“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Friday, 27 September 2013 02:00

A scuola a teatro

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L’8 settembre 1613 moriva Carlo Gesualdo da Venosa nel castello dell’omonimo paese in provincia di Avellino. Figura fondamentale per la musica rinascimentale e per l’evoluzione che seppe imprimere al madrigale, ma in generale alla polifonia e al contrappunto, valente strumentista egli stesso di clavicembalo e liuto, tanto da venir appellato principe dei musici, Gesualdo legò indissolubilmente la sua fama al duplice omicidio di cui fu responsabile, quello della moglie Maria d’Avalos e del suo amante Fabrizio Carafa – avvenuto nel palazzo di Sansevero (residenza cittadina della famiglia di Venosa) – nell’ottobre del 1590. Questo evento ne segnò l’esistenza, costellata di molti lutti e di poche gioie, come la nascita del primogenito Emanuele e le seconde nozze in quel di Ferrara con Eleonora d’Este, cugina del duca Alfonso II d’Este (dopo quattro anni di ritiro nella rocca ben difesa del comune ufitano per sfuggire alla possibile vendetta delle famiglie delle vittime).

Indubbiamente anche le liriche scelte per le composizioni gravitano intorno ai temi della caducità della vita, della malinconia, della tristezza – benché tali argomenti fossero presenti nella prassi letteraria dei testi per musica del periodo – per cui è lecito non dubitare dell’immagine di uomo solitario, meditabondo e austero che la tradizione ha perpetuato, così come non viene mai troppo sottaciuta la volontà di espiazione che lo spinse ad erigere chiese e conventi nel suo paese.
Nell’ambito della cultura musicale (e non solo) la riscoperta del principe data dalla seconda metà del Novecento con l’omaggio fattone da Stravinskij con il suo Monumentum pro Gesualdo nel 1960.
Da allora in poi la fortuna critica e di pubblico ha finalmente reso giustizia alla caratura della sua opera, ponendolo tra i grandi innovatori della musica dell’evo moderno. Il mito del principe assassino si è mantenuto lungo i secoli nel capoluogo partenopeo, complice la presenza dei due amanti fedifraghi nelle immagini della pietà popolare, e anche per la singolare coincidenza per cui le antiche stanze, teatro del crimine, furono poi dimora del famigerato Raimondo di Sangro principe di Sansevero e dei suoi misteri alchemici e massonici. Ad Avellino la riscoperta di un tal degno figlio d’Irpinia ha trovato definitiva sanzione con l’intitolamento del teatro comunale appunto a Carlo Gesualdo.
Durante quest’anno molti sono stati gli eventi per omaggiarlo in occasione dei quattrocento anni dalla morte: tra conferenze, spettacoli teatrali e ovviamente esecuzioni della sua musica o di nuove composizioni a lui ispirate, l’ente teatrale cittadino ha ospitato anche la proiezione di un documentario sull’illustre personaggio.
Prodotto dall’Accademia dei Dogliosi (fondata da Marino II Caracciolo nel 1620 e ricostituita nel Novecento) e dal Teatro dell’Osso, l’opera consiste in una dettagliata esposizione dei fatti biografici del tormentato principe, con riprese dei luoghi legati alla potente famiglia – come Venosa, Calitri, Conza, Napoli, Ferrara e appunto Gesualdo – e di immagini pittoriche d’epoca (non mancano, accanto alla celebre Pala del Perdono commissionata al fiorentino Giovanni Balducci dallo stesso musico penitente nella chiesa di Santa Maria delle Grazie a Gesualdo, e alla tela posta nella cappella Carafa in San Domenico Maggiore, scorci di quadri cavaraggeschi, ma anche interessanti pastelli dell’artista contemporaneo Pino Lucchese che illustrano situazioni e personaggi legati alla vicenda, specie di “falso storico” pop che sopperisce alla scarsità delle fonti iconografiche). Così come ai famosi madrigali si alternano musiche posteriori o scritte all’occorrenza. Insomma, un vero e proprio documentario tradizionale che non teme di mostrare la natura eminentemente didattica della sua finalità. Ciò non toglie valore all’insieme, con un montaggio fluido e un commento sobrio e partecipato.
Il cinema di documentazione ha già trattato l’intrigante personaggio con esiti tutt’altro che banali in almeno due occasioni. Prima è stata la volta di Werner Herzog che nel 1995 girò Tod für fünf Stimmen (conosciuto anche col titolo inglese di Death for Five Voices) in collaborazione con il canale pubblico ZDF. È un lavoro di circa un’ora che va recuperato perché come al solito il regista bavarese adotta uno sguardo eccentrico e libero che tange l’argomento in modo mai accademico e didascalico. Con esecuzioni del Complesso Barocco e del Gesualdo Consort of London e spiegazioni, rispettivamente, dei direttori Alan Curtis e Gerald Place, la musica ritrova la sua centralità accanto alle ben più note vicende biografiche (con una sorprendente Milva a fingersi fantasma della D’Avalos per le scale post-terremotate del castello irpino).
Nel 2009 il documentarista Luigi Di Gianni firma Carlo Gesualdo. Appunti per un film, viaggio nell’eredità contemporanea del principe tra sacro – Roberto De Simone, il musicologo Wolfgang Witzenmann, il compositore Francesco D’Avalos (discendente della bellissima Maria cui ha dedicato l’opera Maria di Venosa, commissionatagli dal San Carlo e mai rappresentata se non a Londra) – e profano (interviste agli inquilini del famigerato palazzo Sansevero). Nella docufiction attori in costume animano teatrali confessioni rivolgendosi allo spettatore (bravissimo Peppe Barra nei panni del consigliere Fabrizio Adinolfi) e una coppia matura (Roberto Herlitzka e Milena Vukotic) recita nelle vuote stenze della dimora irpina la vicenda narrata in Madrigale funebre, racconto di Gustaw Herling compreso in Don Ildebrando (Feltrinelli, 1999).
In definitiva quest’ultimo Carlo Gesualdo, genio e follia si inscrive nella serie di iniziative che contribuiscono a far conoscere l’uomo e l’artista anche alle nuove generazioni, per renderle consapevoli del patrimonio di bellezza e sapienza che una volta abitava (ma in fondo che ancora abita, anche se relegato in polverose biblioteche e in disastrati palazzi) le provincie desertificate del nostro Meridione.

 

 

 

 

Il Madrigalista – Genio e follia del principe dei musici
Carlo Gesualdo, genio e follia
regia
Francesco Antonio Di Martino
produzione Accademia dei Dogliosi, Teatro dell’Osso
paese Italia
lingua originale italiano
colore colore
anno 2013
durata 35 min.
Avellino, Teatro Carlo Gesualdo, 21 settembre 2013

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