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Saturday, 02 September 2017 00:00

Fenomenologia del graphic novel

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Non tutti i fumetti sono graphic novel; anche se questi ultimi mantengono alcune caratteristiche dei primi (ad esempio vignette, didascalie...) fanno però ricorso a modalità formali, a sequenze e a tematiche proprie della narrazione cinematografica e letteraria. Il graphic novel ha caratteristiche sue peculiari che lo differenziano da altri mezzi verbovisivi fondati sull’interdipendenza tra testo e immagini; pur utilizzando parecchie modalità tratte da altri media, tale tipo di narrazione grafica le utilizza in maniera del tutto particolare.

Nel volume Che cos’è il graphic novel (Carocci editore, 2017) Stefano Calabrese ed Elena Zagaglia passano in rassegna alcuni elementi semiotici che distinguono il graphic novel tanto dalle immagini fisse che dalle narrazioni verbali. Tale tipo di narrazione grafica si presenta come un sistema semiotico caratterizzato dalla multimodalità (le parole e le immagini si perfondono) e dalla simultaneità (il tempo è codificato secondo un “sistema spazio-topico”). Nel graphic novel le relazioni spaziali sono prioritarie rispetto alla dimensione temporale della storia, del discorso e della lettura e la strutturazione del tempo nello spazio avviene attraverso strisce, balloons, vignette, cornici e gli spazi tra le immagini. La mise-en-page e la mise-en-scène della narrazione si basano sul “non-detto-ma-mostrato” attraverso un meccanismo ellittico che richiede integrazioni da parte del lettore. Nel graphic novel la narrazione si presenta al tempo stesso lineare e simultanea lasciando al lettore il compito di dare ordine temporale agli eventi. Il fatto che a livello di narrazione grafica ogni riquadro sia potenzialmente in relazione con gli altri (braiding, o intersecazione) tende a determinare un addensamento di dettagli e ad aumentare la complessità sociocognitiva “in quanto ci troviamo di fronte a una strutturazione dell’intreccio che si basa sulla sovrapposizione tra la logica mostrativa della mimesi e la logica narrativa della diegesi, e su un’indistinguibilità tra leggere e guardare che costringe il lettore a frequenti cortocircuiti e processi di blending tra testo e immagini. Tutto converge su tutto, mentre ogni segno significa se stesso e gli altri” (p. 40). I veloci cambiamenti di punto di vista e le tante focalizzazioni interne multiple rappresentano caratteristiche tipiche del graphic novel tanto che, sottolineano i due studiosi, esso trova un suo punto di forza nella rappresentazione della soggettività.
Calabrese e Zagaglia passano in rassegna i pannelli, l’impaginazione e gli interstizi. La pagina-tipo di un graphic novel è solitamente composta da sei a nove panels (riquadri o pannelli di forma quadrangolare). In questo particolare tipo di narrazione grafica si possono identificare tre livelli di strutturazione: la striscia (strip), la pagina ed il libro. “La descrizione del graphic novel in termini strip-pagina-libro non è tuttavia esauriente, innanzitutto per il fatto che il rapporto tra i fotogrammi, a ciascuno dei tre livelli appena enucleati, deve essere sia sequenziale [...], sia olistico o simultaneo, dove a essere percepita è l’intera pagina come se fosse la singola immagine di una sequenza” (p. 41). Pur essendo necessaria l’organizzazione sequenziale, la struttura delle immagini è resa più complessa dall’organizzazione “translineare”; il braiding evidente, ad esempio, nella forma pagina-scacchiera di The Sandman (1988-96) di Neil Gaiman.
Rispetto ai film ed ai romanzi, il graphic novel sembra permettere un maggior livello di interazione; visto che il lettore si trova di fronte ad immagini singole disposte in strisce, tocca ad esso individuare o creare relazioni tra immagini e strips, semantizzare lo spazio e ricostruire i tempi della storia così come concedere empatia o meno al focus narrativo del character.
