“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Sara Scamardella

Buono, fino a morirne

Avvicinatevi. Prendete un biglietto. Non vi spaventi il freddo o il maltempo. Chiudete i cappotti, scendete giù in sala, tra le poltrone blu, fino al palco e lasciatevi riscaldare dallo spettacolo. “Perché noi questo teatro lo vogliamo!”, come grida una signora della prima fila agli attori. “Ripeta, la prego” le risponde uno degli attori chiedendo una replica alla spettatrice. “Vogliamo questo teatro, vogliamo il teatro”.
Finalmente ha riaperto il TAN, il teatro messo in un angolo dalle istituzioni, valorizzato dai cittadini e poi fatto chiudere dalla burocrazia. Ha riaperto con le sue forze, finalmente agibile ma dall’aspetto ancora precario, come se fosse appena guarito da una malattia. Ce l’ha fatta grazie a tutti quelli che lo amano e che questo teatro lo vogliono.

Fino all'ultimo

La vita è una ferita, ce lo dice Antonio Barracano seduto a testa bassa al centro della scena. È in abito scuro, ci dice che è morto. Alle sue spalle tutti gli altri personaggi, fermi, immobili. Sono sistemati a semicerchio come se lo avvolgessero, sono tutti attorno a lui. Attendono che Don Antonio dia il via e permetta a ognuno di giocare il proprio ruolo, perché nessuna iniziativa può essere presa, nella ferita che è la vita, prima che Don Antonio abbia dato il suo consenso. Solo dopo, lo spettacolo può cominciare.

Un uomo qualunque

La vita è una tela nera da illuminare con le esperienze. Ogni individuo è un’ombra che deve venir fuori dal buio e prendere colore. Con una lunga tela nera aperta sul pavimento della Sala degli Arazzi del Museo di Capodimonte, Fabio Cocifoglia riaccende la vita di Michelangelo Merisi da Caravaggio.

Le banane non sono mai troppe

Nel foyer proiettano la pubblicità delle banane, quelle col bollino blu e la signorina con il cappello alla Carmen Miranda carico di frutta. La proiezione avviene su una cassetta per la frutta con sopra un casco di banane. In mezzo alla sala, mentre chiacchiera con gli amici, un ragazzo sta mangiando una banana. Ci raggruppiamo, spegniamo i cellulari perché tra poco in sala andrà in scena Banane di Francesco Lagi. Il titolo provoca già un sorriso e tutta l’atmosfera rilassata dell’ingresso lascia intendere che si tratterà di una commedia. All’uscita, seppure divertiti, non ne siamo più tanto sicuri.

Com'è grande il mondo!

L’autunno è arrivato all’Orto Botanico portandosi dietro tutti i suoi colori. I bambini li conoscono a memoria e li ripetono come a scuola: marrone, giallo, arancione, rosso. Per lo spettacolo itinerante che sta per cominciare, i consigli sono pochi e facili da seguire. Oltre a prestare attenzione agli attori e seguire la storia sarà bene guardarsi attorno. Bisognerà permettere alla natura, con i propri colori, di entrare negli occhi, sentire le foglie cadute scricchiolare sotto le scarpe e poi “Respira, respira forte che questo è tutto ossigeno!”, dice una nonna alla nipotina.

Una lunga ninna nanna

Tà-Kài-Tà, in greco questo e quello. È ciò che farò: dirò questo e quello. Da un lato le grandi aspettative, perché si tratta di uno spettacolo di Enzo Moscato con Isa Danieli sulla vita di Eduardo De Filippo e perché tutti i giornali l’hanno presentato bene, sia in occasione del Napoli Teatro Festival di qualche anno fa, sia adesso che introduce la stagione teatrale del Teatro Nuovo. Dall’altro lato la stanchezza e la delusione che fanno ciondolare la testa un paio di volte a chi è seduto in platea.

Gioca, suona, gioca

– Ma l’hai scritto l’articolo?
– Un momento, ho appena scritto il titolo!
– Sei lenta eh?
– Mo' vediamo! Ecco… Play Duett annulla il tempo, tanto che ieri era oggi, il passato è già futuro e dopodomani è successo l’altro ieri.

Victor 'u punk

Faccio parte della giuria popolare che prendendo in esame tutti gli elementi presentati, deciderà della condanna o della salvezza dello spettacolo. Sono l’opinione pubblica. Capita, in molti stati del mondo che ad una giuria popolare sia chiesto di decidere della vita o della morte di una persona: esse giudicano la sua colpevolezza e possono o meno condannare a morte. L’opinione pubblica mondiale, invece, si divide tra i favorevoli e i contrari alla pena capitale.

La macchina del tempo

Il computer è già acceso. Ci sistemiamo piano, uno per volta, in modo da riempire tutti i posti disponibili sulle panche di legno. Qualcuno è appoggiato alla parete, qualcun altro ha uno schienale. La tenda si chiude, si fa buio poi si accendono le luci. Si parte! Non ci sono scossoni e il motore non è rumoroso. In realtà non ci spostiamo di tanto: il viaggio che stiamo intraprendendo non lo facciamo nello spazio ma nel tempo. Il Rostocco, stasera, è una macchina del tempo.

Carta che cade su altra carta

Il re vive in un castello senza finestre né porte. Nessuna casa del suo regno ne ha. Eppure ogni abitante entra ed esce, guarda restando in casa la strada fuori e, dalla strada, sbircia dentro alle case. Il regno è tanto fragile e così piccolo che potrebbe portarselo via il vento. Ogni cosa è fatta di bianchissima carta così come ogni creatura e qualsiasi elemento: la terra, i fiori, la pioggia, il fiume, le persone. Non c’è dubbio che sia un regno magico nel quale ci è permesso di entrare solo nei sogni oppure attraverso il teatro.

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il Pickwick

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