“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Friday, 20 November 2020 00:00

Flâneur a Berlino tra passato e presente

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Di Gian Piero Piretto, di cui avevamo scritto a proposito del suo Quando c’era l’URSS. 70 anni di storia culturale sovietica (Raffaello Cortina Editore, 2018), è ora giunto in libreria, per il medesimo editore, Vagabondare a Berlino. Itinerari eccentrici tra presente e passato (2020): un imponente volume che, impreziosito da illustrazioni di Manuele Fior, attraversa Berlino con il passo, lo sguardo e lo spirito del flâneur che ama perdersi nel camminare senza meta.

Lo stesso autore, che è stato docente di Cultura russa e Metodologia della cultura visuale, e che da qualche anno si è trasferito a vivere nella grande città tedesca, sottolinea nell’introduzione al volume che non si tratta di una guida letteraria, storica, artistica o turistica, ma piuttosto di “un taccuino di strada, una condivisione di esperienze legate a luoghi, momenti, territori e atmosfere”.
La Berlino attraversata, ancor prima che raccontata, da Piretto è una città in cui si intrecciano il periodo weimariano, quello nazista, l’epoca del muro e la successiva riunificazione; una città osservata non con gli occhi di uno studioso di storia o cultura tedesca, ma con quelli di un profondo conoscitore della storia culturale ed estetica russa, soprattutto sovietica, che guarda alla metropoli tedesca alla luce degli intrecci storici, politici, culturali e di immaginario che questa ha avuto con l’Unione Sovietica. È pertanto inevitabile che l’autore si soffermi su dettagli, oggetti, angoli e curiosità che rimandano al confronto tra la Berlino socialista e la Russia sovietica o tra la Berlino post-muro e la Russia post-sovietica. Si può pertanto affermare che quella presentata da Piretto è per certi versi una Berlino letta soprattutto alla luce del suo complesso rapporto con il mondo sovietico.
Il libro scorre in un susseguirsi di istantanee di vita quotidiana, di luoghi e di atmosfere, passando dalle stazioni fantasma negli anni del muro, alla città di Stalin nella ex DDR, da squarci di archeologia industriale, di lacerazioni e traumi ancora visibili e concepibili al costo di un minimo di preparazione ed è per questo che l’autore propone pagine teoriche e indicazioni bibliografiche.
Il volume si sofferma sull’arte del camminare, sul binomio passo-sguardo, su come cambia la modalità del guardare a secondo di come si cammina, palesando così il suo voler essere non una guida per turisti ma un suggerimento per viaggiatori disposti ad abbandonare i percorsi asettici e rassicuranti imposti dal turismo di massa. Un libro rivolto a chi intende riscoprire il piacere di perdere tempo e spingersi ove sembra non esservi nulla da vedere per cogliere l’atmosfera anche di località apparentemente prive di attrazioni.
Sulle tracce della figura del flâneur, il volume propone di camminare per Berlino alla scoperta di una città periferica assaporata senza fretta nei suoi mercati, centri commerciali, cattedrali del consumo di ieri e di oggi ove verificare “come il feticcio-merce sia cambiato nel tempo”.  Bancherelle etniche, KaDeWe, Europa Center, Bikini Berlin, strade cariche di storia come Karl-Marx-Allee, Marzahner Promenade, Großsiedlung Britz, Gropiusstadt, lampioni, insegne, palazzoni desolanti imbellettati dal trucco della riunificazione, pensionati deportati dal mercato immobiliare  per far posto a progetti di gentrificazione, strade con un insolito numero di estetisti o di agenzie di viaggio che inducono a riflettere sull’immaginario del vicinato ecc.
Piretto ricorda come la cultura romantica tedesca avesse creato una figura dedita al vagabondaggio, il Wanderer che viaggiava, sovente posseduto dal gusto per l’erranza nella natura, privo di uno scopo ben preciso se non quello di acquisire un’esperienza. Il viaggiatore romantico nella cultura tedesca cercava, inappagato, di trovare nell’erranza il contatto con l’immensità. In epoca più recente ha fatto la sua comparsa la figura del flâneur, figura che strada facendo – è il caso di dire – ha cessato di ricondurre per forza a un viandante privilegiato intento a osservare con snobistico distacco.
Già lo svizzero Robert Walser, che ha vissuto a Berlino, sul finire degli anni Dieci del Novecento aveva intrecciato le figure del flâneur parigino con quella del Wanderer romantico tedesco. Un decennio dopo, ricorda Piretto, sarà Franz Hassel a reinventare l’originale figura parigina in chiave berlinese: un flâneur che passeggia all’interno dell’area metropolitana, sebbene restio ad immergersi tra la folla.
In Vagabondare a Berlino viene tratteggiata la ripresa della flânerie in ambito dadaista, surrealista e, qualche decennio dopo situazionista. “Una o più persone che si lasciano andare alla deriva rinunciando, per una durata di tempo più o meno lunga, alle ragioni di spostarsi e di agire che sono loro generalmente abituali, concernenti le relazioni, i lavori e gli svaghi che sono loro propri, per lasciarsi andare alle sollecitazioni del terreno e degli incontri che vi corrispondono”. Così vi fa riferimento a metà degli anni Cinquanta Guy Debord opponendo il concetto di deriva a quello di viaggio/passeggiata.
Tornando a Berlino, il vagabondare per le sue strade induce a confrontarsi anche con le tragedie della storia e degli esseri umani, con le macerie della guerra, con il muro che ha a lungo diviso la città e con la sua, ennesima, trasformazione, stavolta dettata dalla riunificazione.
La proposta di Piretto è dunque quella di “flanare” per Berlino alla ricerca di atmosfere particolari che ancora sopravvivono alla globalizzazione imperante e di farlo con occhi curiosi che si concedono di osservare luoghi estranei ai tour comandati dalla macchina del turismo e dai selfie obbligati. “Apprezzare un’atmosfera, fatta di particolari minori e dettagli secondari, non fornisce le garanzie dell’impatto, magari già pregustato e fruito elettronicamente, con il grande monumento e con l’empatia che ne consegue. D’altra parte, Berlino non è Londra né Parigi, né San Pietroburgo. Il suo fascino è più sottile e nascosto, meno aggressivo e magniloquente”.
In attesa che si possa finalmente tornare a viaggiare come si deve, il volume di Piretto può essere una piacevole anteprima a un futuro vagabondaggio berlinese.





Gian Piero Piretto
Vagabondare a Berlino. Itinerari eccentrici tra presente e passato

Illustrazioni di Manuele Fior
Raffaello Cortina Editore, Milano, 2020
pp. 360

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