“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Sunday, 07 February 2016 00:00

I bianchi e il nero

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Nuova produzione per la compagnia milanese PianoinBilico – nata da un’idea di Silvia Giulia Mendola ben dodici anni fa, e costituitasi in associazione culturale nel 2008 con altre cinque giovani attrici in qualità di socie – che inaugura la sua attività nel 2016 con un classico shakespeariano come l’Otello (un ritorno ad un testo classico, avendo la compagnia debuttato con la versione scenica de Le relazioni pericolose di Choderlos De Laclos, curata dalla stessa Mendola).

Questo Othello (dal titolo originale in inglese, per evitare qualsiasi rimando al capolavoro verdiano su libretto di Arrigo Boito) trova la sua struttura definitiva come risposta all’esigenza di ridurre i personaggi (e gli attori) sul palco alle coppie di Otello/Desdemona e di Iago/Emilia. Scelta di regia che nasce, oltre che dalla difficoltà di assicurarsi almeno altri quattro attori per la tournée, dalla precisa volontà di asciugare le dinamiche drammaturgiche, focalizzandosi su questi succitati personaggi, per evidenziare soprattutto le interazioni tra i poli delle diadi legittime e gli incroci fra essi. Scelta risolta felicemente con la decisione di affidare i ruoli di Cassio, Brabanzio e Roderigo ad attori non in scena: di essi si vedono solo le bocche in primo piano proiettate su uno schermo che sovrasta il palco, il tutto registrato e sincronizzato con le batture recitate dagli attori fisicamente presenti sulla scena. La parte del Doge è una voce fuori campo (anch’essa registrata) appartenente a un “nobile” rappresentante del teatro italiano: Gianrico Tedeschi, che ha contribuito amichevolmente a questo progetto.
La scena si presenta estremamente essenziale: un telone di plastica bianco che copre la parete di fondo e l’assito, due panche nere che allineate, accoppiate, separate o innalzate assolvono alle varie funzioni di scranni, letto, porta. Tutto il resto è affidato all’immaginazione dello spettatore. Stanze regali, piazze, porti, palazzi, alcove, prendono vita nell’occhio di chi guarda e sono sottratti alla consueta percezione visiva per lasciare il campo alla scenografia sentimentale delle passioni, sempre espresse con intensità. Si tratti dell’odio sordo di Iago per il suo signore, o della furente gelosia di Otello, la dimensione del tragico non conosce sfumature né intermezzi leggeri: tutto è finalizzato all’epilogo mortale, che pone il sigillo a un testo sostanzialmente fedele, seppur sfrondato di alcuni intermezzi e personaggi minori. Forse per arricchire la potenza della messinscena ci sarebbe voluta una maggiore varietà nei toni espressivi del protagonista. A fronte della partecipata e accorata dedizione della muliebre Desdemona, personaggio che mantiene inalterato il suo status emotivo (se non per un breve momento, quando esasperata rinfaccia all’amato l’ingiustificato ed esasperante comportamento aggressivo nei suoi confronti) e  della pervicace, totale e velenosa invidia di Iago, Otello mostra, dopo l’iniziale atteggiamento di autorevolezza e lealtà (alla Repubblica, all’amata, al suo personaggio di eroe) un repentino cambiamento che lo scaraventa nella disperazione più cupa e nella recitazione più esaltata. Una resa attoriale che alterna bruscamente questi due tratti caratteriali, evitando articolazioni psicologiche che avrebbero arricchito l’evoluzione dell’eroe.
L’originale commento sonoro, fatto di suoni moderni ed evocativi, si arresta proprio nei momenti in cui maggiormente la recitazione avrebbe necessitato di un sottofondo espressivo che potesse giocare di contrappunto con la complessità dei dialoghi, nei momenti, cioè, in cui avvengono i lunghi confronti tra gli attori in scena (e che per tale motivo rallentano il ritmo).
Una versione tutta giocata sulla sottrazione di elementi inutilmente aggiuntivi alla diretta descrizione delle passioni umane, dove anche i costumi sono improntati alla massima opposizione cromatica, senza possibili sfumature. Bianco l’abito di Desdemona, bianca la veste da dama di compagnia di Emilia, così come la casacca e i pantaloni di Iago. Una simbolica purezza di toni che non prevede evoluzioni di sorta (tranne che nella resipiscenza tardiva di Emilia). Otello ha invece un vestito nero che rappresenta un drastico cambiamento di tono, una conversione a “u” della sua indole, un segno visivo che prelude al colore del suo inflessibile desiderio di vendetta fin dall’inizio. Non c’è scampo all’epilogo, il “principe nero” è costretto dal fato a compiere fino in fondo l’azione cruenta che risarcisca l’infedeltà “dimostrata”, e quindi pubblica, della donna amata. Una versione, questa di PianoinBilico, che nella sua asciuttezza e concentrazione non riesce ad evitare il sospetto di una certa programmaticità.

 

 

 

Othello
di William Shakespeare
regia Alessandro Loi
con Diego Facciotti, Alessandro Loi, Silvia Giulia Mendola, Cinzia Spanò
in video Pierre Bresolin, Geremia Longobardo, Paolo Perinelli
voce del Doge Gianrico Tedeschi
costumi Maria Stefania Trovato
musiche Matteo Palladini
impianto scenico/video Giulia Venegoni, Alessandro Loi
editing video Alberto Onofrietti
foto di scena Chiara Venegoni
produzione PianoinBilico
Monza, Teatro Binario 7, 30 gennaio 2016
in scena dal 29 al 31 gennaio 2016

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