“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Thursday, 19 June 2014 00:00

God Macabre: Il Death Metal, fortunatamente, è morto

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Il Death Metal importa a pochi. Non è un genere importante, non lo è mai stato e non ha mai avuto la pretesa di esserlo. Il Death Metal ha detto tanto, si è venduto alla tecnica e alla complessità per cercare di esser maturo e di competere con altri generi, ma è rimasto schiacciato nella lotta. Il Death Metal è musica adolescente ed adolescenziale. Il Death Metal odora di marcio, è un cibo di scarto, una frattaglia, un’eruzione cutanea piena di pus. Il Death Metal lo trovi nei congelatori a forma di vinile di coloro che oggi hanno superato i trent’anni. Il Death Metal, quello che va dalla fine degli anni '80 sino a primi anni '90. Quello con le copertine raffiguranti zombies dilaniati, cimiteri, obitori, collage di resti umani e figure decadenti. Quello con la doppia cassa in overdose da caffeina, con le chitarre dai suoni bassi ed involuti e le voci intestinali.

Il Death Metal, fortunatamente, giace sotto vari piedi di terra. Sì, il Death Metal è morto e si può sublimarlo solo nell’atto della riesumazione. Tutto ciò che oggi si suole definire tale è un qualcosa di confuso e troppo evoluto e ricercato; in poche parole è altro.
Muniti di guanti in lattice e mascherine, gli addetti della americana Relapse Records hanno passato al vaglio varie fosse comuni sonore. Pochi attrezzi contundenti per aprire casse lignee e riportare alla luce i resti di ciò che non è più. I resti in esame provengono da Vålberg, Svezia, una piccola zona che conta poche migliaia di abitanti. Quei resti appartengono ad una delle prime Death Metal band del continente europeo, i God Macabre e all’unica release prodotta che porta il titolo di The Winterlong…
Il lavoro in questione, venuto ad essere il 13 dicembre del 1993, non riscosse i meritati consensi e divenne, nel giro di pochi anni, un vero e proprio album di culto. Fu dato alle stampe dalla tedesca M.B.R. Records, piccola etichetta indipendente che avrebbe chiuso subitaneamente i battenti e che supportò il disco così come la corrente di un torrente supporta un salmone che è intento a risalirla. Questo però, preservò i God Macabre da condizionamenti.
Di assoluto valore storico, per il genere estremo tutto, The Winterlong… nella sua forma originaria, si componeva di sette pezzi per una durata complessiva di ventisette minuti, cosa che lo rendeva particolarmente appetibile ed immediato. Diretto come un fendente ben assestato e con continui rimandi a tempi lenti, come il corso di un verme su carne morta. L’album è pura poesia marcescente. Non vi è rimando alcuno o impeto teso ad essere un qualcosa di diverso da ciò che è. Sette tracce composte in cantina o in una sala prove povera, magari per combattere le temperature rigide dei pomeriggi post-scolastici, questo era ed è ancora tale lavoro: un concentrato di sola passione, di ammirazione verso un genere che tende all’emulazione dei propri miti e che in questo caso si riprodusse in maniera particolarmente genuina.
The Winterlong… passa con disinvoltura dalla crepuscolare Into Nowhere all’assalto feroce della gemma Spawn Of Flesh, concedendosi anche il lusso (erano davvero altri tempi) di lasciare due tracce completamente strumentali, riaccordandosi così con la tradizione che vuole il brano strumentale nel Metal album. Un particolare merito va ai temi trattati, infatti nonostante la giovane età i God Macabre non scrivono di fiction da B-Movie, come la stragrande maggioranza dei loro colleghi di genere. I temi degli svedesi, anche se con molta semplicità, vanno a mettere in primo piano il sogno, il sogno genuino di una società libera da condizionamenti religiosi e dal ricorso alla carne come forma alimentare. In questo senso Spawn Of Flesh, nella sua descrizione di un mattatoio e delle torture offerte all’interno di esso, è esemplare. Sono tematiche che attraverso il negativo portano in primo piano problematiche sentite; a metà strada tra gli impeti rivoluzionari e le soluzioni romantiche ed ideali di chi non ha ancora conosciuto alcuna forma di disillusione.
Questa ristampa, mantiene intatto tutto il fascino del disco e aggiunge qualche traccia bonus che lascia il tempo che trova e che non merita un nuovo acquisto. L’importanza di una operazione come questa, sta nel riportare alla luce un culto, un qualcosa assolutamente privo di ogni calcolo. Spontaneo come un’erbaccia che nasconde una foto su una lapide. Essenziale come lo stato da cui il Death Metal prende il nome.

 

 

 

God Macabre
The Winterlong…
guitars (rhytm) Ola Sjöberg
guitars (lead), mellotron, bass, songwriting Jonas Stålhammar
vocals, lyrics Per Boden
bass Björn Larsson
drums Tobias Gustafsson
etichetta Relapse Records
anno 2014 – (ristampa 1993)
tracklist 1. Into Nowhere; 2. Lost; 3. Teardrops; 4. Ashes of Mourning Life; 5. Spawn of Flesh; 6. Lamentation; 7. In Grief; 8. Life’s Verge (Bonus); 9. Consumed by Darkness (Bonus); 10. Cased to Be (Bonus); 11. Spawn of Flesh (demo)

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