In tale tipo di narrazione grafica l’impaginazione risulta estremamente importante nell’enucleazione del primo piano rispetto allo sfondo, nell’identificazione delle relazioni semantiche tra i pannelli, nella velocità di lettura. Altro aspetto specifico del graphic novel a proposito delle funzioni diegetiche, sostengono gli autori, è lo spazio intericonico tra immagini (gutter). La lettura può avvenire tanto focalizzandosi sulla singola immagine (lettura governata dal lettore implicito), quanto, in maniera più estesa, sulle relazioni tra le immagini componenti una striscia (in questo caso nelle mani del lettore reale), si tratta comunque di due modalità di lettura complementari ed indispensabili. La pagina è sia una sequenza temporale orientata che una superficie areale in cui gli spazi sono organizzati unitariamente. Se nei fumetti solitamente i panels sulla pagina sono ordinati in maniera da essere letti da sinistra a destra scendendo poi alla linea sottostante e via dicendo, nei graphic novel, invece, tale logica viene spesso smentita: i panels possono sovrapporsi tra loro dando luogo a percorsi di lettura diversi. Se la narrazione verbale è lineare e sequenziale, il graphic novel si rifà ad una logica di solidarietà iconica “che mescola i panels, ricompone planches di grado superiore alle pagine a stampa e dà luogo a plessi semantici di elevata complessità logico-formale” (p. 51).
Calabrese e Zagaglia sottolineano come la logica reticolare del web si ripercuota anche sulla grafica tanto che sempre più frequentemente al principio della linearità si sostituisce quello della simultaneità. In tal modo tocca al lettore organizzare l’ordine degli eventi. “Eclissando in parte la lettura orizzontale dei testi narrativi in favore di quella centrifuga, degerarchizzata e visiva dei graphic novel, i lettori attuali si mostrano per quello che sono: coautori a tutti gli effetti, navigatori solitari del web e attenti cultori di un connubio tra linguaggio verbale e linguaggio iconico” (p. 51).
Uno degli elementi che contraddistinguono il graphic novel è “la sua vocazione alla metalessi, cioè al livellamento delle differenze tra narrazione storica e finzionale, tra canone mimetico e controfattualità fiabesca, tra il qui e ora e le neverlands della tradizione folklorica. La questione del ‘realismo’ non è affatto correlata a eventi autentici rappresentati come assolute ‘verità’, bensì piuttosto alla necessità di osservare secondo le leggi neuropercettive ciò che esiste al di fuori di noi” (p. 56). Secondo gli autori il cosiddetto realismo entra nel graphic novel in vari modi: 1) Autobiografie, biografie, scrittura storiografica, reportage giornalistico (ad esempio Maus di Art Spiegelman edito tra il 1986 ed il 1991); 2) Reportage giornalistici e diari di viaggio (ad esempio Palestina. Una nazione occupata di Joe Sacco del 1996; 3) Graphic novel storici (ad esempio Berlin: City of Stone del 2000 e Berlin: City of Smoke del 2008, entrambi di Jason Lutes, dedicati alla metropoli tedesca all’epoca della Repubblica di Weimar); 4) Fantasy, letteratura gotica, racconti di fantascienza (ad esmpio The Sandman di Neil Gaiman, pubblicato tra il 1989 ed il 1996, ove si miscelano elementi favolistici con altri generi tradizionali creando un mythos applicabile alla contemporaneità); 5) Adattamenti, parodie, ritratti di autori letterari (ad esempio il biografico Franz Kafka di Peter Kuper del 2003). Il fatto che il graphic novel possa oggi competere con la letteratura romanzesca è dimostrato dalla vittoria dell’edizione 2001 del Guardian First Book Award da parte di Jimmy Corrigan. The Smartest Kid on Earth di Chris Ware.
