“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Pasquale Vitale

Artaud, l'Anti-Edipo

"Se sono poeta o attore non lo sono per scrivere o declamare poesie, ma per viverle. Quando recito una poesia non è per essere applaudito, ma per sentire corpi d'uomini e di donne, dico corpi, tremare e volgersi all'unisono con il mio”.

Antonin Artaud

"Chi sono? Da dove vengo? io sono Antonin Artaud
e che io lo dica come io so dirlo vedrete il mio corpo attuale
volare in frantumi e ricomporsi
sotto dieci mila aspetti notori
un corpo nuovo che non potrete
dimenticare mai più"

Giovani e lavoro nel mondo ipermoderno: conversazione con Francesco Pastore

Il 18 Aprile 2013, presso la sala consiliare del comune di Teverola, il movimento civico Ad alta Voce, presieduto dall’avvocato Pasquale Buonpane, ha organizzato un interessante dibattito sul rapporto tra i giovani e il lavoro; in tale occasione Francesco Pastore, professore aggregato di economia politica presso il Dipartimento di Giurisprudenza della Seconda Università di Napoli, ha avuto modo di sviscerare i contenuti principali del suo libro Fuori dal Tunnel, pubblicato dalla Giappichelli, in cui si fa notare che la transizione dalla scuola al lavoro rappresenta per molti giovani un tunnel lunghissimo a causa della loro scarsa esperienza lavorativa.

C’era una volta in un’arena

 

duas tantum res anxius optat
panem et circenses

Giovenale

Uri, vinciri, verberari, ferroque necari

Petronio

Nello splendido scenario dell’Anfiteatro Campano, un personaggio, avvolto nel mito di un’ancestrale saggezza, narra la storia e i patimenti dei gladiatori, s’intrecciano a ogni tappa la storia delle prodezze di Spartaco, quelle dello schiavo affrancato Androloco per giungere infine alle traversie di Iqbal Masih, traslato della schiavitù dei giorni nostri.

Partenope liberata

“ Poiché Eros è figlio di Poros e di Penìa, si trova nella tale condizione: innanzitutto è sempre povero, e tutt'altro che bello e delicato come dicono i più; al contrario è rude, sempre a piedi nudi, vagabondo, [...] perché ha la natura della madre ed è legato al bisogno. D'altro canto, come suo padre, cerca sempre ciò che è bello e buono, è virile, audace, risoluto, gran cacciatore”

Platone

 

È buio pesto, una luce fioca illumina la figura imperiosa di Bernardina che, legando la sua esistenza a quella del giovane rivoluzionario Masaniello, si ritrova gettata nel tumulto dell’insurrezione napoletana del 1647-1648. Una rivoluzione scoppiata al seguito dell’imposizione di una tassa sulla frutta, ma che era il risultato del profondo disagio sociale, esasperato dalla dominazione Spagnola, il cui dominio diretto su Napoli era stato sancito dalla pace di Cateau-Cambrésis del 1559.

Possiamo sempre fare qualcosa

“Possiamo sempre fare qualcosa”, è questa la massima che secondo Giovanni Falcone andrebbe scolpita sullo scranno di ogni magistrato e di ogni poliziotto. Con la sua pièce sull’uccisione del magistrato Paolo Borsellino, il 19 luglio 1992, in via D’Amelio a Palermo, la regista Emanuela Giordano vuol proprio trasporre tale pensiero, evitando i luoghi comuni che individuano nella mafia un fenomeno socioeconomico, che non può essere represso senza un profondo cambiamento culturale.
In questo senso, come non mancava di avvertire Falcone, bisogna rinunciare a tutte quelle teorie che interpretano i fenomeni malavitosi come figli del sottosviluppo, quando, invece, sono il frutto di un’illecita spartizione delle ricchezze. L’atteggiamento sotteso a queste dinamiche è, infatti, quello della rassegnazione di chi si lascia scorrere addosso le tristi vicende dell’Italia del suo tempo, pensando che non ci sia nulla da fare. 

Conversazione con Aldo Rapè

Mutu è la storia di due fratelli che crescono nel silenzio e nell’incomprensione reciproca. È la messa in scena di quel sonno della ragione e del coraggio di vivere, che è l’humus di ogni sistema di vita mafioso. Il Silenzio che ha spento, nella sua forza vitale, un’intera società s’insinua ora nelle tragiche esistenze dei due protagonisti, che intrapresi due percorsi esistenziali diversi, si ritrovano insieme e intraprendono un serrato ed emozionante dialogo che riallaccia i fili della memoria contro il potere dell’oblio che invano aveva tentato di scioglierli e in cui sembra essersi smarrito il fratello mafioso (Saro).

Un lettura dei Promessi Sposi

Sulla scena appaiono due attori che indossano una reticella verde cadente sulla spalla sinistra, portano due pistole, un coltellaccio, uno spadone, baffi lunghi e folti. Si tratta del Griso e del Nibbio, immagini speculari dei padroni presso cui lavorano. Di fatto ad un Don Rodrigo che rimanda alla figura del Don Giovanni corrisponde un Bravo che è espressione della logica perversa di una volontà di potenza risolta nel culto della forza e del denaro.

Il Risorgimento letto attraverso il patriottismo dei Poerio

Il testo di Anna Poerio Riverso, Carlo Poerio. Una vita per l’Unità d’Italia, offre una lettura del Risorgimento italiano inquadrabile, dal punto di vista storiografico, in quel filone di ricerca che nella metà degli anni Settanta è stato denominato “microstoria”. Tale termine acquista rilevanza grazie alle opere di G. Duby e di Le Roy Ladurie, nelle quali, attraverso una ricostruzione meticolosa di eventi minori, venivano riportati alla luce frammenti del passato preziosi per la ricostruzione dei grandi quadri generali.

Resistenza


"Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un Italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione"

Piero Calamandrei, Discorso ai giovani sulla Costituzione nata dalla Resistenza, Milano, 26 gennaio 1955

La pièce di Mascitelli rappresenta il tentativo riuscito, nell’ottica di un atteggiamento storiografico tipico degli anni ‘70 del Novecento, teso a concentrarsi su singoli episodi talora marginali, di riportare alla luce la verità di ciò che è dato e che pertanto non può essere cambiato a proprio piacimento. Nell’ottica di questa premessa, è necessario ripercorrere, seppur brevemente, i fatti storici fondamentali che hanno caratterizzato il complesso fenomeno della Resistenza, con il fine di evidenziare la chiave di lettura della trasposizione scenica di Mascitelli.

Voce di dentro

Si inizia con un sospiro rarefatto che diventa sempre più denso, secca è poi la Voce che sentenzia una verità tutta interiore. Nella psiche umana ci sono i motivi reali delle decisioni, nel profondo dell’umano si celano gli impulsi rimossi, che una volta saltati i meccanismi inibitori, esplodono in flusso di coscienza incontrollato. Si avverte l’esigenza di realizzarsi pienamente, di riappropriarsi di un passato per dirigersi verso il futuro, ma il passato è “solo il tempo che credevi tuo” e le aspettative scolorano in futuro che è un nodo inestricabile.

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il Pickwick

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