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Tuesday, 30 June 2015 00:00

Cuore di cani

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Primo full lenght (dopo due ep, Cardiocadute Ep e Canzoni per organo a cane) per un nuovo gruppo proveniente dalla provincia di Verbania, i DON Rodriguez: L’Indimenticane propone ben quattordici pezzi per i tipi della Dischi Soviet Studio, etichetta di Cittadella (PD) dedita alla promozione delle giovani realtà musicali del territorio, godendo della distribuzione di Audioglobe.

Le coordinate lungo le quali si muovono i tre componenti della band (classico terzetto di voce e chitarra, basso e batteria, cui si aggiungono le tastiere del produttore) sono quelle del nuovo rock americano dei Nineties, gravitante intorno alle coordinate geografiche e musicali di Seattle, ma forgiatosi anche negli altri centri di provincia che hanno visto nascere le fondamenta dell’alt e indie rock d’oltreoceano (tra i tanti, una certa Stockton in California, da dove hanno mosso i primi passi i Pavement). Non mancano influenze del brtitpop più grintoso (stile Blur di fine millennio), tali da costituire con la matrice americana suddetta l’amalgama sonoro di gran parte dei gruppi del rock cantato in italiano degli ultimi anni. E l’utilizzo della madrelingua si rivela una scelta distintiva per l’uso che la band fa dei testi. Le liriche non sono mai veicolo per significati chiari o narrazioni lineari, ma presentano discorsi volutamente naïf, immagini desuete, arcaismi, frasi volutamente artefatte, sempre però rispettando la struttura metrica e le rime. Nelle strofe, così come nei ritornelli, il gruppo ripropone melodie piene, cantabili e mai imprevedibili: per dire, il verso “libero” di alcune band come i Marlene Kuntz, l’attitudine a disattendere la conclusione della rima, non sembrano congeniali ai Nostri. Il peso attribuito ai testi non risiede tanto nell’assolvere alla funzione denotativa, ma nel sostenere il ritmo e la cantabilità. Meglio una rima con termini desueti e che si incolla alla perfezione alla musica che una forzata ma dal senso prevedibile.
Che poi la profondità dei testi non è una prerogativa dell’indie rock: meglio costruire brani potenti e dai riff ad effetto con testi adattati alla bell’e meglio che rallentare il ritmo e cercare la poesia a tutti i costi.
Questa divertente eccentricità non pregiudica la resa sonora e la costruzione dei brani, prodotti con semplicità ed eleganza, senza eccessivi e ricercati arrangiamenti. Il suono è schietto e diretto, in media con gli standard internazionali. Una classicità (sembra ieri, ma il grunge ha superato il quarto di secolo) che s’intravede già dall’introduzione dell’opener Primo Carnera, con basso, chitarra e voce raccolta prima che s’imponga potente il drumming e le distorsioni. Un tempo ipnotico in dodecasillabi che bene precede l’atmosfera più sbarazzina e nonsense de L’aria della città, memore della lezione di Albarn e co. (“Ci stavi a lungo in fronte al mare / anche se vivi nell’entroterra / e poi tuo nonno è stato in guerra”). Una cantabilità più affine ai campioni dell’italica radiofonia (Vibrazioni, Negramaro e compagnia bella, che – involontariamente – più di una volta fanno capolino) segna Per combinazione, brano ad ogni modo anomalo (bello l’enjambement per alludere alla Svizzera). Le ascendenze malkmusiane permeano i seguenti due brani, tra ritmi più o meno sostenuti, su cui la bella voce di Alberto V Bontà si dispiega in tutta la sua capacità espressiva. Un organo Sixties pennella i dubbi espressi nei confronti di un’amata sinistramente affascinata dalla cultura tedesca postweimeriana in L’amore al tempo di Hitler (“e come sempre troverai d’immenso gusto / tutti i soprammobili dell’epoca postimperiale”). Assonanze (“Lei è un’andina e ha le onde  / in mezzo ai capelli come ruscelli”) per un amore sudamericano d’immigrazione e di borgata, con annessa incomprensione linguistica tra spagnolo e portoghese, dipingono un quadro dalle decise tinte sociali ne L’andina, laddove l’apocalisse popolare di Caldamente consigliato assume un taglio da wave italiana declinata dai primi Litfiba. Nuvole blu è un’aerea introduzione, con tappeto di synth e arpeggio di chitarra, a La stagione degli Alisei, dove l’eredità di Pelù si fa più forte. E a fronte di liriche inusuali (“L’asse più terrestre / che mai si muove in tondo / resiste al mondo”) la melodia del cantato imbocca l’usuale sentiero dei suddetti complessi dalle ugole d’oro. L’ultimo brano – Stazione 28, illustrato anche da un video – ritrova una musicalità d’oltremanica regalandoci felici affermazioni di smarrimento di senso (“Non c’è cosa più sensata dell’idea che ho di senso / senza che la luce il frigo tutto il condimento dentro / vadano a finire dove non c’è più / l’inizio del 33 giri che ascoltavo quando ero bambino”, cose che il Sangiorgi non oserebbe mai cantare).
In definitiva I DON Rodriguez non sembrano cinici più di tanto nel giocare con la tradizione del rock cantato in italiano, dimostrando di essere una realtà dalla personalità già definita e dalle potenzialità ancora maggiori. L’indimenticane ha lasciato il segno.

 

 

L’Indimenticane
DON Rodriguez
voce e chitarra Alberto V Bontà
basso Fruvaz
batteria Bovo
tastiere Ivan Antonio Rossi
produzione Ivan Antonio Rossi
etichetta Dischi Soviet Studio
distribuzione Audioglobe
anno 2015
tracklist: 1. Primo Carnera; 2. L’aria della città; 3. Per combinazione; 4. Prefrank; 5. FRANK (lo sparo); 6. 6 Novembre; 7. L’amore al tempo di Hitler; 8. L’andina; 9. Caldamente consigliato; 10. Pensa ma prima fai un respiro; 11. Nuvole blu; 12. La stagione degli Alisei; 13. Diario di bordo; 14. Stazione 28

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