Il volume di Calabrese e Zagaglia si sofferma su una questione cruciale per quanto riguarda tale tipo di narrazione grafica, vale a dire la questione spazio-temporale. Grazie al double coding (parola + immagine), proprio del graphic novel, nascono narrazioni grafiche elaborate con trame articolate e strutture psicologiche complesse, capaci di affrontare tematiche assai problematiche. Con il graphic novel il fumetto si avvicina alla narrazione letteraria con la parola che “amplifica gli spazi dell’immaginazione visuale, con conseguenze importanti per i lettori, soprattutto a livello cognitivo. L’esaltazione del fattore grafico-visuale nel quadro di una narrazione romanzesca consente un processo di fruizione più serrato, dai tempi più rapidi e scorciati in confronto a quelli imposti da opere esclusivamente testuali” (pp. 69-70).
I due studiosi propongono di definire il graphic novel come un “sistema semiotico caratterizzato da mutimodalità e simultaneità e in grado di codificare il tempo nello spazio” (p. 70), ossia ciò che Groensteen definisce “sistema spazio-topico”. Nella narrazione grafica a “comunicazione multistrato” il sistema spazio-tempo del lettore viene annullato dal sistema spazio-tempo della storia ed il corpo de lettore viene trasportato sulla pagina sia attraverso un coinvolgimento emotivo che evocando simulazioni incarnate. Certamente, fanno notare gli autori, “il network digitale” della nostra epoca si ripercuote anche sull’impostazione grafica, tanto che sempre più spesso nella graphic novel si infrange la classica impaginazione reticolare sequenziale in vignette per dare spazio a scelte grafiche di simultaneità che abbandonano la lettura orizzontale in favore di quella centrifuga riproducendo in questo la morfologia del web. L’idea di tempo e di spazio nel fumetto deriva dal ritmo visivo della pagina, dalla regolarità della griglia, dall’impaginazione, dallo stile grafico, dagli eventuali colori e così via. “Se la scrittura e la narrazione sono arti del tempo – cioè si svolgono in sequenza – e se la pittura e il disegno sono arti dello spazio – cioè vengono viste con uno sguardo olistico per poi essere segmentate necessariamente dal linguaggio verbale –, potremmo concludere che il graphic novel è l’arte della spazializzazione del tempo e della cronologizzazione dello spazio” (p. 72).
Calabrese e Zagaglia passano in rassegna anche il ruolo attenzionale del colore, il ritmo e la ripetitività come meccanismi di serializzazione del piacere ed il formato breve o lungo del graphic novel.
Con una certa approssimazione si può dire che in Italia circa il 10% della fiction che esce in libreria è rappresentato dal graphic novel; in pratica su dieci romanzi usciti, uno è grafico. Ma a quale tipologia di lettori si rivolge il graphic novel? Non essendovi ad oggi indagini approfondite per quanto riguarda l’Italia, il volume riporta dati di altri Paesi europei e da questi emerge che mentre il lettore-tipo di romanzi è soprattutto di genere femminile e con un’età media che oscilla tra i trenta ed i cinquantaquattro anni, quello di graphic novel è invece in maggioranza di genere maschile con un’età media compresa tra i quattordici ed i ventiquattro anni. Il lettore di graphic novel, sottolineano Calabrese e Zagaglia è dunque un soggetto “in fase di formazione permanente, che alimenta la propria Bildung attraverso porzioni massicce di visual storytelling. Proprio come la ricezione del romanzo settecentesco rifletteva le ansie del ceto medio, i graphic novel rivelano oggi i bisogni dei kidults e le loro ansie predittive circa un futuro sempre più impredicabile, irretito solamente da progetti a tempo determinato: narrazioni adatte ai tempi labili e a spazi empatici, fatte per rappresentare individualità uniche, ciò che spiega l’ambientazione realistica degli intrecci, l’attualità dei temi e la loro rilevanza storica [...]. Le peripezie vissute dai protagonisti diventano agli occhi dei kidults una parabola, un momento di passaggio da cui si esce trasformati, dove il fatto eccezionale di cui l’intreccio parla diventerà il momento in cui prende corpo una nuova identità” (p. 93). Non è un caso, fanno notare i due studiosi, che l’eroe del graphic novel non si trovi mai alla fine della storia nella medesima condizione esistenziale del punto di partenza.
