“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Friday, 23 July 2021 00:00

In un salone da barbiere, il 9 maggio 1978

Written by 

Una giovane drammaturgia per raccontare una giornata particolare in Sicilia. La pièce di Currò e Arimatea è infatti ambientata il 9 maggio 1978, giorno del ritrovamento di Aldo Moro in via Caetani: ma la storia è chiusa nelle quattro mura di un salone da barbiere di provincia, equamente divisa tra dramma e commedia.

A dare la giusta levità ci pensa il protagonista principale, il Tanino di Mauro Failla: un uomo semplice appassionato di musica leggera, anzi leggerissima − la colonna sonora della sua esistenza, che ha contribuito a formare la filosofia di vita del personaggio. A far da contraltare alla semplicità del barbiere ci sono un professore (interpretato da Tino Calabrò), pronto a reinterpretare ogni accadimento quotidiano in chiave letteraria o filosofica ma che sembra fin troppo difensore della causa brigatista, e un ladro, un povero diavolo (Alessio Bonaffini) che ha una pistola in mano ma non il coraggio né la voglia di usarla.
I tre personaggi sono tre caratteri, tre vertici di un triangolo isoscele che puntella la storia della politica e della cultura italiana: partono dalle piccole cose, dalle “chiacchiere da parrucchiere”, e arrivano al senso della vita: disastrosa per il ladro, stratificata per il professore, semplice per il barbiere. E sarà proprio lui, Tanino, a fornire la chiave di volta per interpretare gli accadimenti: rifacendosi appunto a Guglielmo di Ockham, citato anche da Umberto Eco per il suo protagonista de Il nome della rosa, e noto per il pensiero filosofico che, nella sua forma piu immediata, suggerisce di scegliere tra piu soluzioni per un problema quella più semplice.
La struttura drammaturgica è turgida e satura, le componenti al proprio posto, i sottotesti ben visili (forse fin troppo): ma il problema de Il rasoio di Occam è di messa in scena piuttosto che strutturale. Se l’opera offre non pochi spunti di riflessione, e si fa amare per il suo essere immediata nel porgere argomenti e fatti storici altamente drammatici, sono gli attori che funzionano poco: insieme a un particolarmente efficace Failla ci sono Calabrò e Bonaffini che stentano a stare dietro alla sua naturalezza da palcoscenico.
Il risultato è inevitabilmente qualcosa che piace più in teoria che nella sua messa in-pratica e che, a fronte di diverse spigolature e forme da commedia dell’arte, fin troppe volte s'impantana in un didascalismo assai spinto (come nel troppe volte citato Dissipatio Humani Generis) o in stonature recitative che affaticano non poco i sessanta minuti di rappresentazione.





Matrioska Festival
Il rasoio di Occam
di
Giusi Arimatea, Giovanni Maria Currò
regia Giovanni Maria Currò
scenografia e scenotecnica Franco Currò
costumi Liliana Pispisa
audio e suoni Carmelo Galletta
foto di scena Angelo Maggio
produzione Clan degli attori (Messina)
lingua italiano
durata
1h
Lamezia Terme (CZ), Teatro Franco Costabile, 9 luglio 2021
in scena 9 luglio 2021 (data unica)

Leave a comment

il Pickwick

Sostieni


Facebook