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Friday, 27 January 2017 00:00

Elogio alla mandorla

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“Resto sveglia a ricucire i passi che ho protetto da te
 pietra e mare, tu levighi il finale disegnato per me
Resto sveglia a ricucire i passi che ho protetto da te
Non fa male, il vuoto che hai lasciato è solo spazio per me”
.
 
(Respiro)

 

Qualunque impegno tu abbia in questi giorni e di qualunque umore sia, innamorati di Mandorle, il nuovo LP del duo napoletano Fede ’n’ Marlen.
Non sarà difficile, te lo assicuro. E non te ne pentirai.
Fatti accompagnare da Federica Ottombrino e Marilena Vitale in un ambizioso viaggio lungo quarantotto minuti, che profuma di terra ed ha il sapore di acqua di mare.
Fallo, nonostante questa recensione che non gli renderà giustizia e lo ridurrà a poco più che una raccolta di tracce.

Ci sono voragini tra le pieghe della fisarmonica di Federica, in cui le note annegano accarezzate dal mantice, ed un mondo nel nylon delle corde della chitarra di Marilena, fili dell’umana passione che sanno comporre melodie d’amore per sé stessi, prima che per qualcun altro.
Due esistenze, due mondi, due quotidianità a contatto.
“Esplorare un paese ignoto è una fatica, ma possederlo attraverso l'amore di un seducente straniero è un miracolo”, scriveva Simone de Beauvoir in Quando tutte le donne del mondo.
Le dodici tracce di questo cd dalle tinte orientaleggianti sono affreschi dipinti attorno ad amore transitivo: cambiando l’ordine delle melodie, il risultato non muta perché l’intero disco sembra cucito come un arazzo dalle tinte accese.
È un viaggio che ha radici antiche, che possono essere scorte persino nell’autore latino Seneca e nel suo De brevitate vitae e nei suoi elogi all’accarezzare la vita con delicatezza, senza affanno: quello della traccia Elogio alla lentezza, tuttavia, non è un monito che si estingue in circa quattro minuti, bensì un filo conduttore che danza, non corre, durante tutta l’esperienza d’ascolto.
È lì, in quell’elogio dal passo lento, il senso delle nostre esistenze trascorse a fare e disfare ed il controsenso, tutto umano, d’aver paura di abbandonarsi a una sensazione onirica che risulta sin da subito tanto familiare quanto sorprendente.
Arrivato a due anni dall’uscita del loro primo EP Stalattiti, Mandorle è la dimostrazione che comporre buona musica è un’arte, ma cercare di dar forma ai ricordi senza svenderli al migliore offerente e restando loro fedele è una vocazione.
Ad accompagnarle ne Il ventre della sirena, la cantante tunisina M’Barka Ben Taleb che spiega insieme alle due giovani partenopee quanto dannoso sia cercare fuori da sé le risposte ai proprio interrogativi, non memori d’essere gli artefici del proprio rifugio; in Otto venti la voce del chitarrista e autore del gruppo rock napoletano Epo Ciro Tuzzi, con il quale cantano una favola di seta bagnata da fiumi in piena, mari e lacrime; la cantautrice siciliana Katres in Lucciola d’inverno, che solleva la polvere ed il terriccio depositatisi su una storia che sembra antica quanto il mondo. Che, forse, è essa stessa il racconto di un mondo.
Un album che diventa, quindi, un quaderno di viaggio sul quale incollare riferimenti a mondi lontani ed in cui trovano posto anche Eduardo De Filippo e la sua poesia Sto ccà rielaborata nella traccia Isabè, un gioco di rime sospese tra il persiano ed il dialetto napoletano che fa da chiusa al disco. A coronare l’intero progetto, le melodie del chitarrista e compositore Gianni Guarracino nella traccia Maldição e gli arrangiamenti di Arcangelo Michele Caso, nome che vi risulterà sicuramente familiare, se seguite altri nomi noti al panorama musicale giovanile napoletano, quali La Maschera, Alessio Arena e Giovanni Block.
Federica e Marilena cantano ciò che sentono crescere loro dentro e non si fermano neanche se, come accaduto durante una serata al Soundgarden, la pioggia scrosciante gli riga il viso e appiccica loro i capelli alle tempie. Sono passati ormai anni dalla loro prima esibizione ed il duo ha calcato molti palchi, partecipando a manifestazioni ed esibendosi in concerti privati, ma l’energia irradiata è sempre la stessa: una palpabile e frizzante sensazione di solletico sotto le piante dei piedi, quasi volessero raccogliere l’invito a mettersi in viaggio.
L'esperienza dell'amore, rifacendoci nuovamente all’opera della de Beauvoir, è talmente universale da sembra priva di mistero. Eppure, questo disco è la colonna sonora di un giorno di ordinaria follia al contrario, perché il viaggio da compiere è alla ricerca di se stessi: un percorso che si avvicina al trascendente. Lo amerai, perché sa farsi vento sulle ferite e raggiunge luoghi invisibili, tra le cicatrici che sono ormai un patrimonio dell’infanzia e le giunture delle articolazioni.
Ama questo disco in modo liberatorio, slegandoti dall’ansia da prestazione di dover suggerire ai tuoi amici testi pretenziosi e onni-simbolici che s’avviluppano su se stessi oppure, al contrario, intrisi della banalità di una colonna sonora da prosopopea adolescenziale.
Non ti consiglio di ascoltarlo: abbandonati ad esso e saprà restarti appiccicato addosso come un francobollo su una lettera dimenticata in un cassetto, tra le scartoffie, ma le cui parole sono ancora vive in te.
E dopo averlo fatto, fa’ silenzio perché non ti saranno necessarie parole. Sarà l’inizio della comprensione.

 

 

 

Fede 'n' Marlen
Mandorle

voci e testi Federica Ottombrino, Marilena Vitale
in collaborazione con Ciro Tuzzi, Gianni Guarracino, M'Barka Ben Taleb, Katres
arrangiamenti Arcangelo Michele Caso
registrato e missato presso TP Studio di Napoli
etichetta Europhone Records
tracklist 1. Maldição; 2. Elogio alla lentezza; 3. Otto venti; 4. Lucciola d'inverno; 5. Corallo; 6. 'O mele; 7. Buddha; 8. Come bere farfalle; 9. Frutti di marzo; 10. Respiro; 11. Il ventre della sirena; 12. Isabè

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