“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Tuesday, 21 April 2015 00:00

Una goccia pura in un oceano di rumore

Written by 

Era l’ormai lontano 1997 quando venni improvvisamente catapultato nella provincia toscana per svolgere l’allora obbligatorio servizio di leva. In realtà, professandomi obiettore di coscienza, avevo astutamente individuato un efficace escamotage per ritardare l’inevitabile chiamata, e anche per rendere meno impossibile da accettare il fatto di dover regalare dieci mesi di vita alle imposizioni legislative. All’epoca nel mio Kenwood con frontalino estraibile c’era fissa una musicassetta registrata da un mio collega di sventure, il quale me l’aveva passata come fosse il Sacro Graal. Sul bordo della custodia c’era scritto in bella calligrafia un nome che mi diceva poco, anzi, per la verità, mi era completamente sconosciuto.

Per svariate settimane, a bordo della mia claudicante Golf GL, durante i viaggi che mi trasferivano in alternanza dalla mia terra d’origine alla provincia che diede i natali a Leonardo, mantenni il volume di quella cassetta al minimo. C’era qualcosa che mi inquietava e attraeva allo stesso tempo in quella voce sottile e potente, e cercavo di starne lontano, di tenerla lì quasi in disparte, con quello strano sentore di aver trovato qualcosa di prezioso e di non volerlo far sentire a nessuno, preservarlo da orecchie inconsapevoli, forse anche le mie, ancora incapaci di rendergli merito. Qualche mese dopo il mio pusher di musica fiorentino mi invitò a seguirlo ad una Festa dell’Unità in un’amena località nelle vicinanze, in cui nome mi pare fosse Marea: “Francè, c’è una ragazza che scrive e canta da Dio e che ti piacerà sicuramente, se ti è piaciuta quella cassetta che ti ho dato”. Quella sera di luglio pioveva parecchio e sotto al palco eravamo non più di una cinquantina di piedi a sguazzare nella fanghiglia con scarpe inadeguatamente estive. Fu allora che feci il mio primo incontro con quella ragazza che cantava e scriveva da Dio, e che, in effetti, in quel modo di scrivere e cantare molto ricordava quello strano tipo con la voce da usignolo che stazionava incontrastato ormai da mesi nella mia autoradio. Le prime parole furono di ringraziamento per aver resistito alla pioggia sotto i rari ombrelli pur di ascoltare le sue canzoni. Poi iniziò a cantare.
Sono passati diversi anni, ma evitiamo di contarli. Stasera sono al Lanificio 25 di Napoli, stavolta al coperto, per ascoltare di nuovo Cristina Donà, che, in duo con Saverio Lanza alla chitarra e al piano, presenta in veste acustica il suo nuovo lavoro, Così vicini. Fin dalle prime note ritrovo la scrittura intima e diretta della cantautrice di Rho, incorniciata da quella voce strepitosa e quel modo di usarla così personale e diverso, caratteristica che le ha permesso fin dagli esordi di distinguersi da quanto già sentito e di esplorare mondi inusuali per il cantautorato al femminile nostrano. Le nuove tracce, rispetto al passato, pur ricalcando le peculiarità che da sempre hanno contraddistinto la scrittura della Donà, hanno un approccio più essenziale anche nelle melodie, per ritornare, come lei stessa ammette, ad un “guscio di silenzio, di sospensione, per ritrovare un’intimità con quello che ci circonda”. Non che questo sia un passo indietro, un ripensamento di quanto fatto in passato, quando la scrittura musicale era certamente più articolata e complessa, ma semplicemente un’esigenza di avvicinamento al pubblico, un tentativo di coinvolgere in maniera più diretta e senza troppi fronzoli il suo principale interlocutore, di ristabilire la dimensione umana nell’era dello streaming e della perpetua, spasmodica ricerca di una connessione web. Il piglio da rocker rimane inalterato, anche in versione umplugged, ma forse ora c’è un bisogno maggiore di esprimere mondi rimasti inesplorati o, semplicemente, venuti a galla da nuove consapevolezze personali con cui prima o poi tutti dobbiamo fare i conti.
Come sempre Cristina stabilisce un contatto diretto col pubblico dei suoi concerti, interagisce con i presenti, scherza, racconta, invita sul palco a cantare con lei, riuscendo così a non essere la musicista che vende il suo lavoro, ma l’artista che condivide il suo mondo. E questa condivisione si esalta quando come una sorta di juke box risponde alle richieste di bis, eseguendo alcuni dei brani che l’hanno resa nota, da Ho sempre me, a L’aridità dell’aria, da Miracoli a Universo, a Invisibile. In conclusione due piccoli omaggi: il primo ai Beatles  con una versione di Accross The Universe che fa molto Fiona Apple. L’altro a quello strano ragazzo con la voce da usignolo e alla sua Grace, a ricordarmi quel 1997 quando una musicassetta anonima mi fece conoscere Jeff Buckley, e quando una serie di fortunate ed irripetibili coincidenze, in una serata piovosa, in un paesino sperduto tra le colline del Chianti, mi fecero conoscere Cristina Donà.

 

 

 

Cristina Donà
Così vicini, special acoustic live
voce e chitarre
Cristina Donà
chitarra, piano, backing vocals Saverio Lanza
Napoli, Lanificio 25, 17 aprile 2015

Leave a comment

il Pickwick

Sostieni


Facebook