“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Tuesday, 21 May 2013 17:55

Jarmusch Club, Caserta: PUTAN CLUB

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Avevo una gran voglia di essere schiaffeggiato da un bel po’ di suoni elettrici a volumi altissimi come già Cambuzat aveva dimostrato magistralmente di saper trarre da quella ammaccata Telecaster color honey blonde. Il suono della suddetta chitarra di Cambuzat l’avevo sentito qualche mese prima, in quello splendido posto che non è più, il perduto Perdidante, luogo che animava ed accoglieva chi voleva sottrarsi alla calca e alla frenesia da ansia da accoppiamento di Piazza Bellini.

Bene, dopo questo piccolo accenno nostalgico, parlo del Putan Club. Si tratta di un progetto parallelo partorito diciotto anni fa dalla mente e dal cuore dell’infaticabile musicista francese François R. Cambuzat per l’appunto, che ha la particolarità di voler sfuggire alla logica perversa della musica come merce, come prodotto di consumo. Infatti il Putan Club ha deciso di non pubblicare mai e poi mai un album, salvo fare un’eccezione e proporre qualche tempo fa un cd frutto della collaborazione con una certa Lydia Lunch. Per sua stessa ammissione, è una sorta di cellula di resistenza, o almeno lo era – non so, forse quella con la Lunch non è stata proprio un’eccezione, in fondo non è che importi poi tanto visto che siamo nell’era della riproducibilità per eccellenza, del clone clonato all’infinito.
Il Putan Club venerdì prevedeva che Cambuzat fosse accompagnato dall’energica Gianna Greco e dal suo basso elettrico, un basso a dire il vero molto ‘secsi’, un basso mai stato così ‘secsi’, o almeno non ne ricordavo uno cosi dai tempi della Gordon! Okkei, il paragone con la bassista dei SY è forzato, nel senso che non si somigliano per niente, ma ad essere 'secsi' è 'secsi', come è innegabile che la bassista dei SY da giovane ne abbia trafitti di cuori tra il pubblico.
Il luogo dell’esibizione è il Jarmusch Club, un localino di Caserta molto carino, ma con troppi, troppi tavoli secondo me, e non è che sia il massimo per certi spettacoli live. Le cose che ti ricordi sicuramente del Jarmusch però sono i muri. Sì i muri… sono proprio belli, pieni zeppi di fotografie in cui è possibile riconoscere  ritratti di musicisti, di attori, di registi, oppure scene di film… poi vabbè, c’è anche una inebriante birra triplo malto, che sapeva un po’ di ferro per via del fusto che la conteneva, e però andava in circolo una bellezza.
Poca gente comunque era venuta. C’era qualche capellone, due ragazze molto carine sedute di fronte, qua una comitiva di quattro misti, un tre senza girl al seguito ma comunque pochi. Un peccato secondo me, anche se non è affatto facile ascoltare per almeno un’ora e mezza suoni distortissimi, schitarrate violente, rumore di ferraglia, proprio come se un treno deragliasse e le sue lamiere si contorcessero percorse da fiumi di elettricità ad un milione di volt, sembra quasi di sentire i ‘rumori’ provenienti dalla più cattiva delle guerre stellari! Fatto sta che noi eravamo lì, ed abbiamo potuto assistere sia alla dichiarazione di guerra sia all’emanazione dei primi raggi fotonici!
Quando Cambuzat ha fatto partire la batteria registrata col suo i-pod era un uomo sobrio, vestito di nero ma con un taglio decisamente vaporoso, quando ha spento tutto era un uomo assolutamente sudato, anzi era proprio zuppo, e col capello lisciato all’indietro con un pettine. Nel mezzo una performance in cui ha urlato e sussurrato e si è dimenato con la chitarra. Una performance che ha onorato tutti senza ombra di dubbio, sino all’ultima nota suonata con le gocce che gli scendevano copiose dal naso e dai capelli: Cambuzat, sei un grande!
Meno sudata ma non troppo, potente e cattiva e 'secsi' (di nuovo #siokkeiabbiamocapito) e ammiccante e arrabbiata e danzante, era Gianna Greco la quale, come si è già capito, attirava continuamente la mia attenzione, non solo mia ma quella di tutti, perché era sì bello vederla, ma era soprattutto bello sentire ciò che tirava fuori da quel basso, che sembrava più un arma che altro: fantastica!
L’ultimo pezzo del concerto, ma proprio l’ultimo, quello che chiudeva il bis, è stato suonato sulla registrazione di un precedente live e si chiudeva con degli applausi, non i nostri che pure ci sono stati ma erano applausi e urla appunto registrati, cosicché d’un tratto mi è sembrato che il pubblico si fosse decuplicato all’improvviso. Ho pensato: “ma tu guarda questo mattacchione che trovata!”, poi ho scosso un po’ la testa con un ghigno sulla faccia come a dire “ehi bello! t’ho scoperto!”; ho riso di gusto e questa cosa non ha sminuito certamente tutto il sudore che ci aveva regalato fino a quel punto!
Quando sono uscito c’erano alcuni ragazzi, proprio quelli che erano seduti accanto a me durante l’esibizione: discutevano, e io sentivo cose del tipo: "sì, vabbè, ma i Sonic Youth…". Io questo legame non ho sentito il bisogno di sottolinearlo, a me sembra che il Putan Club sia più alla ricerca di quel godimento che è sempre diverso e che cambia a seconda dei musicisti che incontra, o almeno mi piace credere che sia così. E poi Cambuzat è uno degli esponenti di spicco dell’avant-rock, e non tutto quello che è distortissimo e forse somiglia a rumore deve essere per forza accostato ai Sonic Youth, giusto perché questi ultimi non fanno rumore, ma producono amore, bellezza, pace, gioia e un sacco di altre cose. Comunque sia era un sacco di tempo che non sentivo un baccano così ben orchestrato e vado via con le orecchie sature di qualche piccolo sibilo ma sicuro che la prossima volta sarò ben contento di combattere un’altra guerra!

 

 

Putan Club + Gianna Greco
Caserta, Jarmusch Club, 17 maggio 2013

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