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Wednesday, 15 October 2014 00:00

Metti una sera sul vulcano

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Vivi Vesuvio è un’associazione no-profit naturalistico-culturale che si prefigge di promuovere e valorizzare il territorio del Vesuvio ed il suo patrimonio artistico, storico e archeologico.
È quanto apprendo dalla locandina, che pubblicizza la manifestazione, postata su Facebook. Tale nobile intento, unito, per la verità, all’attrattiva che da sempre esercita su di me la prospettiva di strafogare panini con salsiccia, bere birra e ascoltare musica live, è bastato a convincermi a prendere parte alla prima serata  dell’evento. In programma ben tre gruppi − gli Shak & Spears, i  Pennelli di Vermeer e i Freak Opera − e la guest star fresca di recente partecipazione al programma di Rai Due The Voice, Valerio Jovine.

Le indicazioni per raggiungere il luogo del concerto sono abbastanza chiare; la realtà è che Google Maps e Francesco Affortunato non hanno mai avuto un buon rapporto. Se a questo si aggiunge la circostanza che l’organizzazione ha dimenticato di indicare il buio budello entro il quale immettersi, eccomi servita la giustificazione che, tra retromarce e imprecazioni, già preparo per controbattere al sicuro cazziatone che riceverò domani dai miei esimi, tirannici capi. La fortuna, per fortuna, mi viene in soccorso: all’ingresso del parcheggio, l’addetto alla corretta ubicazione degli automezzi mi informa che il concerto non è ancora iniziato a causa di imprevisti ed imprevedibili problemi tecnici. 
“Bene” – penso – “conserverò la scusa per future mancanze”.
Mentre tergiverso in queste profonde riflessioni, un simpatico giovanotto in casacca catarifrangente e con un panino mezzo smozzicato nella mano destra, mi invita a salire sul suo camioncino pronunciando queste parole:  “Hai mai donato?”. Io nemmeno rispondo, metto la mano in tasca e tiro fuori il bollettino della Tasi fresco di bonifico. Il tizio muta velocemente il sorriso in una smorfia di compassione, alza le mani quasi a scusarsi, e torna ad addentare la porchetta. Da qui in poi il percorso è segnato dalla presenza di appariscenti luminarie: spengo finalmente Google Maps.
Sono dentro. La location è ricavata su di un terreno bonificato grazie all’impegno di tante persone che per una volta testimoniano che dalle nostre parti c’è chi ha a cuore il proprio territorio. Scenografia scarna e minimal, un palco, qualche stand e poche luci: atmosfera intima a stretto contatto con la natura ritrovata. Sono le 21:30, all’incirca, e ho già un certo languorino. C’è ancora poca gente. Decido di prevenire la zuffa di venturi affamati astanti, e mi catapulto sullo stand dei panini. Ordino e mi accomodo su di una panca sbilenca, aspettando l’inizio del concerto. Fa un po’ freddo. Fa un po’ troppo freddo, considerato il mio outfit. Del resto siamo in montagna, dovevo aspettarmelo, anche perché gli organizzatori raccomandavano scarpe comode e vestiti adeguati. Colpa mia. Cerco di non pensarci. Dal palco, intanto, i primi segni di vita. Mi desto e faccio per avvicinarmi. Dal microfono sento: “Sa sa, unduettrè, prova, sì sì, prova!”. Questa volta in soccorso giunge la mia proverbiale arguzia, che mi suggerisce che, molto probabilmente, è semplicemente in atto il soundcheck. Fa freddo, ancora. Prendo un’altra birra, aiuterà. Dal palco, di nuovo, una voce, femminile stavolta: Maria Silvia Malvone (frontgirl dell’evento) invita ad avvicinarsi. Il concerto ha finalmente inizio.
I Freak Opera li ricordo, in un recente passato, ad una rassegna sulla musica di De André organizzata da PompeiLab. In quell’occasione erano spaiati e presentavano alcune versioni dell’indimenticato maestro genovese. Tra le altre, quella sera, colpì proprio l’esibizione di Rocco Traisci, cantante della band, per la sua forte vocazione cantautorale, che però, nel caso di un tributo, può essere semplicemente un adattamento studiato. In realtà tale vocazione trova conferma ed anzi, ne esce rinvigorita, dall’esibizione offerta nell’interpretazione di brani originali: una presenza scenica quasi teatrale, un’espressività che sembra essere creata appositamente per svelare il dramma della vita, un’attitudine che riesce a farsi portavoce del rock grezzo ed essenziale della band.
