“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Thursday, 06 February 2020 00:00

Ma qua’ Natale, Pasqua e Ppifania! Chist’ è Sanremo!

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Ogn’anno puntualmente, in questo giorno,
di questa triste e mesta ricorrenza,

ci ritroviamo di fronte al Festival di Sanremo.
Ognuno ll’adda fa’ chesta crianza, ognuno adda tené chistu penziero.
Perché siamo italiani, siamo orgogliosi di portare avanti la tradizione del Festival della Musica Italiana. Siamo orgogliosi di portare avanti il finto credo che si tratti ancora di un Festival di Musica. Siamo orgogliosi di criticarlo ogni anno, per le mise, le performance, i partecipanti, gli ospiti, la scelta del presentatore, la valletta che non è più solo bella ma sa anche parlare ma c’è chi lamenta che ce ne sono di più belle (ma se poi non sanno parlare?).

Come se a qualcuno interessassero le nostre critiche.
Siamo diventati tutti giudici di Talent e tutti Opinionisti.
Quest’anno il loculo dell’Ariston è stato poco adornato dei fiori ‘e zi’ Vicenza ma di defunti pare ce ne siano parecchi. E ci sono anche nuovi nascituri che hanno portato vagiti sul palco, rendendoci confusi tra un’esibizione e l’altra. Non si fa in tempo a chiedersi: “Ma questo chi è?” che la domanda successiva è: “Ma questo è ancora vivo?” e così avanti per tre ore. E se da un momento all’altro fossero usciti Gianluca Vacchi e Claudio Villa a braccetto, non ci saremmo neanche più sorpresi.
Ma questa è la vita! ‘Ncap a me penzavo... chi ha avuto tanto e chi nun ave niente!
Con tanti cantanti (troppi) sulla faccia della terra, proprio questi ci dobbiamo sciroppare? Perché ci costringono a vedere Achille Lauro nella tutina di Jennifer Lopez? Che stiamo lì a chiederci se siamo noi a non capire l’arte, come avviene di fronte alle opere contemporanee, o se è solo una scelta inutile e di cattivo gusto. Manco fosse Freddie Mercury. Il cantante non c’è, la voce non c’è, la canzone non c’è, rimane la tutina, tra l’altro un po’ bruttina. Non gli stava neanche granché bene. C’è chi non è riuscito ad ascoltare la canzone perché si è concentrato su dove fossero finiti gli attributi del ragazzo. D’ora in avanti Bartolini scaricherà su Achille Lauro la sparizione di qualunque pacco.
Per fortuna la maggioranza si è presentata vestita e in modo più o meno decoroso, nessuno stemma cu ‘a curona ‘ncoppa a tutto, sotto ‘na croce fatta ‘e lampadine. Elodie cerca di essere (senza riuscirci) la nuova Beyoncé italiana, Diodato si fa le cosucce sue senza dare fastidio a nessuno, Alberto Urso porta avanti il cliché che ormai a Sanremo ci devono andare i vincitori di Amici.
Non ci è dato di sapere se è stato Morgan a trascinarsi Bugo o Bugo a dire a Morgan “che ne dici se scriviamo una canzone insieme?”, fatto sta che questo connubio ha destato un po’ di simpatia, soprattutto se ci aggiungiamo i saltelli di Morgan sul palco e la sua immancabile giacca in stile d’epoca. Il sound di Gualazzi invece può far ballare tutti, a metà strada tra una rivisitazione della salsa di Ricky Martin e la disco anni ’70, anche se la classifica non lo ha premiato... ma il cantante si è esibito all’una di notte, si sarà addormentato persino lui nei camerini. Figuriamoci la gente da casa − stongo scetato... dormo, o è fantasia? − che avrebbe dovuto digitare messaggini per votarlo con un occhio semichiuso e l’altro mezzo aperto. Volendoci illudere che i voti da casa servano a qualcosa, ci piace raccontarcela così.