Secondo Calabrese e Zagaglia il racconto visivo, riprendendo una caratteristica tipica delle fiabe e del racconto folklorico, risulta in grado di costruire una forma narrativa aperta, divenendo una sorta di “testimonianza grafica di autocoscienza, in cui la forma della narrazione [...] è la storia: non solo non c’è isomorfismo tra medium e contenuto e i temi metaforici del graphic novel aiutano a rappresentare nuove percezioni storico-sociali, ma la figura dell’eroe senza smagliature e a tutto tondo viene messa in discussione attraverso personaggi in divenire” (pp. 93-94). Inoltre, le narrazioni visive transmediali, come il graphic novel, si sostiene nel saggio, promuovono lo sviluppo di competenze multiple di alfabetizzazione e si rivelano utilissime nei processi educativi.
Una delle caratteristiche principali del graphic novel è data dalla rappresentazione della soggettività: “Le sequenze spaziali dei punti di vista, la sovrapposizione percettiva e la rappresentazione di stati interni [...] sono realizzati nella stessa unità di tempo, insieme alle intricate relazioni tra narratore verbale e strategie iconiche [dunque] è la focalizzazione che ci consente di distinguere tra la narrazione di una storia e l’elaborazione mentale di quella stessa storia da parte di un personaggio o di un narratore, cioè tra chi guarda e chi percepisce” (pp. 95-97). Evidentemente nelle narrazioni grafiche il linguaggio dominante è di tipo visivo, dunque si avrà una comprensione ottica della focalizzazione e della prospettiva; si avranno “finestre personali associate al personaggio e finestre impersonali associate al narratore” (p. 97). Nel graphic novel narrazione e focalizzazione si danno contemporaneamente su due tracce modali.
Normalmente il lettore si aspetta che in un’autobiografia il protagonista coincida con l’autore ed il narratore e ciò, evidenziano Calabrese e Zagaglia avviene anche nei graphic novel. “La prospettiva dell’immagine di un pannello non ha bisogno di essere mostrata dal punto di vista del focalizzatore; più comunemente, l’immagine utilizza una prospettiva esterna che mostra ciò che il focalizzatore sa a questo punto della storia e ciò che è importante per lui o per lei” (p. 97).
I due studiosi si soffermano anche sula ridefinizione del rapporto tra narrazione e descrizione (showing e telling) operata da questo tipo di narrazione grafica: mentre queste due modalità tendono ad escludersi a vicenda nelle narrazioni verbali, nel graphic novel narrazione e descrizione coincidono e tale coincidenza di showing e telling viene riassunta con il termine monstration (mostrazione).
Cocludendo, Che cos’è il graphic novel di Stefano Calabrese ed Elena Zagaglia si presenta come un’ottima introduzione tanto alla storia, a partire dalle sue origini, di questo particolare linguaggio verbovisivo che alle caratteristiche linguistiche che lo contraddistinguono. Se ne raccomanda la lettura tanto agli appassionati del graphic novel che volessero approfondire le origini ed il linguaggio dei volumi inchiostrati che divorano avidamente, quanto a coloro che ancora pensano al graphic novel come ad un linguaggio minore rispetto alle narrazioni cinematografiche e letterarie. Poi, sia chiaro, anche in questo tipo di narrazione grafica esistono capolavori ed opere di mero intrattenimento. Esattamente come accade nella letteratura e nel cinema.



 

Stefano Calabrese, Elena Zagaglia
Che cos’è il graphic novel

Carocci Editore, Roma, 2017
pp. 142

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