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Monday, 25 November 2013 01:00

Dei barbari, del maelström e dell’esistenza gravosa

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I Massimo Volume sono un gruppo post rock che se ascolti da giovane dici “che fighi!” e se lo fai quando non sei più giovane dici “che vita trista assai…” perché quando sei giovane la tristezza fa tanto maudit e quando non lo sei, invece, non c’è effetto bohèmienne che tenga.

Emidio Clementi, il cantante, scrive dei testi tali che verrebbe da riflettere se sia d’uopo convertirsi ad una religione rassicurante molto per sopravvivere mentre le vite degli altri vanno in frantumi e l’esistenzialismo di Claudio Lolli è a un passo (ascoltare La giacca: http://www.youtube.com/watch?v=3cgt59gxFEE).
Emidio Clementi è anche uno scrittore, e i suoi testi sono racconti, e quando li canta recita, e viceversa.
I Massimo Volume iniziarono a suonare quando i giovani di oggi non erano ancora nati, e c’erano pure i Nirvana per dirvi, ed MTV si poteva vedere perché rock, post-rock, grunge, metal, punk, crossover, eccetera erano la musica ascoltata e la musica che vendeva. Primissimi anni Novanta.
Nel 1993 il loro primo album, Stanze, suonava così:

http://www.youtube.com/watch?v=9WUFNz3EjOY

e questa canzone qui, Alessandro, a un certo punto fa:

“Ma ci sono pensieri che non riesce a trattenere / Ci sono pensieri che lo fanno sentire come se andasse a tutta velocità in un tunnel / in equilibrio sopra un’asse di legno che corre su due rotaie / Lo fanno restare senza fiato / Allora cerca di ricordare / Le marche di gelato disponibili nel chiosco all’entrata della piscina / Una dopo l’altra”.

Poi però, nel 2002, la band si sciolse, per ricomporsi nel 2008 e pubblicare un nuovo album nel 2010, Cattive abitudini, a undici anni dal precedente Club privé.
Quest’anno è uscito Aspettando i barbari.
Venerdì 22 novembre piove, fa freddo – il gelo immobilizzante dell’inverno sopraggiunto d’un tratto inopportuno –, l’Italia è sopraffatta dalla foga del vento e della pioggia, e io non so che fare ma alla fine mi sono ritrovato nella Casetta della Musica di Napoli ad assistere al mio primo concerto dei Massimo Volume.
La Casetta della Musica è una costola del Palapartenope, idonea ad ospitare concerti che oggi si direbbero di nicchia o underground o altro perché non eccessivamente spaziosa né eccessivamente minuta, il giusto mezzo insomma. Venerdì nonostante un’atmosfera apocalittica in senso meteorologico la sala è abbastanza piena, e io mi guardo intorno mentre ascolto e vedo gente di tutte le età, e questa gente in principio è come annichilita, calma, immobile, per niente trascinata dai riff e dalle distorsioni della musica.
Anche i Massimo Volume in verità in principio non è che ci mettano tutto questo sentimento.
Cominciano con una serie di pezzi del loro ultimo album che è proprio bello come tutti i loro album e la critica giustamente ne parla bene: ce ne fossero sempre di dischi così.
Emidio Clementi è vestito in maniera piuttosto sobria, in nero, e fisicamente si presenta in gran spolvero, come uno che è sopravvissuto bene agli anni Ottanta e Novanta e che sopravvive bene a questi critici anni Dieci.
Poi finalmente sopraggiunge quell’alchimia tra pubblico e band e l’energia si propaga meglio insieme alla musica e tutto prende a funzionare in maniera tale da poter dire “ne valeva proprio la pena di affrontare la burrasca per questo concerto!” e tanti immagino lo abbiano detto anche quando a fine concerto la burrasca ha imperversato molto più di prima e sulle strade ci si è ritrovati a rischio di maelström e insomma si è capito che qui a Napoli e provincia a certi climi non ci siamo proprio abituati.
I Massimo Volume forse si sono divertiti perché hanno concesso ben due bis, anche se “divertirsi” è un termine abbastanza improprio per chi canta la difficoltà di esistere di molti.
Io serbo il ricordo di una canzone del loro penultimo album, Cattive abitudini, che per una serie di ragioni preferisco e non solo per la citazione dell’Urlo di Ginsberg; sto parlando di Fausto:

http://www.youtube.com/watch?v=QNQfnns99gE

e la citazione è questa qui:

“Ho visto le menti migliori della mia generazione / mendicare una presenza al varietà del sabato sera”.

Difficilmente parole sono più sagge e tristi e inesorabili nel descrivere la contemporaneità.
E questa è la fine.
Aspettando i barbari, naturellement.


Massimo Volume
basso e voce
Emidio Clementi
chitarra Egle Sommacal
chitarra Stefano Pilia
batteria Vittoria Burattini
Napoli, Casetta della Musica, 22 novembre 2013

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