“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Saturday, 16 May 2020 00:00

Un comico-giallo in una Napoli tetra e piovosa

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Uno degli ultimissimi film che rientrano nel genere della commedia all’italiana è Giallo Napoletano, girato negli ultimi mesi del 1979 e approdato nelle sale l’anno successivo. Una pellicola divertente, grottesca, dai risvolti drammatici, che rispecchia perfettamente la crisi politico-sociale in cui l’Italia, e soprattutto il Meridione, erano precipitati.

Come è facile dedurre dal titolo, la vicenda si svolge a Napoli, che per l’occasione si propone allo spettatore come una città tutt’altro che calda e accogliente. Dominano infatti un’atmosfera lugubre e inquietante e un’ambientazione quasi sempre notturna: siamo dunque lontani dagli stereotipi che hanno resa famosa e unica in tutto il mondo la città partenopea. A dire il vero, un luogo comune c’è: il mandolino. Lo strumento dal quale prende le mosse la storia, che si nutre di un susseguirsi, a cascata, di omicidi, ricatti e incidenti. Eventi che s’intrecciano tra di loro in modo apparentemente caotico e disordinato, ma che sono invece indissolubilmente legati tra loro a doppio filo. Una storia che affonda le sue radici in diversi decenni addietro, ai tempi della seconda guerra mondiale. Insolito anche il clima della città, celebre ovunque per il sole: a farla da padrona indiscussa è infatti la pioggia.
Il protagonista è Raffaele Capece (interpretato dal grande Marcello Mastroianni), un uomo parzialmente invalido con una gamba poliomelitica, che sbarca il lunario facendo il posteggiatore col mandolino. Per essersi prestato a una banale serenata sotto a un balcone di un prestigioso hotel, Capece si trova coinvolto in un macabro gioco da cui sembra impossibile uscire. L’unico legame affettivo di Raffaele è l’anziano padre, un arzillo signore con la fissa del gioco del lotto: a vestire i panni di questo atipico papà è lo straordinario Peppino De Filippo, alla sua ultima apparizione cinematografica (De Filippo morirà il 26 gennaio del 1980, ovvero pochi mesi prima dell’uscita del film). Fanno parte del cast anche Michel Piccoli, che interpreta un famoso maestro di musica, Capucine (pseudonimo di Born Germaine Hélène Irène Lefebvre), nel ruolo di un’ambigua suora, la bellissima Ornella Muti, nuora del Piccoli nel film, Renato Pozzetto, nei panni di un commissario milanese trapiantato a Napoli mezzo tonto, Franco Javarone, che nel film è un losco figuro dedito alla delinquenza e Peppe Barra, in una parte marginale.
Due anni dopo il regista Lodovico Gasparini gira No grazie, il caffè mi rende nervoso con Lello Arena e Massimo Troisi, che sembra ispirarsi a Giallo napoletano. In verità si tratta di un richiamo molto lontano, appena velato: mentre la vicenda di Corbucci affonda le sue radici nella seconda guerra mondiale, il film di Gasparini, nato da un soggetto di Troisi, mette a confronto e in conflitto le due anime di Napoli, da un lato quella antica e tradizionale, dall’altro quella giovane e moderna che tende quasi a irridere e smontare i classici canoni della città partenopea.
Giallo napoletano, diretto da Sergio Corbucci, che del film è anche soggettista e co-sceneggiatore (insieme a Giuseppe Catalano, Sabatino Ciuffino e Elvio Porta), riscuote un discreto successo di pubblico. Né mancano apprezzamenti dei critici, al film in generale e in particolare a Corbucci, cui viene riconosciuta una singolare abilità nel destreggiarsi tra i vari ingredienti dell’intricata storia e nel caratterizzare i personaggi valorizzando gli interpreti. Spiccano le prove di Mastroianni, imbruttito all’inverosimile, calato perfettamente nei panni di un uomo comune, quasi insignificante, costretto a diventare investigatore fai-da-te, e quella di Peppino De Filippo, magrissimo perché segnato dalla malattia che da lì a pochi mesi lo consumerà, ma esplosivo ed esilarante, soprattutto nella scena in cui non riesce a mettere sotto scacco un’enorme anguilla (il capitone).





Ciak si (ri)gira − Quarant’anni di cinema italiano (1945-1985)
Giallo napoletano
soggetto e regia
Sergio Corbucci
sceneggiatu­ra Sergio Corbucci, Giuseppe Catalano, Sabatino Ciuffino, Elvio Porta
con Marcello Mastroianni, Peppino De Filippo, Ornella Muti, Michelle Piccoli, Capucine, Renato Pozzetto, Franco Javarone, Peppe Barra, Zeudi Araya, Natale Tulli, Tomas Arena, Elena Fiore, Gennarino Palumbo, Carlo Taranto, Angelo Pellegrino, Salvatore Furnari, Franca Scagnetti, Mimmo Poli
fotografia Luigi Kuveiller
montaggio Amedeo Salfa
musiche Riz Ortolani
produttore Achille Manzotti
casa di produzione Irrigazione Cinematografica
distribuzione CIDIF
paese Italia
lingua originale italiano
colore a colori
anno 1979
durata 114 min.

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