“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Alida Airaghi

Poesia e impegno civile in Gabriela Mistral

Prima poetessa latinoamericana a ricevere il Nobel nel 1945, la cilena Gabriela Mistral (Vicuña, 1889 − New York 1957) ebbe un’esistenza ricca di passioni civili e avvenimenti eccezionali.
Nata in una famiglia di modeste condizioni in un paesino alle pendici delle Ande, iniziò giovanissima a insegnare come maestra rurale, progredendo caparbiamente negli studi e nella professione fino ad assumere incarichi dirigenziali al Ministero dell’Istruzione, e in seguito a rivestire la carica di Console in diverse città europee e americane, sempre mantenendo vivo il suo interesse per le riforme scolastiche e l’impegno in favore delle classi sociali più indigenti e dei diritti delle donne.

Il lago



Non sono onde. Ne avrebbero forse
l’intenzione; increspature leggere,
rughe dell’acqua, e basta.

Aglio, fravaglio, fattura ca nun quaglie...

Sergio Benvenuto (Napoli, 1948), docente universitario, filosofo e psicanalista, con Lo jettatore ha dedicato un pamphlet a una figura protagonista, nei secoli e in varie latitudini, non solo di leggende popolari e luoghi comuni, ma anche di una fiorente letteratura, di consumo e accademica.

Paolo Volponi, giovane e poeta

Paolo Volponi (Urbino, 1924 − Ancona, 1994) è stato uno dei più importanti romanzieri italiani del dopoguerra (Memoriale, La macchina mondiale, Corporale, Le mosche del capitale, La strada per Roma...), ma ha iniziato la sua carriera letteraria come poeta, e ha continuato a frequentare la poesia per tutta la vita. Aveva esordito infatti pubblicando tre libri di versi: Il ramarro (1948), L’antica moneta (1955) e Le porte dell’Appennino (1960, Premio Viareggio), che da una prima inclinazione pascoliana e simbolista, si erano evoluti verso temi più biografici e una maggiore pregnanza realistica.

Il silenzio, le voci

Della parola è l’ombra,
la parte scura, il non detto.
La osserva sola, e sospesa,
come ingombra l’aria, intorno,
e dura, e pesa.

Marcel Proust ‘fantaisiste’ in versi

Le Poesie di Marcel Proust furono pubblicate nel 1982 da Gallimard, nel decimo dei Cahiers Marcel Proust, con l’introduzione di Claude Francis e Fernande Gontier.
Oltre alle otto poesie contenute in Les Plaisirs et les Jours (1894) e a poche altre sparse su riviste, ne sono state ritrovate decine negli epistolari, o utilizzate come dediche accompagnatorie: probabilmente esistono ancora composizioni simili, non ancora recuperate, in manoscritti e archivi privati, protette dalla riservatezza o dall’autocensura degli eredi dei destinatari con cui l’autore aveva avuto rapporti d’amicizia o amorosi. Molti dei titoli sono stati apposti dai curatori.

L’occhio cinematografico di un poeta: Nelo Risi

Nelo Risi (Milano 1920 − Roma 2015), oltre che poeta fu regista, come il fratello Dino e i nipoti Claudio e Marco. Laureato in medicina, si dedicò alla poesia a partire dal 1941, anno in cui pubblicò la sua prima raccolta, Le opere e i giorni

Mariasole Ariot: anatomie in versi e prosa

Come nelle sue precedenti raccolte, anche in questa Anatomie della luce pubblicata da Nino Aragno nel 2017, Mariasole Ariot (Vicenza, 1981) parla di sé senza svelare nulla di sé, attraversa il suo dolore come fosse il dolore di tutti, rimane dentro le cose che racconta osservandole con spietata analiticità dall’esterno: “Abbiamo spalancato un buio nella notte, è un paesaggio: di riflesso in riflesso l’occhio preme al di là delle cose, oltre ogni tana, strati retinici disposti a capitolare un mondo dentro un mondo”.

