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Thursday, 29 August 2019 00:00

Su questa triplice danza di donne

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Nell’ambito del programma Estate a Napoli 2019, organizzato col sostegno del Comune di Napoli, il bellissimo chiostro del Convento della chiesa di San Domenico Maggiore è diventato lo scenario di tre coreografie presentate dal Consorzio Coreografi Danza D’Autore, realtà toscana che − grazie all’impegno di Flavia Bucciero (MovimentoinActor) e Francesca Selva (Compagnia Francesca Selva) − propone spettacoli di danza e teatro fisico rivolti a tutte le età e dedicati a tematiche socio-antropologiche, nella fede del potere catartico e (in)formativo dell’arte della coreografia.

Le performance sono state pensate per il luogo che le accoglie, luogo che − data la morfologia − pare una scenografia vivente ed offre dunque un ottimo scenario d’azione tanto che si sono succedute, nel corso delle giornate del 18, 19 e 20 luglio, versioni site specific in cui frammenti del processo creativo hanno colto di sorpresa il pubblico in visita al convento mentre, di sera, è avvenuta la presentazione della versione integrale dei lavori sul palco posizionato nel chiostro.
Le coreografe propongono una sorta di appello alla rivalutazione sociale della figura delle donne − nominate spesso "le nuove dee" e poi "guerriere, amanti, madri, figlie, profughe che si trovano in prima linea in una quotidianità sempre più inquieta" − rispetto alle quali i parametri della mitologia dunque riaffiorano e ritornano ed è proprio rispetto a questi richiami che è necessitaria una rivoluzione: le donne non più rappresentate come figure eroiche ma come esseri umani che si ridipingono di delicatezza, di sensibilità e di libertà di movimento; che possono umanamente riprendere i connotati delle loro funzioni biologiche, con le loro debolezze, i loro punti di forza, le loro funzioni: necessarie al mondo. Donne, dunque, che dismettono i panni divini o i costumi eroici riacquisendo, agli occhi di se stesse e della società, la loro specifica funzione umana, antropologica e sociale.
Le coreografie relative al tema sono state tre: un assolo con l’interpretazione della danzatrice Maria Vittoria Feltre e coreografato da Francesca Selva; un duo con Paloma Biagioli e Elisa Paini, coreografato da Flavia Bucciero; un altro assolo con la stessa interprete e la stessa firma coreografica del primo.
Piccola storia di lana indaga il legame ombelicale con la madre, in cui l’interprete imbroglia, sbroglia, si libera, accarezza e si fa dondolare dalla lana, simbolo della culla e del nido materno, luogo in cui il legame madre-figlia risulta inscindibile. L’interprete entra in scena con un cordone di lana disegnando una spirale, simbolo della vita, iniziando a danzare con le geometrie e la materia, trasformando corpo, spazio ed oggetto in continuazione e così maturando pian piano un allontanamento, ovvero la costruzione del proprio sé libero da un legame primordiale anche se da esso derivato ed influenzato. La ricerca del gesto e del movimento qui mira all’essenzialità, alla pulizia, all’incisività, non ci sono sbavature né lunghe transizioni, e la scrittura coreografica appare dunque trasparente, limpida, resa con parole schiette di cui l’interprete si fa voce grazie a un corpo armonioso, morbido e solido assieme.
La seconda coreografia − Io Chiara, Tu Scura − vede in scena due giovani interpreti, una ragazza bianca ("Chiara") e una ragazza nera ("Scura"). La gioiosità e la volontà di conoscersi, di avvicinarsi e di condividere è stimolata da un repertorio musicale brioso, che accompagna le interpreti, anch’esse solidissime danzatrici, in un cambio continuo e vorticoso di vestiti e situazioni. Sembrano, le due donne, essere due facce di uno stesso universo che, pian piano, ritraggono e fanno emergere attraverso i corpi e coi sorrisi e con gli sguardi (relazione diretta con il pubblico) e coi loro gesti e movimenti: sanciscono così quanto la diversità sia fonte di ricchezza. I loro muscoli scrivono una danza dinamica, capace di narrare, dell’universo femminile, anche la sensualità: parte essenziale della forza d’esser donna. Talora il ritmo allegro è come interrotto dal presagio di qualcosa di ombroso, i corpi paiono  diventare metamorfici, come se un’improvvisa tempesta intimasse alle giovani donne di mutarsi uccello per volare via (è questa, forse, la tempesta della vita): ri-citazione mitologica dei poteri delle divinità e della possibilità di cambiare le fattezze consuete in altro (per amore, ad esempio, o per incisione del Fato). Ma poi il processo di conoscenza di sé e la scoperta della propria femminilità riprende il suo corso fino a offrire alla pelle del pubblico una traccia di condivisione, un segno materico che sugelli l’importanza del dialogo universale e dell’ascolto, della conoscenza e dell’accoglienza di chi ci sta di fronte: dopo essersi dipinte il volto con segni marroni e bianchi tracciano infatti, con gentilezza, il segno del'armonia anche sui polsi, sulle mani e sulle braccia degli spettatori.
Piccola storia di plastica chiude la trilogia riprendendone (per evoluzione coreografica) l'inizio e dunque si ricongiunge in quanto proseguo a Piccola storia di lana: l’interprete riappare adesso donna cresciuta, riappare femmina e riappare come una ragazza che è segnata dalla storia familiare e sociale: vive ora in un mondo di plastica e, nell’incoscienza, fa tentativi di riconciliarsi con una se stessa che non trova. Resta forte e chiara la voce della madre (ritorno o relazione con l'Origine; legame ombelicale che rimane) e segna l’inizio dell’azione coreografica: la danzatrice, con parrucca e un abito vistoso, "gioca" quindi il mondo che le si è creato attorno, tra amore e desiderio di distruzione, e con delicatezza e ingenuità rende una rivoluzione interiore e pubblica, elevandosi a simbolo e stimolo di presa di coscienza per tutte le giovani donne (importantissima, in tal senso, la scelta della voce di Nina Simone come partitura sonora).
Il pubblico ha dunque vissuto in tre serate di fine luglio immagini, colori e forme, movimenti e corpi, lacrime e sorrisi, ricordi intimi e orizzonti di futuro ed è rimasto colpito dalla varietà di proposte possibili che l’arte della creazione coreografica riesce a generare rispetto a una tematica comune, comprendendo l'efficacia dei discorsi e la capacità che la danza ha di provocare empatia, pensiero, suggestione e consapevolezza. Le immagini avvenute in palcoscenico dunque sono state un ponte di speranza, lo strumento per l'incontro tra l’immaginazione di chi crea e propone dall'assito e l'immaginazione di chi osserva e ascolta stando in platea: ecco perché chiudo riflettendo sul fatto che spettacoli, proposti con un tale format, debbano essere sempre più presenti negli spazi pubblici della città, così mettendo nelle condizioni l’arte di sensibilizzare un pezzo di mondo e di trasformare il cuore di chi guarda.





Estate a Napoli
Le nuove dee

Per una mitologia del quotidiano

Piccola storia di lana
coreografia Francesca Selva
danzatrice interprete Maria Vittoria Feltre

Io Chiara Tu Scura
coreografia Flavia Bucciero
danzatrici interpreti Paloma Biagioli, Elisa Paini

Piccola storia di plastica
coreografia Francesca Selva
danzatrice interprete Maria Vittoria Feltre

disegno luci Riccardo Tonelli
produzione Consorzio Coreografi Danza d’Autore
Napoli, Chiostro del Convento di San Domenico Maggiore, 19 luglio 2019
in scena dal 18 al 20 luglio 2019

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