“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Thursday, 18 February 2016 00:00

Il teatro "in toto" di Antonello Tudisco

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Across the border, storie di confine, ideato e coreografato da Antonello Tudisco, è uno spettacolo che richiede una paziente attenzione, un continuo personale contatto emotivo ed un’apertura all’accoglienza di immaginari che i sei corpi di uomini, mostrati nella loro quasi totale nudità, suggestionano. Il confine, campo di indagine del coreografo, è inteso come possibile limite che lo spazio e l’altro corpo impone ad un soggetto; è, dunque, una domanda su cosa possa creare il contatto nell’individualità e nella bellezza di un corpo. La valorizza, la distrugge, la distrae?

Queste domande hanno trovato possibili riflessioni e vie di rappresentazione nella pittura, nella fotografia, nelle arti figurative, serbatoi da cui il coreografo ha sicuramente attinto per questo suo lavoro.
Le luci illuminano la presenza dei corpi e la presenza è tutto, pochi sono i movimenti danzati, e se ci sono, sono rapidi, pochi i momenti di insieme, che non sono pensati volutamente nella definizione di un movimento corale. La situazione che nasce sul palco deriva dalla creazione di un’ambientazione in cui i corpi giacciono ed in cui ognuno, in un proprio spazio definito da una linea tracciata dal gesso, vive una sua individualità, ne esce ed incontra inevitabilmente un altro corpo in un altro spazio. Come si vive questo contatto? In modi differenti, forse anche in troppi modi: una levigazione ed uno smussamento dell’opera sarebbero sicuramente da compiersi, in modo tale da permettere al pubblico di allentare la tensione che è chiamato a reggere ed in modo tale da livellare picchi e momenti meno intensi. Sicuramente il tour che a breve inizierà la compagnia, che vedrà lo spettacolo in scena in Macedonia, in Polonia ed infine a Düsseldorf, in occasione del TanzMesse in cui la coreografia è stata selezionata, darà possibilità allo spettacolo di crescere e rimodellarsi.
I corpi entrano in scena dalla prima fila della platea, iniziano ad abitare il palco come se fosse un luogo immaginario, un luogo, appunto, di confine, in cui si mettono a nudo, eliminano i vestiti del sociale e abitano i loro corpi, lo spazio ed i corpi degli altri. Le musiche si susseguono differenti, ora liriche, ora noise, elettroniche e le situazioni, di volta in volta, cambiano. Alcuni spazi sembrano prigioni, luoghi di abbrutimento, di lontananza dall’umanità, i movimenti sono serrati, i corpi cadono al suolo, sono radicati alla terra, altri spazi, invece, sono lirici, sono momenti di poesia, il corpo si eleva spiritualmente, i gesti sono leggeri, delicati, evocativi. Mentre uno agisce, gli altri guardano, osservano, ma non sembrano ragionare, sembrano essenzialmente stare, si sentono dentro il confine e guardano, e poi agiscono con azioni caratteristiche del loro personaggio. Un pannello trasparente nel fondale permette di creare un’ulteriore zona di spazio confinato, come se fosse una gabbia, un posto di corpi in esposizione, da cui si entra ed esce liberamente. Tudisco ha utilizzato un’idea molto originale che si appella al teatro in toto piuttosto che alla sola coreografia, è una specie di format che richiama un’espressività totale, pur stando in un clima di astrattezza. Nessun gesto è canonizzato o rimanda a qualcosa di identificabile, ed anche le figure di spazio non sono mai volutamente precisate e trasparenti.
La scelta del coreografo è stata di salvaguardare le singole espressioni di singoli corpi come fonti di continui flussi d’azione, come strumento di potenzialità infinite, di strade plurime e sempre percorribili.
Il disegno luci, studiato per questo spettacolo, è fatto di chiaroscuri, come i quadri di Caravaggio, ed è creato come protezione dei corpi in scena rispetto al pubblico, tanto che in un momento, verso la fine, di completa nudità, i fari, direzionati all’altezza degli spettatori, proiettano una tale luce accecante che non permette di vedere chiaramente il sesso dei performer.
I confini sono dei limiti di storie, dei limiti di persone, dei limiti di spazi e di tempi e questo spettacolo sembra al limite di vari linguaggi artistici. Vi è una forte incisività nel non lavorare sulla danza come virtuosismo, ma sul gesto e sul movimento come presenza: piccole e rapide sono le dinamiche, brevi i processi fisici coreografici, vari gli strati ed i livelli da sperimentare.
Usare linguaggi incrociati nella coreografia di oggi è ormai moda, ma è bene vedere un lavoro attento, concentrato, ancora da migliorare, da puntualizzare e che definisce una sua linea, che ricerca una sua radice.

 

 

 

 

Across the Border / storie di confine
regia e coreografia
Antonello Tudisco
con Andrea De Marzo, Orlando Izzo, Jakob Munko, Flavio Ferruzzi, Angelo Petracca, Rino Rivetti
assistente alla drammaturgia Domenico Ingenito
disegno luci Giuseppe Di Lorenzo
musiche AA. VV.
produzione Interno5 Danza/Collettivo NaDa, Residenza Creativa Teatri Associati/Napoli
durata 1h 10'
Napoli, Piccolo Bellini, 13 febbraio 2016
in scena dal 12 al 14 febbraio 2016

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