“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Monday, 02 July 2018 00:00

Partita con Dio

Written by 

Come una palla da tennis che percorra l’aria a grande velocità verso di noi, gli eventi della vita spesso, senza neanche darci il tempo di rendercene conto, ci chiedono una risposta, la giusta reazione per rispedire la palla dall’altra parte della rete. Mettere il corpo, la mente, lo spirito nella giusta posizione ed essere provvisti dell’energia adeguata per poter rispondere nel modo migliore è indispensabile. Ma abbiamo nel nostro equipaggiamento tutto quello che serve per affrontare questi siluri improvvisi? E se chi tira verso di noi quei colpi forti come missili fosse un onnipotente dio, servirebbe davvero provare a reagire?

Mentre le caffettiere di Riccardo Dalisi, chiuse nelle loro nicchiette di vetro tutte intorno alla platea, sfidano la gravità, fermate per sempre nell’istante perfetto dell’azione atletica, nell’apoteosi del gesto tecnico, un tennista professionista cerca di rispondere al suo dio del tennis, cercando anche lui l’apoteosi del gesto, un momento sublime di vita. La sezione “SportOpera” del Napoli Teatro Festival Italia ha l’intento recuperare la relazione tra sport e arte: lo sport che sfida i limiti, che scolpisce i corpi, che trascina in un vortice di emozioni gli spettatori, che diventa vita straordinaria, che è metafora stessa della vita, che sa farsi politica e lotta sociale e l’arte. L’arte che sfida i limiti, che scolpisce i corpi, che trascina in un vortice di emozioni gli spettatori, che diventa vita straordinaria, che è metafora stessa della vita, che sa farsi politica e lotta sociale. Lo sport che è arte.
Con Roger, il Teatro Sannazzaro chiude il sipario di questo osservatorio sullo sport. È uno spettacolo che racconta il tennis, le regole del gioco, i colpi, le abitudini dei professionisti che si affrontano nelle grandi sfide internazionali e dei dilettanti che praticano il tennis per perdere peso prima della prova costume. È uno spettacolo che racconta il talento e la grandezza tecnica di Roger Federer, senza che Roger Federer sia tra i personaggi. Non è uno spettacolo biografico, del grande numero uno del tennis non sono raccontati aneddoti di vita o vittorie eppure lui è lì, con la sua maestosità opprimente sulle teste di tutti ma soprattutto difronte al suo sfidante, che lo aspetta tra paura e desiderio, sul campo da tennis. È il Federer dell’immaginario collettivo. Il tennista che è protagonista dello spettacolo è un semplice professionista, un numero due o quattro o centoventisei del rank del tennis che ci racconta la sua partita con Federer. Partita immaginaria che non ha avuto mai luogo perché il campione ha snobbato l’evento eppure partita che sembra avvenire davvero davanti ai nostri occhi.
La scena è vuota, solo due sedie sul lato destro per accogliere i due sfidanti. Sul palco è tracciato metà del rettangolo di gioco. Un’invisibile rete separa l’attore dalla platea. Sono gli spettatori i veri sfidanti di uno spettacolo che inizia a giocare i suoi colpi migliori.
Quindici.
Il testo, seppur farcito di tecnicismi e riferimenti alla pratica del tennis, non fa dello spettacolo qualcosa di riservato solo agli appassionati di questo sport. È ironico e profondo e con la sua partita, metafora della vita, riesce ad appassionare anche chi come me del tennis conosce poco o niente. Così mentre gli appassionati anticipano ad alta voce i nomi dei colpi, tutti gli altri si godono la spiegazione che ne segue che è al contempo divertente e interessante. Non mi sorprenderebbe se dopo aver visto questo spettacolo qualcuno pensasse di cominciare a giocare a tennis non soltanto per la prova costume.
Trenta.
Emilio Solfrizzi, unico attore sulla scena, ha la forza di portare avanti tutto e creare, con azioni e parole, la racchetta, il campo, gli spalti con colmi di spettatori urlanti. Il suo personaggio che desidera agire e affrontare una sfida che sa di non poter mai vincere, è molto vicino ad ognuno di noi, preso nelle proprie fatiche quotidiane, pronto a difendere quello che è “mio” anche quando non sappiamo bene di che cosa si tratti e cosa significhi veramente “mio”, cosa sia la proprietà. Attore alla vecchia maniera un po’ clownesca, ci invita al riso con facilità e ci fa tenerezza, in un confronto continuo con la perfezione, con quello sfidante, numero uno del tennis, che affronta le stesse situazioni con eleganza, senza faticare, senza sudare, presidiando ciò che è “suo” già solo con la presenza, con un passo in avanti all’interno della propria parte di campo.
Quaranta.
L’idea registica di spogliare del tutto il monologo e affidarlo interamente all’attore alla maniera degli antichi “cuntastorie” siciliani funziona. Quell’unico attore che crea sul palco l’immensità di Roger Federer senza che Roger Federer ci sia, meglio di quei predicatori che vogliono venderci in chiesa l’immensità di Dio.
Gioco.

 

 

 

Napoli Teatro Festival Italia
Roger
scritto e diretto da Umberto Marino
con Emilio Solfrizzi
aiuto regia Maria Stella Taccone
luci Giuseppe Filipponio
musiche Paolo Vivaldi
produzioni Argot Produzioni
lingua italiano
durata 1h 15'
Napoli, Teatro Sannazaro, 27 giugno 2018
in scena 27 giugno 2018 (data unica)

Leave a comment

il Pickwick

Sostieni


Facebook