“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Tuesday, 23 July 2013 02:00

Depeche Mode (1980-2013): Il trionfo all'Olimpico di Roma

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Trentatré anni di carriera. Mi ricorda qualcosa. Già qualcuno ci è riuscito in passato ma sappiamo che fine ha fatto. Certo è che i Depeche Mode di miracoli (musicali) se ne intendono.

La band elettronica inglese (definita dalla rivista britannica Q “la più popolare e longeva che il mondo abbia mai conosciuto”) si è formata a Basildon nel 1980, a circa 43 km da Londra, e nel 2013 ancora riesce a sconvolgere e riempire gli stadi d’Europa. Il Delta Machine Tour, che prende il nome dall’ultimo album del gruppo, è partito il 4 maggio dal Palais Nikaia di Nizza ed ha toccato l’Italia con due tappe estive: il 18 luglio allo Stadio Meazza di Milano e il 20 luglio allo Stadio Olimpico di Roma. E nella Curva Sud dello stadio capitolino, il settore riservato ai tifosi della Roma, c’ero anch’io, con una maglietta bianca a strisce sottili blu assolutamente allegra ed estiva, un look un po’ fuori contesto considerando la scelta quasi collettiva del nero. Ma io sono dark inside. Sarà che il leader, Dave Gahan, ci regala sempre un gilet scuro a petto nudo (che stile fantastico! porca miseria!) ancheggiando in maniera ambigua nei suoi pantaloni neri. Se nella prossima vita sarò un uomo, anch’io andrò in giro a petto nudo. E se nella prossima vita sarò proprio Dave Gahan, tanto meglio. Uno che dalla classe operaia, passando per qualche furto d’auto ed un tentativo di studio da stilista, mi diventa un frontman affascinante ed internazionale, ha tutto il mio rispetto.         
Una vita intensa quella dei Depeche Mode, venuti alla ribalta sulla scena synthpop inglese (fusione della musica elettronica con quella pop) ma sempre pronti a sperimentare e mescolare altri generi, sfruttando il pop rock, la New Wave, la dance alternativa (il tormentone quasi ossessivo Just cant’ get enough ha spopolato al campo olimpico come spopolò nei club e nelle discoteche nel 1981) per poi aprirsi a quei toni più cupi, gotici e dark che hanno caratterizzato tutta la loro produzione. Ad inaugurare l’abbandono di quella contenuta luminosità iniziale fu l’album Black Celebration del 1986 (tra l’altro è stato un piacere assistere al ritorno in scaletta del singolo Black Celebration, dopo anni di assenza dai live) ma per sfornare i brani più famosi del gruppo (quelli noti anche ad una sessantaseienne come mia madre, che non ha la minima idea di chi siano i Depeche Mode), bisognerà attendere il 1990: Enjoy the Silence e Personal Jesus (utilizzate persino negli spot pubblicitari, chiaro motivo per il quale le conosce anche mia madre).            
La coppia che avevo di fronte nella Curva Sud, così spenta da farmi credere che non fosse realmente viva, si è rianimata solo su questi due brani, che in effetti basterebbero per pagare il biglietto. Avevo promesso a due cari amici di alzare il telefono al cielo su Enjoy the Silence per renderli partecipi da casa, ma l’Olimpico e la Wind avranno un qualche tipo di problema irrisolto che non ci è dato sapere. Mi dispiace ragazzi. Però l’ho cantata anche per voi. Da Delta Machine, di cui conoscevo solo Heaven (architrave del nuovo album) e Soothe My Soul, sono stati selezionati ben sette brani (mi sembra più che giusto, è una scelta “promozionale” che faremmo tutti) ma la band non si è affatto risparmiata sui classici. Zigzagando tra i loro album, sono venute fuori Walking in My Shoes, I Feel you, Precoius, per non parlare dell’atmosfera catartica scesa sull’olimpico come un deus ex machina con Somebody e Shake the disease (comparsa a sorpresa perché non indicata nelle scalette trovate su internet).

Oltre due ore di concerto, circa sessantamila spettatori. I Depeche mode, campioni del pop elettronico, tredici dischi pubblicati, cento milioni di copie vendute, hanno battuto ogni record d’affluenza nell’estate della Capitale. Una lunga storia musicale che ha saputo resistere a tutto, dalle crisi epilettiche di Martin Gore, all’abbandono nel 1995 di Alan Wilder (tastiere); dal tentato suicidio di Dave Gahan ai suoi innumerevoli problemi con la droga. Ed io che vado in curva perché a 26 anni mi sento già troppo stanca per il prato.
Tra l’altro, quando si ha a che fare con gruppi di tale portata storica (Dave Gahan sembra ancora un pischello ma ha 52 anni), si ha sempre l’impressione di dover sormontare qualunque ostacolo pur di riuscire a catapultarsi ad un loro concerto, perché potrebbe essere l'ultimo (immagino i Depeche Mode leggere il mio articolo e grattarsi i cosiddetti), timore che mi porto dietro con gli U2 (quando ci sarà il prossimo concerto degli U2?). E invece i Depeche Mode hanno già fissato i prossimi tre appuntamenti italiani per il 2014: 18 febbraio Torino (Palaolimpico); 20 febbraio Milano (Forum di Assago); 22 febbraio Bologna (Unipol Arena). Senza volerlo ho tagliato fuori il povero Andy Fletcher, il tastierista e manager della band. Andy, sei troppo normale, mai uno scandalo, mai un problema di droga. Ok, posso dire che sei rimasto memorabile durante i concerti per il tuo clap rigorosamente a tempo con il ritmo di ogni pezzo. Anzi no, aspetta, posso dire anche che sei stato il collante negli anni bui dei Depeche Mode e per questo ti ringraziamo tantissimo.        
Ho incredibilmente apprezzato l’attenzione e il riguardo posti dalla band nel saluto finale. Si sono abbracciati con affetto (la tenerezza del momento mi ha impedito di riflettere su quanto sia spiacevole abbracciarsi tutti sudati) ed hanno regalato inchini di ringraziamento da più lati del palco, dimostrando tutta la loro gratitudine per l’interesse e l’audience che ancora riescono a suscitare, allacciando più generazioni.
Ora me ne andrò su Youtube a guardare un estratto di una trasmissione tedesca del 1983 in cui cantano Everything Counts (che non mi hanno regalato al concerto) per poter dire tra me e me “come passa il tempo”.

 

               

 

 

 

 

Depeche Mode              
voce  David “Dave” Gahan         
chitarra e tastiere  Martin Lee Gore      
tastiere e portavoce del gruppo  Andy Fletcher
Roma, Stadio Olimpico, 20 luglio 2013

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