Un grande applauso bisogna farlo a Marco Masini che in tutto questo tempo non si è lasciato minimamente piegare dalla sentenza di jettatore che gli è stata emanata anni or sono e che gli pende sul collo ogni volta che si esibisce. Masini contrasta questa congettura continuando a portare avanti le sue tematiche di sempre e a urlare pane per le orecchie degli scaramantici: “La vita non è giusta”, “Perchè non dici BASTA”.
Un applauso a Marco Masini per la sua perseveranza e la sua irriducibilità.
Ma tanti altri quesiti possono affliggere la visione del Festival, cose tipo: “Ma perché Al Bano e Romina a sto punto non tornano insieme?”, “Perché Rita Pavone ha la mia giacca? Potrò metterla ancora?”, o “Ma Le Vibrazioni sono diventate gli 883?”. Sì perché Francesco Sarcina si è portato dietro un tizio che spiega la canzone con la lingua dei segni e il bello è che siccome nel ritornello è presente almeno quattordici volte l’espressione “Dov’è?”, il tizio si è ritrovato a fare sempre lo stesso gesto come se fosse una danza, ricordando a noi nostalgici la presenza di Mauro Repetto dietro a Max Pezzali. Dopo quattordici volte, persino i sordomuti da casa sono riusciti a dire: “Basta, abbiamo capito!”.
Peccato invece per la tigre toscana, Irene Grandi, che ha cantato bene ma che stavolta è risultata poco credibile. Il pezzo risente troppo del paragone con Vasco Rossi nonostante lui non l’abbia mai cantata ma solo scritta. Tra l’altro Vasco Rossi ha rivelato di essere stato scelto per la direzione artistica di questo Festival e di avere anche inizialmente valutato la proposta, immaginando una conduzione sulla scia di quella di Baglioni, dove tutti avrebbero cantato le sue canzoni. Ha preferito poi abbandonare l’idea dichiarando “le mie canzoni non hanno bisogno di promozione” ma anziché pensare a un altro modo di condurlo si è defilato direttamente e a quel punto la Rai ha fatto la felicità di Amadeus. Meglio che sia andata così per certi versi, perché Vasco Rossi presentatore non riusciamo proprio a immaginarlo, sarebbe stato un susseguirsi di “Eh beh”, “Che c’è”, “Sei te”.
E poi Amadeus, nonostante le gaffe del prefestival, è un volto più rassicurante per le nostre massaie, entra tutti i giorni nelle case degli italiani ed è più avvezzo a gestire presentazioni e classifiche. Lasciamo insomma che ognuno faccia il suo lavoro.
La casta è casta e va rispettata.
Amadeus ha continuato a fare gaffe nel corso della serata, ha accolto la co-conduttrice Diletta Leotta affermando: “Sei la prima delle bellissime donne di Sanremo a scendere le scale” nonostante poco prima si fosse esibita Irene Grandi. Certo, il presentatore voleva magari riferirsi alla categoria di co-conduttrici che lo accompagneranno in quest’avventura ma la Grandi sembra non aver gradito. Anche alcune scelte artistiche di Amadeus sono state ritenute delle gaffe. La presenza in questa edizione di personaggi come Junior Cally, che in passato si è mostrato fautore della violenza sulle donne, dello stesso Achille Lauro o di Elettra Lamborghini non sono state apprezzate da chi di musica se ne intende e da chi aspetta il Festival augurandosi eleganza e bon ton. Il povero Amadeus si è dovuto sobbarcare questo fardello sulle spalle, per aver contribuito ad infoltire il degrado musicale delle edizioni di Sanremo, anziché tentare di combatterlo a suon di buona musica e belle scene da vedere. Come biasimare chi la pensa così? Qualcuno lo ha sentito recitare al Direttore della Rai: “Signor Marchese, nun ‘è colpa mia, io nun v’avesse fatto chistu tuorto”,ma a ben poco è servito.
