“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Wednesday, 03 January 2018 00:00

Depeche Mode: lo spirito e la carne

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È più sensuale Dave Gahan o Martin Gore? Con questa shakespeariana domanda introduco quel grandioso evento che è, ogni volta, un concerto dei Depeche Mode. Alla mia terza partecipazione, posso confermare che il pathos e l'entusiasmo sono sempre gli stessi. Dave Gahan ricorda, per la sua energia inossidabile, Mick Jagger. Probabilmente ne sarà l'epigono. Mi sbilancio: già lo è. Il suo erotismo e la sua sinuosità sprizzano da tutti i pori e invadono lo spazio. Con la sua voce (ultra)sensuale, se lo mangia, lo spazio. Sembra un serpente, un puma, un ballerino di flamenco.

Martin Gore è invece l'anima bianca del gruppo, etereo, delicato, ma la sua voce, quando interpreta diversi pezzi, si staglia avvolgente nell'aria e delizia il pubblico con toni profondi e convincenti. Lui lo spazio se lo beve. Insieme sono qualcosa che si avvicina alla perfezione. La parte mancante è costituita dall'altro, storico e insostituibile, componente di un gruppo inossidabile, Andy Fletcher.
La strada della band inglese è iniziata nel lontanissimo 1980, quasi a voler marchiare uno dei decenni più drammatici e rilevanti dal punto di vista geo-politico − e dunque filosofico e antropologico − e più densi e vari dal punto di vista musicale (si pensi all'epifania punk, all'infiorescenza dark-gothic, all'ebbrezza new wave, alle contaminazioni world-soul-funk). La storia dei Depeche Mode è costellata di successi enormi, di capolavori sospesi tra la new wave, il synth pop, l'elettronica − con efficace uso dei remix − e il dark. Un mélange quasi sempre impeccabile, unito ad una freschezza musicale ed estetica sorprendenti. Un gruppo capeggiato da un sopravvissuto, Dave Gahan, che brilla e balla in barba ai momenti drammatici vissuti. Ecco come si spiega il loro successo vigoroso dal vivo: la musica è, prima di tutto, un'affermazione della vita; il suo variegato e brillante utilizzo e il carisma di Gahan fanno della loro musica un'arte.
A distanza di dodici anni dal primo, strabiliante concerto che vidi al Filaforum di Assago − era il tour di Playing the Angel − passando per un'esibizione bolognese rock e asciutta del 2009 − quello era il tour di Sounds of the Universe − li ho rivisti, ancora a Bologna, in occasione dell'uscita del loro quattordicesimo album in studio, Spirit, a tratti interessante, a mio avviso, e contenente − a dispetto del titolo − la loro prima canzone “politica”, Where's the Revolution. Inizia così:

You've been kept down
You've been pushed 'round
You've been lied to
You've been fed truths
Who's making your decisions?
You or your religion
Your government, your countries
You patriotic junkies

Where's the revolution
Come on, people
You're letting me down
Where's the revolution

Un testo fortemente critico e conscio delle crepe personali e collettive dei giorni nostri, che invita però a reagire:

The train is coming
So get on board...
The engine's humming
So get on board

C'è ancora un treno che passa, bisogna prenderlo, salirvi.
In due ore abbondanti di musica, attraverso alcuni pezzi del nuovo album, le hit storiche (Everything Counts, Precious, Stripped, Strangelove, Enjoy the Silence, Personal Jesus, Never Let Me Down Again, A Question of Time, tutte remixate in maniera egregia, originale e “spinta”) e l'esecuzione di gran parte dell'album-capolavoro Ultra, del 1997, il gruppo britannico in fondo non fa che dare energia e instillare entusiasmo e voglia di lottare, ove questi si fossero perduti.






Depeche Mode
Global Spirit Tour
voce David Gahan
chitarra, tastiera, sintetizzatore, cori, voce Martin L. Gore
tastiera, sintetizzatore, cori Andy Fletcher
Casalecchio di Reno (BO), Unipol Arena, 13 dicembre 2017

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