“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Tuesday, 30 July 2013 05:55

Di venerdì la gente vuole solo divertirsi

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Kings Of Covenience, Arenile Reload, Venerdì sera: faccio fatica a mettere in correlazione questi tre concetti.
L’occasione è il Neapolis Festival Live che ha organizzato insieme a Giffoni Experience, oltre a questo, altri due grandi concerti (Patti Smith E Tricky) a favore della Città della Scienza, distrutta qualche mese fa da un terribile incendio. Dubbioso e diffidente, ma accreditato, mi reco verso il locale simbolo della movida napoletana, che però, va detto, si è anche contraddistinto in maniera predominante rispetto alla concorrenza per essere riuscito a portare sui suoi palchi molti nomi di rilevanza nazionale ed internazionale.

Supero indenne la prova parcheggio e la prova parcheggiatore, e mi incammino verso l’ingresso lontano qualche centinaio di metri, occasione irrinunciabile per esprimere alla mia compagna di ascolto, l’infallibilità delle mie previsioni.


La perplessità

(monologo in atto unico, con incolpevole, silente spettatrice)

“Ecco. Ora andiamo a vederci questo concerto e ci intossichiamo… scommettiamo? Già lo so, vedrai… folla infoiata di disco e mojito... figurati! Un concerto dei KOC… lo rovineranno con schiamazzi diffusi e cori inneggianti al dj… musica intima, evocativa, data in pasto ai cannibali dei BPM… a chi vuoi che importi, di venerdì? Di venerdì la gente vuole solo divertirsi, mica c’ha voglia di ascoltare, in religioso silenzio, artisti di questa portata… Nei teatri! Ecco dove dovrebbero suonare… quella è la loro dimensione… con pubblico selezionato, che va lì per ascoltare loro, ognuno tranquillo nel proprio posto numerato…”.

 

Quando il pregiudizio si impossessa di te rinnegheresti anche la tua squadra del cuore pur di continuare a nutrire la tua infondata ed ottusa autoconvinzione. Che ancora resiste, ridimensionata ma superstite, anche quando finalmente il baccano anarchico e confusionario si trasforma in corale ovazione di accoglienza all’ingresso sul palco dei due ragazzotti scandinavi.
Ancora non sono convinto.
Due chitarre e due voci sussurrate disperse in contorni indefiniti fatti di bagnasciuga e pontili, scogli, riflessi lunari, sdraio e lettini, chioschi-bar, mercatini improvvisati, nerboruti buttafuori e barman, starlet con sorrisi artificiali davanti agli obiettivi, pass legati al collo che fan gonfiare il petto, birra in bicchieri di plastica e jappo a buon mercato.
Poi, le dita di Eirik a pizzicare i cantini e, improvviso, il silenzio. Quel silenzio da teatro, quel silenzio che auspicavo, quel silenzio che mai avrei immaginato. Scorrono senza intoppi e disturbi, fluenti nella delicatezza delle note che li compongono, alcuni dei brani più intimi del duo norvegese, quelli che li hanno fatti accostare per le melodie e le armonizzazioni vocali a quelle icone del folk che sono stati Simon and Garfunkel. Citano, omaggiano, evidentemente attratti ed ispirati dalla capacità del duo statunitense di tradurre l’interiorità espressiva in musica, ma comunque originali e personali nella scrittura delle parti di chitarra, che di continuo comunicano, si incrociano, dialogano e poi si distaccano in individuali interpretazioni. L’assolo arpeggiato di 24-25 viene accolto da applausi unisoni, e allora finalmente mi arrendo all’evidenza: chi è qui stasera è qui per loro. E anche chi non è qui per loro non può far altro che ascoltare, sopraffatto dalla meraviglia, le composizioni di questo strepitoso duo. È il momento del pezzo che li ha portati al grande successo (la struggente I Don’t Know What I Can Save You From), complice anche il riuscitissimo remix dei connazionali Röyksopp, esponenti di spicco della musica elettronica mondiale, il che testimonia che lassù in Scandinavia non si vive di soli fiordi.
Qualche doveroso “Ciao Napoli” per ingraziarsi la folla, ed Erlend, il rosso, inizia il suo show. Da qualche video su youtube ne avevo saggiato le doti da intrattenitore, ma evidentemente ne avevo sottovalutato l’impatto live: divertente e familiare, sembra di vedere un amico di vecchia data che, elusa la sicurezza, irrompe sul palco e aizza ad urlare, ballare, dimenarsi, scatenarsi, nei suoi pantaloncini blu da maratoneta, con quell’aspetto [non dirlo, non dirlo!!!] da Nerd [l’hai detto] occhialuto ed impacciato. Quanto sembrano non prendersi sul serio i due di Bergen, quanto seria è la loro musica! Quanti e quali sentimenti contrastanti sanno generare con le loro performance. Divertimento, nostalgia, gioia di vivere, commozione: I’d Rather Dance With You, Mrs Cold, Rule My World, Misread. Mancava all’appello solo Second To Numb, e probabilmente sarei stato colto da incontrollabili singhiozzamenti. E, tutto sommato, meglio così.
Conclusione in omaggio alla musica tradizionale italiana con la cover di Una ragazza in due dei Giganti, (http://www.youtube.com/watch?v=5NHSg5LBLNM) che di recente ha spopolato sul tubo dando vita anche ad improbabili parodie, nemmeno granché divertenti.
Applausi finali, saluti, inchini.
Finisce così. Guadagno l’uscita, qualche centinaio di metri a piedi per ritornare alla macchina, cammino guardandomi le scarpe insabbiate, faccio roteare le chiavi al ritmo delle ultime note che mi sono rimaste impresse nella mente, in silenzio, soddisfatto, contento, per una volta, di essere stato smentito.

 

 

Neapolis Festival Live
Kings of Convenience
Erlend Øye chitarra e voce
Eirik Glambek Bøe chitarra e voce
in collaborazione con Giffoni Experience
Napoli, Arenile Reload, 26 luglio 2013

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