I tempi cambiano e cambia anche Sanremo, che è stato definito da Diego Fusaro il sismografo della società contemporanea, fatta di blasfemia, volgarità, consumismo, tutti costantemente in crescita. Per non parlare del tema principale della serata, tema cruciale di questi tempi, che è proprio quella stessa violenza sulle donne per la quale avrebbero voluto escludere Junior Cally, problematica gravissima e sulla quale è bene lanciare messaggi di solidarietà, di memoria, di lotta, ma che spesso vengono utilizzati a buon mercato solo per rivestirsi di un’aura fintamente impegnata.
Può mai trattarsi di un caso che la partecipazione del cantante avvenga proprio in un’edizione in cui si intende parlare di violenza sulle donne? Può mai trattarsi di un caso che nel prefestival si sia creata questa mega-polemica su Amadeus e sulle sue dichiarazione sessiste?
Il presentatore si è anche autoflagellato più volte nel corso della serata per l’uscita infelice che gli era scappata durante la conferenza stampa sulle “donne che sanno stare un passo indietro”, dichiarazione che aveva dato il via a una serie di polemiche da parte delle femministe e di tutta la farsa del politically correct, come se le donne italiane si sentissero più offese da questa dichiarazione di Amadeus che non da programmi come La pupa e il secchione, Uomini e Donne o, per chi se lo ricorda, Libero di Teo Mammuccari in cui c’era una Flavia Vento chiusa in una gabbia di vetro al di sotto del presentatore. E siccome non la si vede più in giro, ci chiediamo se aveva almeno un buco per l’aria. Il riflettore acceso su Amadeus sarà stato solo una trovata pubblicitaria per incuriosire gli spettatori, come fanno ogni anno, altrimenti chi se lo vede ‘sto Festival a parte mia nonna? Esattamente come sarà stata preparata la frase della bella Rula Jebreal “stasera cerchiamo di fare un passo avanti”. E per metterci una pezza, per stemperare le antipatie createsi attorno ad Amadeus, si è pensato bene di rivolgersi all’amico Fiorello, a cui hanno fatto aprire la serata facendogli presentare l’ingresso di Amadeus, per ammorbidire la percezione e influenzare l’opinione che abbiamo delle cose, come solo lui sa fare, nonostante il suo intervento travestito da prete si inserisca alla perfezione in questo gusto per il blasfemo. Insomma le hanno pensate tutte per chiudere il giro da loro stessi creato. Rula Jebreal si è anche spesa in un commovente monologo su diritti, qualità e difesa delle donne, con gli occhi lucidi di fronte agli orrori della realtà e parlando del suo impegno, citando anche la madre, suicida a seguito delle violenze subite. Di questo non possiamo che avere rispetto. Appaiono ingiuste invece le lamentele subite da Tiziano Ferro per come ha cantato, gente sul web che scrive e riscrive il nome di Mia Martini immaginandola rivoltarsi nella tomba. Siete seri? Sul serio vogliamo prendercela con Tiziano Ferro? Visibilmente emozionato, in una performance live, che a fine esibizione si è addirittura commosso. Sì, non sarà stato impeccabile, anzi, ha fatto molto male in alcuni punti ma con tutto quello che c’è in giro potremmo anche fargliela passare e concentrarci su altro. È pur sempre una performance proibitiva per un uomo, da voi vorrei saper vile carogna, con quale ardire e come avete osato.
Siamo curiosi (lo siamo sul serio?) di ispezionare come andranno le prossime serate, sperando non ci infliggano particolari coltellate e cercando di non morire di tristezza al ricordo che un tempo a queste manifestazioni partecipavano cantanti seri come Luigi Tenco.
Ma sti pagliacciate ‘e ffanno sulo ‘e vive!





Festival di Sanremo 2020
70° edizione del Festival della canzone italiana
Prima serata
Sanremo (IM), Teatro Ariston, 4 febbraio 2020
dal 4 alll’8 febbraio 2020

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