Un buon inizio, non v’è dubbio. Ma continua a far freddo.
I Pennelli di Vermeer, subito a seguire.
Avete mai sentito qualcuno che mischi il reggae, col funky, col rock, con l’operetta? Ebbene, nemmeno io, prima di stasera. Bravi, verrebbe semplicemente da dire, perché è difficile far capire come e cosa suonano questi baldi giovani. Originali, certamente, e già questo non sarebbe affatto poco. L’originalità, invero, spesso viene un po’ appiccicata a forza, cercando di nascondere quella che è la caratteristica comune a molte band dal sound “originale”: la confusione. I Pennelli, invece, sono lucidi, sanno come maneggiare le loro idee, e non le sciupano, riuscendo a mettersi, invece, al servizio della loro vena compositiva. Il risultato è, come detto, qualcosa di non ascoltato e che ha delle potenzialità espressive finora inesplorate.
Piccola pausa. Il freddo non demorde. Sono alla terza birra, ma non ottengo benefici sulla percezione climatica. Sento battermi sulla spalla. Mi giro e vedo un pinguino che mi chiede in prestito la pashmina. Stropiccio gli occhi. Non è un pinguino, ma un’amica che ha generosamente scelto di accompagnarmi stasera, ma che vuol restare anonima per motivi di privacy. Mi deprimo all’idea che ormai, alla mia non più giovane età, tre birre possano provocarmi allucinazioni di questo genere. Poi un odore familiare raggiunge le mie narici e riaccende antiche reminiscenze di foglioline essiccate a sette punte (a tal proposito, mamma, nel caso in cui dovessi leggermi, sappi che non ho mai aspirato!).
Intontito più dai ricordi che da reali conseguenze inalatorie, mi ascolto gli Shak & Spears, che, a parte una lieve personale idiosincrasia per il cantante, non lasciano altre impronte di particolare rilievo. Un folk/rock in salsa irish, tutto sommato gradevole, con qualche momento di forte simbiosi aggregativa dovuto per lo più ad orecchiabili riff vocali, ma che hanno, per l’appunto, una presa sul pubblico forte ma temporanea, non riuscendo ad imprimersi nella memoria a lungo termine.
Intermezzo, prima dell’epilogo, in cui Maria Silvia racconta l’iter che ha portato alla nascita di Vivi Vesuvio, invitando sul palco il padre, Alfredo Silvio Malvone, artefice materiale di questo piccolo miracolo napoletano.
Il finale, è tutto raggae. Jovine sul palco a svisare rime in echo, riverbero e trombe da stadio. Qualche cover (Like A Virgin, Il cielo in una stanza) che l’ha reso noto in tv, alternata a brani originali (‘O Raggae 'e Maradona, Napulitan), il tutto condito da quella energica presenza scenica che lo ha contraddistinto fin dagli esordi, e dalla capacità di cambiare timbro a proprio piacimento. Me so’ scetato 'e tre, ci accompagna verso la conclusione della serata, e mi ricorda che l’indomani dovrò svegliarmi presto.
Bella serata che nasce da belle idee. La fretta non ha permesso un’organizzazione impeccabile, ma questo è un peccato veniale, se si considerano i tempi, il contesto e le difficoltà. Non resta che augurarsi che questo diventi un appuntamento fisso, e che ci si ritrovi ogni anno insieme per Vivere il Vesuvio.
Magari in estate, perché no?
La gente comincia a defluire, è ora di andare. Raggiungo il parcheggio, carico sulla macchina il pinguino, e me ne torno a casa.

 

 

 

 

 

Vivi Vesuvio Festival
Freak Opera
chitarre, piano
Klaus Klaski
voce Rocco Traisci
basso, flauto traverso, diamonica Ilaria Scarico
violino, back vocals Antonia Harper & Dario Patti
percussioni, batteria Giovanni Volpe & Vincenzo Miele
chitarre Mario Paolucci


Pennelli di Vermeer
autore, voce, compositore, chitarra acustica
Pasquale Sorrentino
voce Stefania Aprea
batteria, backing vocals Marco Sorrentino
piano, organo, moog Raffaele Polimeno
chitarre Pasquale Palomba
basso elettrico Maurizio D'Antonio

 
Shak & Speares
voce, chitarra, piano, ukulele
Louis 
backing vocals Max Clarinet
percussioni Frank Drum

 
Jovine on the riddim
voce
Valerio Jovine

 

Boscotrecase (Na), Albergo Sirio, 10 ottobre 2014

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