“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Sunday, 27 October 2013 02:00

Poche pesate parole per Gozzano

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Una poco appariscente, appartata parentesi, appena da appuntare, fu la permanenza del poeta su questo piccolo pianeta politico, questo periclitante patrimonio, questo pittoresco palcoscenico pieno di persecutori e repleto di pittime.

Apparve, parmi, or son parecchi pleniluni: era un periodo – i primordi del secolo precedente quello presente − particolarmente pirotecnico, palpitante, patetico, passionale, preparatorio, o per parlare più propriamente, propedeutico alla Prima Guerra Mondiale. Un poeta, ripeto, putato presso i più pallido, pantofolaio, pigolante, parco di piacevoli pamphlet, piemontesamente plumbeo; posto da parte per le pagine prive di parnassiani paroloni; perché principale portavoce (non paladino) della pacchiana paccottiglia piccoloborghese; perché poeta piccino piccino posto a paragone col pedantesco e professorale Premio Nobel Carducci, piangente il pargoletto pupo precocemente peritogli; col padano Pascoli pacioccone, privato prepubere del papà passeggiante; col padre poietico de Il piacere, principe patriottico e poeta panico, parolaio polifonico e pornografo pampinoso, purissimo palpeggiatore, perito e patito di imprese paradivine e di parrozzo. Perciò, e m’appropinquo all’epilogo, senza presentarla in forma di povera profferta pubblicitaria, non è un poeta pericoloso pei paradidimi, ‘palle’ appellate dal popolaccio. Pudico piccione fra pavoni paludati, non presentò ai posteri, appestandoli, paralipomeni, parerga, apologie, prolegomeni, palinodie, pure è poeta polito e piacevolissimo per purezza e parresia: portento di pampalugo chi non porta, pio, i suoi poemi appresso come protesi e non procede a un repentino procacciamento dei suoi prodotti prelibati.


La differenza

Penso e ripenso: – che mai pensa l’oca
gracidante alla riva del canale?
Pare felice! Al vespero invernale
protende il collo, giubilando roca.

Salta starnazza si rituffa gioca:
né certo sogna d’essere mortale
né certo sogna il prossimo Natale
né l’armi corruscanti della cuoca.

− O papera, mia candida sorella,
tu insegni che la Morte non esiste:
solo si muore da che s’é pensato.

Ma tu non pensi. La tua sorte è bella!
Ché l’essere cucinato non è triste,
triste è il pensare d’esser cucinato.

(La via del rifugio, 1907)

 

 

 

 

Almo Paita
Guido Gozzano. La breve vita di un grande poeta
Milano, BUR, 2008
pp. 175

 

Guido Gozzano
La via del rifugio (1907)
in Tutte le poesie
Milano, Mondadori, 1983
pp. 806

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