“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Monday, 29 May 2017 00:00

“Red Riding Quartet” is back!

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Nel corso del 2017 Il Saggiatore ha dato alle stampe Red Riding Quartet, un immenso volume di quasi millecinquecento pagine in brossura cucita, in cui sono raccolti i quattro romanzi di David Peace che compongono la celebre tetralogia: Nineteen Seventy-Four, Nineteen Seventy-Seven, Nineteen Eighty e Nineteen Eighty-Three, usciti originariamente in lingua inglese in successione tra il 1999 ed il 2002 e giunti in Italia per la prima volta grazie a Meridiano Zero i primi due (1974 e 1977) ed a Tropea gli ultimi (Millenovecento80 e Millenovecento83).
La celebre tetralogia del romanziere inglese è incentrata su Peter William Sutcliffe, lo "Squartatore dello Yorkshire", che tra il 1974 ed il 1983 ha insanguinato lo Yorkshire, nel nord dell'Inghilterra, seviziando ed uccidendo almeno, ma pare siano di più, tredici donne.

In un'intervista rilasciata a La Repubblica (29/10/2015) Peace racconta di come quella serie di crimini efferati, che ha segnato l'immaginario infantile della sua generazione, debba essere inserita nel clima del Paese dell'epoca: “In quegli anni il nord del Paese era misogino, brutale. Per molti inglesi le donne erano automaticamente prostitute. E poi la crisi, la disoccupazione, lo stesso paesaggio, così aspro. Tutto ha contribuito alle stragi. Quel male non era solo opera di un matto come Sutcliffe. C'era un contesto che lo favoriva”.
Secondo l'autore, la tetralogia mostra “le conseguenze di una società afflitta da disastro economico, odio, sessismo, violenza" e, nonostante il tempo passato, l'essenza profonda di quell'Inghilterra non pare essere tramontata. “Le macerie del nostro passato sono sempre lì, nonostante i centri commerciali e le strade più pulite. Ma oggi, basti pensare alla crisi dei rifugiati, il vero cuore di tenebra non è più tra noi, ma intorno a noi. Dove gli umani muoiono ogni giorno sotto le bombe, o per fame. Sta finendo un'epoca, come quando si sgretolò l'Impero Romano. Ma molti fanno finta di non capire [...]. Le divisioni nella società sono sempre più acute. E poi mi sembrano tutti preda di una schizofrenia collettiva. Quando torno in Inghilterra, vedo sempre più individui e meno persone”.
Già, sempre più individui. Insomma un Paese in cui la società sembra davvero essere stata cancellata così come si era ripromessa Margaret Thatcher insediatasi al 10 di Downing Street nel 1979 e restatavi fino al 1990 segnando così quegli anni Ottanta che rappresentano le fondamenta dell'attuale società. Chi ha qualche annetto sulle spalle ancora sente risuonare quelle violentissime parole pronunciate dalla celebre “Iron Lady” per sostenere che la società non esiste e che ci sono solo individui. Lo smantellamento dell'idea stessa di società, e con essa di ogni forma di solidarietà, ha significato la fine di ogni minima possibilità di poter contare su una comunità, è stata cinicamente pianificata ed i risultati abbiamo imparato a conoscerli bene anche dalle nostre parti, pur con qualche anno di ritardo rispetto al Paese di Sua Maestà.
Lo Yorkshire che fa da teatro ai crimini raccontati in Red Riding Quartet rispecchia l'Inghilterra avviata a quell'individualismo che il neoliberismo thatcheriano, spingendo sull'acceleratore, porterà a compimento.
