“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Thursday, 19 September 2013 02:00

La salvezza di "MatriMORO"

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MatriMORO è un progetto teatrale, dell’associazione Manovalanza di Napoli, finalizzato al coinvolgimento diretto di due generazioni: i trentenni e gli ottantenni, i primi individuati nella categoria professionale degli attori e dei danzatori, gli altri scelti per età e città di provenienza in contesti non professionali, né teatrali. Si caratterizza come una ricerca artistica e antropologica in cui confluiscono finalità sociali ed esigenze etico/estetiche: teatro, danza, fotografia, performance urbana e documentazione video.

È uno spettacolo in divenire, frutto di vari laboratori in cui si sono alternati attori e danzatori dalle storie differenti e che hanno saputo adattarsi a messe in scena plurime e varie, dalle strade ai teatri ai luoghi en plein air.
Lo spettacolo è andato in scena domenica 15 settembre al Teatro De Simone di Benevento nell'ambito del festival Benevento Città Spettacolo, dopo che al Festival di Asti, in estate, ha ricevuto un premio di menzione speciale.
La prima scena è un racconto generazionale che unisce nella memoria trentenni ed ottantenni, nipoti e nonne, per cercare di ridurre il divario degli anni attraverso una sorta di passaggio di testimone.
Il teatro di Adriana Follieri, che ha curato interamente la regia, è un teatro fisico e sperimentale tanto che musica, danza, video e fotografia si alternano instancabilmente sulla scena. I momenti di massima tensione emotiva vengono quasi sempre smorzati da forte ironia, con danze e canzoni.
La storia sottesa al testo è quella di Caino ed Abele, che mette in gioco quindi la questione del fratricidio, il rapporto tra vittima e carnefice, la gelosia e la punizione di Dio attraverso la morte di un essere umano, elementi-tipo di un racconto biblico che permettono di essere riadattati nel mondo contemporaneo per smascherarne i suoi mali ed in particolare la tendenza secolare dell'uomo di voler sfidare il divino.
L'uomo parla costantemente a Dio, lo invoca, gli dedica versi e testi musicali, vuole essere ascoltato da lui e vuol sapere qual è il suo posto nel mondo.
Intanto il ciclo della vita scorre e si alterna tra matrimoni, funerali, nascite e morti: l'ambientazione cerimoniale, costituita da bicchieri e champagne, sedie bianche, fiori rossi e sapor di cristallo è l'indicatore scenico che si sta compiendo un rito (o un sacrificio?).
Di rituale c'è molto e di sacrificale anche, di ciclico vi sono i punti di (non) ritorno: sembra che ognuno doni in sacrificio a Dio la propria vita, ma solo per pesarla sul piatto della bilancia e poi riappropriarsene.
È un pesare sulla bilancia le sofferenze nei rapporti con i genitori e con le autorità, le rivalità amorose, gli incesti ed i desideri e le minacce di uccidere.
La riproposizione della famiglia archetipa per eccellenza, Adamo ed Eva, Caino ed Abele, è simbolo della precarietà dei rapporti sociali e dell'instabiità nei rapporti con Dio o con una forza superiore che determina il nostro destino. Dio che non interviene quando Caino uccide Abele, ma lo destina ad errare nel mondo alla ricerca di sé e del suo posto: ma all'uomo, ormai, ciò non importa più, l'importante è vivere e godersi l'attimo senza rimpianto (così suonano le note di Rien de rien di Edith Piaf).
L'energia degli attori è davvero ammirevole, si impegnano totalmente per interpretare i personaggi assegnati senza mai abbandonare il personaggio di se stessi. La tensione emotiva sempre viva è in grado di stupire ogni volta il pubblico nei cambiamenti di scena e situazioni. Gli "apparenti appunti sconnessi" e la frammentarietà con cui è ben costruito il testo sono espedienti strutturati per mettere in scena le lacerazioni all'interno dell'animo umano e quelle, invece, della storia, che è stato l'uomo stesso a generare.
Lo spettacolo è, dunque, una riflessione sui "riti" di passaggio: amore e morte, cadere e rialzarsi, passaggio divino ed umano, passaggio di precarietà tra generazioni, ma vi è una forte riflessione sulla possibilità di salvarsi in mezzo a questa crisi e questa apparente distruzione e negatività.
È l'amore che spinge l'uomo a guardare oltre e godere degli attimi della vita in maniera spensierata e libera, sapendo che il passato, le rivalità, le imposizioni e le costrizioni non hanno motivo di essere alimentate.
Ecco che la salvezza alla crisi c'è e la distruzione può essere evitata.

 

                  

 

Benevento Città Spettacolo
MatriMORO
regia Adriana Follieri
aiuto regia Fabio Cotone, Claudio D’Agostino
attori/danzatori Dora De Maio, Cynthia Fiumanò, Fiorenzo Madonna, Francesco Nappi, Nello Provenzano
e con i “non attori anziani” del Laboratorio integrato MatriMORO
disegno luci Davide Scognamiglio
suono Gianpiero Sapienza
scene Eugenio Picardi − Lab Art&Craft
costumi Lucia Votoni
coordinamento generale Barbara Nardacchione
durata 1h 40'
Benevento, Teatro De Simone, 15 settembre 2013
in scena 15 settembre 2013 (data unica)

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