“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Thursday, 26 March 2015 00:00

Il cielo incontrò il Mare, Verticale

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Dietro ogni inizio, esordio, opera prima o anche inaugurazione, c’è sempre una certa emozione e attesa: con trepidazione si attende ad esempio l’uscita dell’album dei Muse, piuttosto che il prossimo colpo dei Pink Floyd o dei Rolling Stones.
Nonostante non si tratti di un gruppo blasonato e strafamoso alla massa, per i quali spesso la critica riserva un trattamento al vetriolo, credo che anche per i piccoli gruppi locali che iniziano un percorso artistico con la speranza di essere ascoltati, oltre che sentiti, dalla gente, il disco d’esordio rappresenti un momento molto delicato e che rappresenta, nel bene o nel male, una tappa importante se si vuole iniziare un percorso artistico.

Precisiamo: si fanno immani cazzate in gioventù, ma l’esordio rappresenta anche la manifestazione più pura e sincera della propria vena artistica.
Per tutta questa serie di motivi, mi sono approcciata più delicatamente del solito all’album Uno del gruppo romano Il Mare Verticale, forse anche perché Uno è il titolo di una delle mie canzoni preferite dei Marlene Kuntz – nonché del loro settimo album – ragion per cui, ho seppellito l’ascia di guerra e i pregiudizi e mi sono armata di una grande curiosità verso questo progetto.
Ho trovato già molto interessante il nome del gruppo, Il Mare Verticale, che oppone due elementi in antitesi tra loro: il mare, notoriamente percepito come tavola orizzontale che tende all’infinito, e la verticalità del cielo che a sua volta tende ad un altro infinito che corre in una direzione opposta. La musica del gruppo non manifesta però questa opposizione intrinseca, anche perché è solo antitesi apparente: mi piace pensare che l’incontro tra il cielo e il mare rappresenti il luogo del massimo infinito possibile, dove l’orizzonte/ale incontra il suo corrispettivo verticale, il cielo: un luogo di pace e tranquillità, come la musica di Francesco, Mauro, Marco e Luca, i quattro ragazzi che a Roma hanno dato vita a questo progetto di musica alternative downtempo.
Prima di pensare al peggio, non si tratta di una parolaccia tranquilli: si tratta di un genere di musica elettronica, sognante, per lo più strumentale e con poca presenza di voce – anche quella delicata – che spesso viene associata alla più famosa musica ambient, genere che viene disprezzato e considerato come “minore”, adatto solo ad essere da sottofondo al bagno in vasca Jacuzzi.
Nulla di tutto ciò, o meglio, sicuramente viene spesso utilizzata come suono di fondo, ma ha un valore più profondo di quello che si possa pensare: si tratta di un tipo di genere e musica intimistica che riesce, quando fatta bene, a toccare le corde più profonde di chi ascolta.
L’album de Il Mare Verticale, prodotto dalla New Sonic Records e uscito pochi giorni fa, è proprio un elogio a questa tipologia di suono che ha, e ha avuto, esponenti illustri: mi viene da pensare in primis a Moon Safari degli Air e ai Mogwai.
L’album è davvero molto inteso seppur nella sua brevità: Tokyo è un brano dolce e delicato del quale restano impressi alcuni passaggi in particolare come: “Il mondo non perderà di te l’odore”, anche se non è il mio brano preferito.
Si passa a I Non Luoghi del cuore, molto impalpabile, dai suoni tenui che vengono scanditi di rado da una voce che ricorda un po’ il Federico Zampaglione prima maniera per la delicatezza del timbro.
Arriva finalmente la mia preferita: Spuma. Si tratta di una canzone che, oltre ad avere un chiaro legame col nome della band, ed evidentemente con il loro concept per i richiami al “mare che libera”, è un brano dalle sonorità allegre, estive quasi, che si distingue a mio avviso rispetto alle altre tracce che, per chi non è avvezzo a questo genere, potrebbero sembrare un po’ ripetitive.
Si continua con Elaborando, una canzone che è essa stessa in “elaborazione” perché inizia con un attacco cupo e dark, ma che continua in un crescendo progressivo che si lascia seguire benissimo.
Uno si chiude con Presente, il brano che trovo più debole dell’album forse per il mood davvero troppo lento e il testo che non ti entra dentro.
Ho trovato il lavoro d’esordio di questi coraggiosi musicisti davvero interessante e originale per la musica prodotta in Italia: l’impressione che si ha è che nulla sia fatto per caso, a partire dal nome della band, dell’album e le due tracce. Tutto sembra essere la parte di un tutto, di un progetto complessivo che ha un direzione ben precisa e che parte da un album che ne segna in modo inequivocabile l’origine: Uno.

 

 

 

Uno
Il Mare Verticale

voce e chitarre Francesco Mauro
sintetizzatori e tastiere Marco Dardanelli
basso Alessio Mazzeo
batteria Luca Calabrò
produzione Fabio Grande, Il Mare Verticale
etichetta New Sonic Records
tracklist:1. Tokyo; 2. I Non Luoghi; 3. Spuma; 4. Elaborando; 5. Presente

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