“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Thursday, 25 June 2015 00:00

The Fence in attacco con (R)esisto

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Non fatevi ingannare dal nome: 14, l’album dei The Fence è tutt’altro che prolisso e piatto. 14, distribuito e promosso da (R)esisto, contiene cinque brani che spaziano tra il pop, rock e le sonorità di “carattere”, come è il caso di Shame, primo singolo del gruppo che rappresenta un esperimento di tango rock, dalla dubbia originalità, ma interessante.

Il gruppo si forma quando Alessandro De Palma e Matteo De Biasi, rispettivamente voce e chitarra, si incontrano con Federico Favaro e Claudio Falcaro: da subito l’incontro è fruttifero e i quattro decidono di far incrociare le loro strade in un percorso creativo che li porterà a realizzare in poco tempo un numero considerevole di pezzi inediti ispirati dalle liriche scritte in lingua inglese da Alessandro.
Il gruppo raggiunge la massima maturazione quando entra ufficialmente a farne parte Alessandro Tagliapietra alle tastiere, grazie alla sua esperienza non solo di musicista, ma anche di esperto fonico.
Un album, 14, essenziale nelle sue cinque tracce e che non ha nulla da invidiare agli EP di tredici brani in quanto i The Fence riescono a spaziare nei generi e nelle atmosfere. Con lavoro certosino vediamo più da vicino il loro lavoro traccia per traccia.
Si inizia con All That Matters to Me, brano estivo direi, dalle atmosfere vivaci e allegre, come a dire: “Avrò mille problemi ok, ma chi se ne frega”. La melodia è piuttosto scarna e semplice, elemento che da vantaggio potrebbe trasformarsi in punto di debolezza a causa del carattere un po’ ripetitivo.
Stessa pecca potrebbe avere la seconda traccia, Don't Be Sad, sicuramente molto pop come brano. Si tratta di una delle canzoni più radiofoniche, forse la più radiofonica, dell’intero album: l’inno a non essere triste ti entra nelle orecchie e non va più via, ma se il rischio della tristezza viene scacciato via, l’ascoltatore potrebbe ritrovarsi un po’ stanco e stufato nel finale della canzone, sorretta invece da una buona intro e da un buon attacco.
Arriviamo a Nowhere Land, la mia preferita, senza se e senza ma: bella intro, un assaggio di elettronica che crea l’atmosfera giusta nei suoni del basso e della chitarra. L’ascoltatore in questa terra di nessuno si troverà a proprio agio: il brano restituisce perfettamente un mondo, quello degli anni 80 di gruppi come gli Alphaville, in tutte le sue sfumature.
La quarta traccia è Shame, sperimento di tango rock – genere che apprezzo molto – ma non tanto originale. La canzone parte con un attacco alla My Baby Shoot Me Down, per poi aprirsi definitivamente e virare verso le sonorità di Astor Piazzola e richiamare Grace Jones e la sua I’ve Seen That Face Before (Libertango), in una versione certamente più rock ed attuale. Il videoclip di Shame vede come protagonista la campionessa di tango Nicoletta Pregnolato e questo contribuisce e aiuta il pezzo a decollare, anche se il finale stona un po’ col resto della canzone, elemento che in fin dei conti risulta essere quello che dà maggior originalità al brano.
Si chiude con la quinta traccia, Run and Hide, quella che preferisco meno – mi perdoneranno i The Fence. Lo stile è pomposo, da kolossal quasi: un ritmo che cresce, cresce, promette, promette ma non mantiene le sue promesse. Un ritmo incalzante che mette quasi ansia all’ascoltatore: la canzone sembra non “partire” mai.
Un album particolare nel complesso e interessante. I punti di forza sono certamente l’essenzialità, l’eterogeneità dei suoni e del mood, e la commistione di vari strumenti e suoni assolutamente ben dosata: ho apprezzato molto la ricerca del suono pulito e armonioso.
Mi metto però adesso la maschera da strega cattiva e tra i punti di debolezza che ho riscontrato nell’ascoltare il lavoro dei The Fence, la voce di Alessandro è la prima cosa che mi è balzata all’orecchio: spesso risulta “informe” e troppo monotona, priva di una propria personalità forte.
Una band comunque da tenere d’occhio e che vanta una lunga attività live, non solo suonando in vari locali e manifestazioni ma pure partecipando, con successo, in vari contest a livello sia locale che nazionale.
Staremo a vedere se in futuro suoneranno in difesa o in attaco.

 

 

 

 

14
The Fence
voce
Alessandro De Palma
chitarra e voce
Matteo De Biasi
basso
Claudio Falcaro
tastiere
Alessandro Tagliapietra
batteria
Federico Favaro
etichetta
(R)esisto Distribuzione
tracklist:
1. All That Matters to Me; 2. Don't Be Sad; 3. Nowhere Land; 4. Shame; 5. Run and Hide

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