“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Sunday, 09 September 2018 00:00

Una cosa passeggera

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Fortuna che me ne sono accorta in tempo. O meglio, l’ho percepito casualmente andando a rivedermi le sue più recenti interviste che tanta materia del contendere avevano dato nel campo televisivo − e anche di certa stampa − sulla funzione culturale dell’intrattenimento.

Ma di quale intrattenimento si tratta? GenderTv, così Carlo Bricchi ha chiamato il Canale da lui fondato. Da dove provenisse il finanziamento non è dato sapere. Chiamarlo “Canale” è per lo meno una forzatura, considerato che va in onda una volta alla settimana, di domenica, mettendo a confronto due protagonisti, uno maschile e l’altro femminile, su temi di varia natura ma sempre con un taglio di genere. Il successo della trasmissione è stato immediato tra i cultori dell’intrattenimento fine a sé stesso, sebbene giri voce che i protagonisti vi partecipano con il solo obiettivo di far parlare di sé e, per conseguenza, rafforzare la propria posizione nell’ambito lavorativo. Che di solito ha a che fare con attività artistiche o creative. Non sempre di apprezzabile livello.

Sono seduta in prima fila nel salone dove un’associazione che si occupa di letteratura e di scrittura ha organizzato un incontro tra addetti ai lavori. Faccio editing e correttrice di bozze come free-lance.
Il posto al mio fianco è vuoto. Mi distraggo per un attimo cercando nello zainetto il Moleskine per gli appunti, giusto il tempo per accorgermi che la poltrona è stata occupata da un uomo sui trenta, prestante, ben vestito, che senza esitare un attimo mi chiede: − Come ti chiami?
− Agnese.
È andata che al termine della conferenza Rudy − è il suo nome e occupa la posizione di critico letterario di un nuovo ambizioso mensile − mi invita a prendere un aperitivo nel bar di fronte.
− Ti ho vista al GenderTv, mi sei parsa vagamente... Vogliamo dire disorientata?
− Davvero?
− Non dirmi di no, dài.
− Beh, in fondo noi due facciamo lo stesso mestiere o quasi. Ti dirò, le interviste che mi ero andata a rivedere prima di decidere se partecipare alla trasmissione mi hanno lasciato abbastanza perplessa. Ma ho pensato che quell’esperienza potesse essermi utile. E c’è di più: durante le prove Bricchi mi ha fatto capire che avrei potuto essergli d’aiuto e trarne dei vantaggi.
− Sii più chiara.
− Semplice, che per certi aspetti − ma non sempre, naturalmente − il mezzo televisivo più che produrre cultura venga utilizzato a fini di profitto è un dato di fatto. E lui, il Bricchi, sceglie i partecipanti alla sua trasmissione al solo scopo di fare spettacolo e non per mettere a confronto situazioni esistenziali che entrino in sintonia con la sensibilità del pubblico. Quindi le singole puntate devono reggersi sullo scambio tra uomo e donna di storie personali al di fuori del comune sentire. In altre parole, i partecipanti preferiscono i tratti illusori e simulati all’impegno emotivo e finiscono per farsi manipolare dal conduttore. Ne risulta uno spettacolo artificioso e del tutto lontano dalla realtà che tuttavia attira l’attenzione di quegli spettatori portati al puro intrattenimento, un’audience diciamo così di massa incollata allo schermo quasi a bocca aperta. Ciò che procura lauti guadagni alle società che promuovono la trasmissione e alle agenzie che ne curano le pause pubblicitarie.

È il giorno delle prove. Bricchi è seduto su una poltrona accanto alla finestra. Ha l’aria apparentemente distesa, ma solo apparentemente. Lo capisco dal fatto che continua a togliere dalla tasca il suo smartphone, lo guarda direi senza interesse e lo rimette in tasca. Poi lanciando uno sguardo fuori dalle finestra mi fa capire con un certo linguaggio oscuro ma non del tutto che se sto al gioco avrò da guadagnarci. Qual è il gioco l’ho capito subito dalla prime parole che mi rivolge. Si tratta in sostanza di dare vita a una sorta di fumetto verbale. Giocare con le parole. Fingere incomprensione, diffidenza nei confronti dell’uomo col quale devo andare in onda nella più che superficiale sceneggiata su temi che puntano a rendere tanto curiosi quanto eccitati gli spettatori. E, qui sta il punto: dallo scambio forzatamente vivace devono uscire conclusioni diverse, vorrei dire contrastanti, interpretazioni scarsamente credibili. Il tutto per tenere vivo il tipo di interesse che quel pubblico televisivo si aspetta.
È finita che ho dovuto fare leva su tutta la mia capacità di adattarmi alle situazioni senza tuttavia rinunciare ad astenermi da un quadro esageratamente superficiale.
− Tu saresti una buona conduttrice, Agnese. Ti potrebbe interessare un impegno del genere. C’è da guadagnare, sai?
− Se il livello culturale potessi gestirlo io... magari. Così com’è adesso non mi prende. Sarebbe solo opportunismo, da parte mia.
− Ma noi trasmettiamo quello che molta gente vuole. Qualcosa di anestetico anziché la ormai quasi quotidiana tirata sul femminicidio.

Ne ho parlato con Rudy. Abbiamo preso a frequentarci. Una storia in vista?
− Hai fatto bene a rifiutare l’offerta del Bricchi.
− Ti dirò, la domanda che ci si deve porre riguarda il momento storico che viviamo. Verrebbe da pensare che l’impianto culturale della società dalle radici antiche che abbiamo ereditato appare come soggetto a uno stravolgimento senza fine. I motivi sono molteplici, ma direi che i media così come l’High-Tech stanno producendo il loro effetto. E cambia il modo di stare al mondo della gente.
− Se poi lanciamo lo sguardo sul futuro ci troviamo di fronte una nebulosa in continuo movimento chissà fino a quando. C’è chi sostiene, e non sono pochi, che stiamo vivendo una situazione “di passaggio”. Verso quale società è difficile immaginarlo di questi tempi. Dove ci porterà il capitalismo post-industriale e la domanda che sembra espressa da parole non pronunciate.
− Una cosa appare comunque essere un must: ridare alla cultura il suo ruolo. Altrimenti che ne sarà − è un esempio − dell’Umanesimo come elemento storico di grande importanza in quanto portatore della imprescindibile “scoperta dell’uomo”, con tutto quello che ne consegue?
La mano di Rudy mi sfiora la spalla, i suoi occhi luminosi esprimono quella che mi appare già come una certezza.
− Casa mia è qui a due passi − dice. E mi fa segno di stare tranquilla.
Da parte mia un sorriso di quelli che non ammettono dubbi.

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