti blasfemi. Belle e irraggiungibili, sono fuori dalla portata di Dio.

Il ritorno di King all’Overlook Hotel

Avevo undici anni quando misi piede per la prima volta all’Overlook Hotel. Ero in montagna per una settimana bianca, bloccata a letto a causa di un’infiammazione al tendine dell’anca, e mentre gli altri si dilettavano negli sport invernali, io scelsi di intrattenermi con un libro. Si intitolava Una splendida festa di morte, non si può resistere ad un titolo così ad undici anni. Sarà stata la montagna innevata, oppure il fatto di trovarmi in una stanza d’albergo, fatto sta che io all’Overlook Hotel ci sono andata veramente, e pure nella stanza 237, che aveva qualcosa di molto simile alla mia, probabilmente il bagno. Nonostante il cuore in gola e il terrore apocalittico, non riuscivo a smettere di leggere, era la cosa più terrificante che mi fosse mai capitata, ma allo stesso tempo non potevo fermarmi – deve essere stata una sensazione simile a quella che prova un alcolista per la sua ‘Bumba’. Giunta alla fine, ricordo di aver pensato che mai più nella vita avrei ritrovato un simile coinvolgimento emotivo con un libro, rimpiansi di essere stata così ingorda nel divorarlo in pochi giorni senza lasciarne nemmeno una briciola. Pensai anche: “Chissà se verrà mai scritto un seguito” e “sarebbe bello se c’avessero fatto un film, anche se, si sa, i film deludono sempre quando si è letto il libro”.

Ti racconto una storia

"C'è un significato più profondo nelle fiabe che mi furono narrate nella mia infanzia che nella verità qual è insegnata dalla vita"
(Schiller, I Piccolomini)

 

A pochi minuti dall'inizio dello spettacolo mi accorgo che in teatro c'è il tutto esaurito. Le poltroncine rosse sono tutte occupate da bambini di tutte le età che scalpitano impazienti e rumorosi. Noto addirittura, non senza una certa apprensione, che molti di loro sono ancora nella fase del quadrupede non parlante, ma abilissimi nelle scale di gorgoglii gargantuani. Non ho idea del tipo di rappresentazione a cui assisterò, ma do per scontato che si tratti di qualcosa di molto colorato e movimentato con tanti pupazzi come protagonisti – in che altro modo si potrebbe pensare di intrattenere codesto pubblico dalla critica spiccata e per nulla silente?

Una giusta "Tempesta"

"Non si dovrebbe mai scrivere per i bambini, piuttosto bisognerebbe avere il coraggio di selezionare per loro quello che è già stato scritto per i grandi; ciò che conta è la scelta e la dose della medicina, che non può essere diversa solo perché si tratta di un bambino".
(Anton Čechov)


"Il 'che significa' usurpa la sovranità del 'come è detto'" .
(Carmelo Bene, Sono apparso alla madonna).

Alla ricerca del pesciolino d'oro

"Andai verso il mare senza barche per traversare 
spesi cento lire per un pesciolino d'oro" 
(Fabrizio De André)

Dieci Dicembre. La speranza è l’arcobaleno

Per smuovere le coscienze e sintonizzarle su un presente che avvertiamo come si avverte un dente devitalizzato, forse il modo migliore è abbandonare il realismo, che ha un rumore di fondo troppo simile a quello in cui già siamo immersi e attirerebbe la nostra medesima dis-attenzione, per proiettarci in un futuro prossimo dove gli elementi che caratterizzano il nostro presente permangono, ma in dimensioni macroscopiche difficili da ignorare e dove lo sguardo non potrà fare a meno di soffermarsi su segnali che lampeggiano come allarmi anti incendio.

Una favola di arte e carta

Uno spettacolo che coinvolge e cattura ancora prima di cominciare. Già, perché la partecipazione del pubblico inizia concretamente e attivamente sin dalla fase dell'allestimento. Tutto nasce dall’idea di Giulia Zeetti che per scenografia e costumi ha voluto fondere eleganza, essenzialità e leggerezza alla maniera orientale. E la materia dalla quale è possibile ricavare tutto questo è la carta; e l’arte attraverso la quale può esserle data nuova forma e nuova vita è l’origami. Il solo punto debole potrebbe essere rappresentato dall’estrema fragilità di questo materiale, ma in teatro tutto può essere trasformato e trasformarsi e, quello che ad uno sguardo fugace si presenta come un difetto, è stato reso un punto di forza, ritagliando un momento che è teatro ma ancora non lo è ufficialmente, e dove il pubblico è esortato ad effettuare un invasione di campo che normalmente sarebbe considerata esecrabile.

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il Pickwick

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