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Thursday, 02 October 2014 00:00

È l’ascoltatore che deve piangere, non Gianni Togni

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Se sei un ventisettenne del 2014 e a volte senti una inspiegabile ma connaturata esigenza di ascoltare Gianni Togni, forse hai un problema. Soprattutto se non ti limiti a quell’unica canzone di successo intitolata Luna, che nessuno ricorda finché non dici “e guardo il mondo da un oblò”, ma ti addentri in pezzi che conoscete giusto tu e Gianni Togni. Forse la madre, va’. Ma l’importante è averne coscienza e proseguire tranquillamente l’ascolto, perché in fondo lo sai che si tratta solo di una piccola parentesi di un animo ben più grande che di musica, diciamoci la verità, ne capisce...

Pavoneggio Time. Che poi, se sei un tredicenne del 1999 e ascolti Luigi Tenco, sempre un problema hai, però almeno non te ne vergogni, anzi, per gli altri sei degno di nota, prometti bene. Fa un po’ ridere, tra l’altro, scoprire che secondo Wikipedia Gianni Togni sarebbe un Pop Rock, un’assegnazione di genere che crea uno spaesamento pari solo a quella stramba idea che Gelato al cioccolato potesse essere Pop Denz. Pop Rock sono stati i Beatles nei 60’s, i Queen nei 70’s, Bruce Spingsteen, Michael Jackson, i Police negli 80’s. Per non parlare degli U2, grandissimi. Insomma, chiunque ma non il buon vecchio Gianni Togni, diciamoci la verità.           
Il problema è che la musica italiana è sempre stata un po’ particolare. Mentre nel 1981 David Bowie e Freddie Mercury  scrivevano Under Pressure, in Italia Loretta Goggi cantava Maledetta primavera. E quando gli U2 nel 1987 pubblicarono quello che è stato forse il loro album più celebre, The Joshua Tree, col quale scalarono le classifiche di tutto il mondo, Albano e Romina Power presentavano Nostalgia canaglia che vi prego di ascoltare immediatamente. Lo so che la conoscete ma ogni tanto ci vuole:


 http://youtu.be/T_rh9O1ZuzM

Certo, l’Italia ha sfornato anche Battisti, Mina, De André, Dalla, De Gregori, ma ho scelto di affrontare quello che nella mia immaginazione sta triste a casa buttato sul divano a piangere il suo fallimento.
Gianni, non sei un fallito, io ti ascolto, e sto scrivendo un articolo su di te invitando tutti ad ascoltare le tue canzoni.             
Dai ragazzi, lanciamoci in quello che in fondo risiede un po’ in tutti noi, bisogna solo capire in che misura ma anche, e soprattutto, con quali requisiti di partenza. Quando spunta beatamente fuori il popolano primitivo che ci dimora dentro, ogni lodevole riferimento di cui ci siamo nutriti, se ce ne siamo nutriti, e che costituisce sin da sempre una verità indiscussa, si fa improvvisamente da parte per lasciare spazio a tutt’altro. Questo incredibile e consapevole passaggio può dirsi fondamentale per la definizione non solo di noi stessi ma anche di quello che ascoltiamo. Ed è solo allora che Gianni Togni diventa realmente e pienamente Pop Rock, perché entra a far parte di un altro e preciso registro dove i modelli di riferimento scompaiono e tutto assume una bellezza arcaica, superata ed assoluta (volendo essere precisi, il termine Pop Rock ingloba una categoria estremamente generica in cui inserire buona parte della musica leggera a diffusione commerciale, quindi la polemica sin da subito non sussisteva ma era importante ai fini del discorso).
Non si sentano dunque chiamati in causa i fan sfegatati di Gianni Togni che non ascoltano nient’altro dalla mattina alla sera, perché è per opera loro, e di tutti coloro che lo odiano, che egli non può che restare avviluppato su se stesso, mostrandosi solo per ciò che è, ovvero un cantautore italiano che è riuscito ad ingarrare un pezzo, Luna, e viene ricordato solo per quello, giustamente. Mi rivolgo invece a chi possiede la competenza di distaccarsi consapevolmente da tutto ciò che potremmo definire “di qualità”, per scegliere di affacciarsi su qualcosa che solo in maniera secondaria ha a che fare con la Musica in sé, quella con la emme maiuscola, e la cui centralità sta in una percezione concettuale di ampio respiro, il più delle volte autoprodotta dall’ascoltatore. Rivolgersi alla musica italiana degli anni '70-'80 guardandola dalla finestra del 2014 è un’operazione decisamente nostalgica, è un po’ come pensare alla propria infanzia, quando si era praticamente ignari di tutto, persino di se stessi. Certo, si potrebbe dire che ogni uomo della storia ha dedicato pensieri alla propria fanciullezza, lo ha fatto nei secoli passati e lo farà senz’altro anche in quelli futuri, dunque perché mai scomodarsi tanto ad elevare Gianni Togni se finirà per assumere lo stesso valore esistenziale di Robin Williams. Ma è qua che vi sbagliate: bisogna necessariamente tener conto della grandezza indiscutibile di questo particolare scarto generazionale che abbiamo la fortuna di vivere.        
Il Novecento non è mica un secolo qualsiasi, è il XX secolo, il secolo delle grandi scoperte scientifiche, del progresso tecnologico, è il secolo che ha fatto da ponte tra quella che era ancora un’epoca antica e quella che è la modernità. E allora, riformulando, rivolgersi alla musica italiana degli anni 70-80 guardandola dalla finestra del 2014 è un po’ come pensare a quando non c’era lo scaldabagno e per farsi un bidet si riscaldava l’acqua nel pentolino. Un parallelismo anacronistico, lo so, difatti è nato prima lo scaldabagno che Gianni Togni, però per alcuni Gianni Togni è uno scaldabagno, ma non era questo il punto, non so neanche se esiste un punto. So solo che abbiamo preso Gianni Togni a rappresentanza di un genere/epoca, se volete prendiamo Riccardo Fogli, quello che abbandonò i Pooh sotto il cattivo suggerimento di Patty Pravo, o anche Drupi, quello che sembra Romano Prodi in versione nonno di Pocahontas. Mettiamocene all’ascolto, lontano dai pasti, facciamone un discorso di storia nazionale e lasciamo che questo passato un po’ superato, che ha fatto innamorare i nostri genitori con la sua spiccata orecchiabilità e i suoi testi e ritmi poco elaborati, per non dire troppo semplici, di tanto in tanto accompagni il consueto ordine temporale delle cose. Non si possono scomodare continuamente i mostri sacri della musica italiana. Chi vi conosce lo sa bene che siete degli intellettuali appassionati di cantautorato e che recitate De André a memoria, persino al contrario lo sapete cantare, ma chìssene. Non c’è mica bisogno di dimostrarlo sempre. Non si annulla mica tutto il vostro bagaglio culturale se vi viene da muovere il piedino con Semplice:     


                                                                  http://youtu.be/JOB4mLUOt2A

 

Anzi no, fatemi vedere piuttosto se vi emozionate col tittìritìrittìri di Chissà se mi ritroverai, si parea:    
 

                                                                  http://youtu.be/RY9zmY8sReA

 

Facciamolo per Gianni Togni, che è stanco di essere ricordato solo a I migliori anni di Carlo Conti.

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