Omaggio in versi a tre Signore della nostra canzone

MIA MARTINI


I

Diamantino limpido sincero
tu, almeno: terso.
Temevo non ci fossi,
scioccamente ti pensavo impossibile.
Come sei vero, invece.
Gente intorno mi chiamava illusa,
gente matta invidiosa.
Non sa che sei cielo, universo;
altra cosa da lei, altra specie.


II

In questa agonia a cui mi hai costretto,
attesa perpetua disattesa:
mio male, e malinconia.
Eppure vedi, aspetto, sono qui.
Voce sperata, il passo sulle scale,
obolo di presenza, carezza di pensiero.
Piccola come sono, pronta
a baciare persino la tua assenza,
l’eco del minuetto
che concedi alla mia croce.


III

Infine arriva, atteso,
il giorno triste dell’addio,
mio uomo minimo
che facevo grande.
Invece tanto fragile e cialtrone
mi sei crollato addosso invertebrato.
Posso, devo, voglio confessarti
(in questa nostra ultima occasione)
che è stato solo un grosso malinteso.





PATTY PRAVO



I

Dovessi perderti,
dovessi per ipotesi restare sola
(col cuore spaesato, con la stessa paura
di un bambino svegliato da un incubo):
me ne starei comunque
a custodire il mio bene,
il mio orfano amore.
Lo farei crescere con la cura
che si deve a una causa persa,
a una parola promessa.


II

Cosa potrebbe capitare,
se decidessi
di rifarmi viva…
Tutt’al più un non saluto,
tacita indifferenza, tremito
impudico delle dita:
o arriveresti allo sputo?
Abusiva presenza al tuo cospetto;
meglio evitare,
Eccellenza.


III

Potenza del ricordo.
Ruvida la tua giacca
mi pungeva la guancia
nell’abbraccio, noi due
appoggiati alla macchina ferma.
“Camminiamo un po’”, dicevi.
Ma eri il tu di allora
o il lui di adesso?
Che idea folle replicare
il momento con uno che non sei.
La mia guancia
sulla sua giacca ruvida:
se suggerisce “Camminiamo, vuoi?”,
io taccio.





ORNELLA VANONI


I

Le luci, le macchine,
la sera che arriva.
Vetrine schizzate di pioggia
mi vedono riflessa, esitante
da ore.
Non verrai più, ho sbagliato
anche oggi ad aspettare.
Speranza che mi muore tra le dita,
mia vita sottomessa.


II

In giornate come questa
ti vengono in mente cose strane,
se tenti un bilancio che non quadra.
Fai il conto di perdite e ricavi
elenchi esperienze e delusioni
recuperi i tuoi santi e il loro dio.
Via con la testa, non senti mani e piedi,
lasci che vinca la malinconia
della morta
stagione invernale.
Speravi nel domani?
Sì, forse ci speravi,
facendoti del male.


III

Con lei?
Non credo riuscirai a dimenticarmi.
Da me così lontana (ha un altro passo
e un'altra voce; non ti vuole
nemmeno tanto bene).
Già ti vedo, titubante a scusarti
se ti sbagli e la chiami col mio nome,
confondi date musiche parole.
“Sono dettagli e non sostanza”
le dirai. Che scusa atroce.





Queste poesie sono un omaggio a tre Signore della nostra canzone: Mia Martini, Patty Pravo, Ornella Vanoni.
I versi citati sono tratti dai seguenti testi:
Minuetto, Almeno tu nell’universo, Piccolo uomo
Se perdo te
, Tutt’al più, Pazza idea
L’appuntamento
, Domani è un altro giorno, Dettagli
La silloge fa parte della raccolta inedita Rime e varianti per i miei musicanti.

Risvegli

Non ci sono più angeli. E quello che vediamo
intorno, sospeso (pulviscolo o respiro)
non è altro che fuliggine, nessun segno
dal cielo, nessun messaggero divino
che ci annunci salvezza, moderata
consolazione. Siamo rimasti
senza intermediari, abbiamo esplorato
ogni abisso e mistero, sbugiardato gli inganni.

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il Pickwick

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