“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Saturday, 22 July 2017 00:00

Georg W. Bertam e l'arte come prassi umana

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Ben lontano dalle teorie dell'arte che insistono col differenziarla nettamente dalle altre pratiche umane, Georg W. Bertam, docente presso l'Institut für Philosophie Department della Freie Universität Berlin, ritiene invece che essa sia una componente essenziale della prassi umana, dunque debba essere collocata in continuità con le altre pratiche umane ed è soltanto in riferimento ad esse che può acquisire la sua specificità. A tale impostazione estetica lo studioso ha  dedicato il saggio L'arte come prassi umana (Raffaello Cortina Editore, 2017).

Scrive Federico Vercellone nella Prefazione al libro di Bertam che l'arte rappresenta uno snodo fondamentale tanto per la capacità quanto per la necessità simbolica dell'uomo di dotare il mondo di un significato e di un senso. "Il contributo fondamentale del volume consiste nella riattivazione di questo motivo del senso dell'arte. Il progetto di Bertam di una nuova estetica prende le mosse proprio da questa necessità impellente di reimmergere l'arte nel contesto della prassi umana dopo due secoli di un'estetica filosofica che ha dato per scontata la sua autonomia" (p. XI).
La tradizione estetica romantica, con il suo insistere sulla separatezza dell'arte ha aperto la strada alla sua autoreferenzialità. Bertam fa parte di coloro che intendono riconnettere l'arte alle altre prassi umane.
Il saggio prende il via dalla riflessione sulla teoria estetica di studiosi come Christoph Menke, convinto che l'arte trae la sua forza proprio dalla sua capacità di porsi in una situazione di "sospensione" nei confronti della vita, e Arthur Danto, che esalta l'aspetto contenutistico della pratica artistica. Bertam riprende le riflessioni di Immanuel Kant e Georg Wilhelm Friedrich Hegel ragionando circa l'autonomia e l'eteronomia dell'arte proponendosi di riattualizzare la concezione della bellezza elaborata dal primo nella Critica del Giudizio e dal secondo nelle Lezioni di Estetica.
Secondo Bertam l'arte è una prassi che deve necessariamente essere riferita ad altre pratiche umane. Sulla base del presupposto che intende la forma di vita umana come una particolare forma di vita riflessiva, lo studioso ritiene che l'autonomia estetica debba venire intesa come un aspetto della forma della prassi dell'arte. Essendo che la continua ridefinizione dell'essere umano deriva da pratiche appartenenti al genere delle forme riflessive della prassi, l'arte non può essere vista tanto come pratica specifica, quanto piuttosto come forma specifica di prassi riflessiva.
Oltre al paradigma dell'autonomia, Bertam rifiuta anche la tendenza di comprendere l'arte come evento antisoggettivo. A partire da Arthur Schopenhauer e Friedrich Nietzsche si è sedimentata l'idea che l'arte libera il soggetto in quanto sfida per il soggetto capace di determinare se stesso. Secondo tale impostazione l'arte interromperebbe la sicurezza delle pratiche sotto il pieno controllo del soggetto in grado di effettuarle ma, sostiene Bertam, anche nelle pratiche di ogni giorno autocontrollo e autodeterminazione vengono messi in discussione. Concependo la soggettività come aperta, "si può sostenere che l'arte offra un contributo al nostro diventare soggetti. Quindi nell'arte il soggetto non viene liberato da se stesso; piuttosto, è influenzato dall'arte (p. XXIV), anche se in maniera differente rispetto a quel che accade con le pratiche non artistiche.
Le opere d'arte devono essere comprese come una parte definita delle cose che compongono il mondo, ma devono essere comprese nel contesto della prassi in cui si trovano. "L'esistenza delle opere d'arte non può essere compresa semplicemente in base al fare arte e al fruire arte, e cioè a partire dalle particolari pratiche di produzione e interpretazione che noi sviluppiamo interagendo con esse. Le opere devono la loro esistenza alla totalità delle pratiche storico-culturali in cui si trovano. L'opera d'arte si distingue [da altri oggetti] in primo luogo perché la prassi in cui si trova è legata in modo particolare ad altre pratiche. Il che significa che la prassi in cui si situa l'opera è una prassi riflessiva (p. XXV, Introduzione). Si giunge così alla necessità di una nozione di riflessione in grado di intendere l'arte come prassi riflessiva; non è all'ontologia dell'opera d'arte che occorre ricorrere ma ad un'ontologia dell'arte come prassi riflessiva. Ciò significa collocare l'arte all'interno della prassi umana in modo tale da poter affermare che "l'arte come prassi riflessiva ha una sua specificità ed è al contempo connessa ad altre pratiche, senza potersi identificare direttamente con esse" (p. XXVI).
