“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Friday, 28 December 2012 19:13

L'ultimo Guccini

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Gran bel disco L’Ultima Thule di Francesco Guccini. Rotondo, pieno, tutto cantato e a lungo, finalmente in una generosa forma-canzone (che fa giustizia dei piccolo commerciale cabotaggio italiano) lenta e cupa, profonda e ricca di luminescenze di quell’Apennino (Pavana), estrema terra dei fuochi e del gelo.

Prova ne è il fatto che la terra sua natale accoglie un classico, quel Canzone di Notte, versione numero 4, ad esordio sincero - “ehi notte” - e note spiegate, in picchiata nel viluppo del “fiume che muglia sempre laggiù in fondo”, con la voce del fiume Limentra per davvero registrata qualche traccia più avanti; o della “battola ritmica [che] sbatteva in casa giù dai ruoti dell’abbaino”: scrosci eterni del mulino, su dall’infanzia all’oggi di un Guccini (sempre) saggio e poco avvelenato, meno che quando stiletta, ad esempio, “uno stilista mago del sublime, / un vip con la troietta di regime / e chi si vende per denari trenta”: ma è concessione “esterna” indignata, ché il cuore del disco è tutto nei boschi come nelle gazzarre del cielo, non importa se terso o di sfondo alla guerra partigiana, magistralmente raccontata (Su in collina, Quel giorno d’aprile).
Ad ascoltare i brani di questo disco che con penna nostalgica parla di fine e di infanzie (i versi fatati e scarni ne L’ultima volta, la musica di "Flaco" Biondini) ed ancora di notti “imprevedibili come naufragi, / notti da cani randagi”, risale un senso di indefinito e di usato, di familiare e di selvaggio (il tema dell’esotico vicino a certe linee de L’isola non trovata) sostenuto da una voce ferma a fugare ogni fretta, solenne e romantica come un testamento. “L’Ultima Thule attende e dentro il fiordo / si spegnerà per sempre ogni passione, / si perderà in un’ultima canzone / di me e della mia nave anche il ricordo”, che è tòpos tra i più noti (la nave, da ultimo, il ricordo, la canzone che invola, il nulla eterno) ma che il Guccini lettore del fantastico non cela, anzi, con esercizio di autoironia letteraria (“Io che ho doppiato tre volte Capo Horn / e ho navigato sette volte i sette mari”) s’inventa Ulisse, Swift, Salgari e Melville, all’incrocio-incontro di due culture: una che va scomparendo (la notte dei mulini e il bisogno d’avventura) e l’altra che emerge, gelida e indistinta, quale terra estrema, nuda di vita a spegner la vita. C’è da credervi, e per altri cent’anni ancora. Un vino buono è l’ultimo Guccini.

 

 

 

 

 

L’Ultima Thule
di
Francesco Guccini
produzione e direzione artistica Juan Carlos “Flaco” Biondini, Antonio Marangolo, Vincenzo Tempera
progetto a cura di Raffaella Zuccari
registrato al b&b Mulino di Chicón, Pavana, Pistoia
photo cover Luca Bracali
prodotto da EMI Music
coproduzione Capitol Music, L’Alternativa
durata 43’
tracklist: 1. Canzone di notte n.4; 2. L’ultima volta; 3. Su in collina; 4. Quel giorno d’aprile; 5. Il testamento di un pagliaccio; 6. Notti; 7. Gli artisti; 8. L’Ultima Thule

 

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