Così Il Saggiatore introduce il lettore nelle atmosfere narrate da Peace: “Il Nord del Paese è un’allucinazione di miniere abbandonate, fabbriche abbandonate, fabbriche automatizzate, fabbriche come cattedrali, ciminiere più alte di campanili, cieli neri, orizzonti di cemento armato. Le sue città in rovina, misogine e brutali, sono un incubo di villette unifamiliari in cui si consumano esistenze senza luce, di edifici scuri nella pioggia fredda, di case vuote come teschi scarnificati. Magazzini come occhi, fabbriche come sguardi. Le luci rosse degli stop che si allontanano come piaghe. Il ronzio ruvido e reiterato della radio vomita la sua cantilena: bombe dell’Ira, scioperi dei minatori, scioperi della fame, Maggie Thatcher, le Falkland. E poi bambini violentati e uccisi, prostitute violentate e uccise: lo Squartatore dello Yorkshire è tornato, la polizia non lo trova, forse non lo ha mai cercato davvero. Il Red Riding Quartet è la tragedia di un universo psicotico e terminale, in cui la follia di un serial killer è la follia di tutti, e i suoi delitti sono la violenta determinazione storica di un male ormai ubiquitario. Un mondo di bambini il cui grido rimbomba nel vuoto come la preghiera ignorata da un Dio assente, di donne spaventate e uomini divenuti prede che si dibattono in una lotta ossessiva con il dolore e la sconfitta. Creature postumane che non potrebbero vivere altrove se non nell’inferno oscuro, gelido e meccanizzato dello Yorkshire”.
È all'interno di tale scenario che lungo le millecinquecento pagine che compongono Red Riding Quartet si incrociano le vicende, i pensieri, i punti di vista e gli incubi di personaggi come Bob Fraser, sergente della omicidi ormai incapace di distinguere tra buoni e cattivi, il giornalista Jack Whitehead, tormentato dai fantasmi delle vittime prive di giustizia ed Edward Dunford, corrispondente di cronaca nera per lo Yorkshire Post.
Le vicende narrate si dipanano tra l'afa dei pub, le schegge taglienti dei vetri delle bottiglie in frantumi ed i suoni disperati del punk. Non a caso, nel secondo romanzo, Nineteen Seventy-Seven, i capitoli stessi richiamano le canzoni di gruppi come Sex Pistols e The Clash e sembra di sentir risuonare le strofe urlate tra chitarre distorte: “Fuck this and fuck that / Fuck it all and fuck the fucking brat...” (Bodies, 1977, Sex Pistols); “There is no future / In England's dreaming / Don't be told what you want / Don't be told what you need / There's no future, no future, / No future for you...” (God Save The Queen, 1977, Sex Pistols); “What the hell is wrong with me? / I'm not who I want to be...” (What's my name, 1977, The Clash).
Successivamente alla tetralogia dello Yorkshire, Peace realizza GB84 (2005), tradotto in italiano l'anno successivo da Tropea edizioni, ove si narra dello sciopero e della sconfitta dei minatori ad opera della Thatcher a cavallo tra il 1984 ed il 1985. Nel 2006 esce The Damned Utd (Il maledetto United, Il Saggiatore, 2009), opera in cui si raccontano i quarantaquattro giorni di Brian Clough sulla panchina del Leeds United nel 1974, mentre nel 2007 viene pubblicato Tokyo Year Zero (Tokyo anno zero, Il Saggiatore, 2008), il primo romanzo della “Trilogia giapponese” ispirata ad episodi di cronaca nera realmente accaduti nel corso dell'occupazione americana del Giappone dopo la Seconda Guerra Mondiale. Il secondo volume della trilogia nipponica arriva nel 2009 con il titolo Occupied City (Tokyo città occupata, Il Saggiatore, 2010) ed in attesa del terzo capitolo della serie, nel 2013 Peace torna al mondo del calcio con Red or Dead (id., Il Saggiatore, 2014) per raccontare l’ascesa del Liverpool Football Club e la parabola di Bill Shankly e con tutto ciò anche la fine di un certo mondo del calcio ormai avviato a trasformatosi ai giorni nostri in video-gioco tra schermi televisivi e merchandising.
David Peace non avrà la forza narrativa dell'americano James Ellroy, a cui spesso è stato associato, e nemmeno la ruvidità del grandissimo Derek Raymond... ma i suoi romanzi sono davvero notevoli e meritano assolutamente di essere letti. Le millecinquecento pagine che compongono il 'mattone' Red Riding Quartet sono tante, scomode e pesanti ma si tratta di uno sforzo fisico assolutamente necessario per capire un po' meglio la deriva contemporanea.

 



David Peace
Red Riding Quartet
Il Saggiatore, Milano, 2017
pp. 1481

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