Al fine di meglio argomentare la sua concezione estetica, lo studioso ricorre ad un paio di esempi: la letteratura di Marcel Proust e la pittura di Paul Cézanne. Nella monumentale À la recherche du temps perdu, lo scrittore francese, con la sua prosa del flusso di coscienza articola una nuova esperienza in cui il soggetto si scopre fragile ed estraniato. La prosa di Proust, è da intendersi come produttiva in un senso specifico: "Non presenta in modo neutrale la soggettività moderna, ma contribuisce a svilupparla [...] la caratteristica di questa letteratura è articolare e sviluppare in un certo modo specifico momenti di una costellazione storica" (p. XXVII). La Recherche affronta una concezione della soggettività ben delineata storicamente (l'inizio del Novecento europeo) e  socialmente (l'ambiente alto borghese) e, soprattutto, "non si limita a rispecchiare tutto questo, ma contribuisce allo sviluppo ulteriore della soggettività moderna e ha quindi un carattere produttivo. La prosa di Proust è una provocazione per la concezione che il lettore nutre della soggettività e mette così in movimento una moderna concezione di sé. Ciò significa: la prosa di Proust contribuisce allo sviluppo del rapporto con sé e con il mondo" (p. XXVIII, enfasi nostra). Nell'esempio del pittore di Aix-en-Provence lo studioso fa riferimento alle nuove modalità di visione sviluppate nei suoi dipinti a partire da un'inedita modalità di lavorare sulla materialità del colore; i dipinti di Cézanne insegnano a vedere in maniera nuova a partire dalla combinazione di aree cromatiche. "Il nuovo modo di vedere, di cui Cézanne è alla ricerca, è legato all'idea che un soggetto moderno deve fondare se stesso. In questo senso, è logico che egli non rispecchi semplicemente una soggettività e la sua visione, ma cerchi con i suoi dipinti di coniarle entrambe ex novo" (p. XXVIII).
Per spiegare l'arte, secondo lo studioso, occorre chiarire due aspetti: il primo consiste nel fatto che l'arte è costitutivamente connessa a determinati elementi delle pratiche storico-culturali ed il secondo al fatto che in riferimento a tali pratiche, l'arte ha uno specifico carattere produttivo. Differenziando eccessivamente l'arte dalle altre prassi umane risulta impossibile dare conto di tali questioni, inoltre, risulta spesso poco chiaro in che senso l'arte sia produttiva in riferimento alle altre pratiche umane a causa dell'eccessiva insistenza sull'autonomia estetica e sullo spiegare la specificità dell'arte in termini "oggettuali". Tali limiti, secondo Bertam, risultano superabili se si comprende l'arte come prassi riflessiva. Così facendo risulta possibile "rendere conto del legame tra arte e prassi umana e [...] comprendere l'autonomia estetica come momento di una prassi riflessiva" (p. XXIX).
Il concetto di arte deve, dunque, essere compreso a partire dalla prassi dell'arte. Secondo lo studioso "l'arte esemplifica la totalità della prassi umana [che] è caratterizzata dal fatto che l'essere umano prende posizione rispetto a se stesso. Heidegger afferma che l'essere umano è sempre gettato in pratiche di prese di posizione. Tuttavia, deve anche affrontare il compito di interpretare autonomamente  tali presi di posizione. Il contributo dell'arte è esattamente questo: l'arte contribuisce al fatto che l'essere umano prende pozione rispetto se stesso e, quindi, cerca di determinarsi. L'arte è, dunque, una prassi che pretende di contribuire alla costituzione della libertà umana" (p. XXX).
Bertam puntualizza come nell'arte ci si realizzi con oggetti ma non per amore di essi, bensì di noi stessi. "Gli oggetti non stanno per sé, ma sono riferiti a pratiche umane. In rapporto a queste ultime devono sempre dare buona prova di sé come provocatori. Per sottoporsi a questa prova, i fruitori hanno bisogno di un'articolazione dell'idea di questa provocazione: il concetto d arte. Alla prassi aperta, cui è legata la provocazione, appartiene inseparabilmente la riflessione su cosa sia l'arte e su come funzioni, quindi anche la riflessione filosofica sull'arte. Questa costituisce, perciò, un elemento di quell'evento sempre incerto che è l'arte. Anche questo elemento deve affermarsi nell'ambito della prassi dell'arte" (p. 180).
Secondo Bertam le opere d'arte sono ontologicamente connesse alla loro interpretazione, la quale, come scrive Federico Vercellone nella Prefazione, costituisce un motivo di negoziazione dei contenuti nell'ambito dell'interazione con i fruitori. Il fruitore è interno all'opera d'arte. Così conclude Vercellone: "Nell'interpretazione ne va, per altro, anche della valutazione dell'opera, che emerge in tal modo nel suo carattere di exemplum. Tutto questo ci rinvia al legame fra l'arte nel suo carattere storico e l'ethos storico di corrispondenza. Veniamo così rinviati alla dimensione pubblica dell'arte e insieme a quella dell'arte pubblica che esalta l'interattività interpretativa. Questa interattività dell'interpretazione costituisce il cardine di quel radicale rinnovamento dell'estetica di conio ermeneutico che Georg Bertam sviluppa nel suo libro" (p. XVII).

 





Georg W. Bertam
L'arte come prassi umana

Raffaello Cortina Editore, Milano, 2017
pp. 214

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