“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Monday, 26 December 2016 00:00

Donne e romanzo in Virginia Woolf

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“Sprangate le vostre biblioteche, se volete; ma non potete mettere alcun cancello, alcuna catena, alcun lucchetto alla mia libertà mentale”


Dopo un esame di filosofia morale sulla 'questione femminile' mi sono spesso chiesta cosa fosse poi realmente tale questione e quale diritto avesse di farsi letteratura, narrazione di nicchia, tanto da formare un genere letterario.

Questo dibattito, però, si è ritagliato nel tempo anche una sua dimensione storica, uno spaccato della nostra storia, producendo voci assennate e penne insaziabili. Sono donna e non posso ignorare l'esistenza di una 'questione' che si è resa necessaria sviscerare, non posso far finta di sentirmi parte di un mondo che mi includa, mi tuteli, mi attribuisca doveri e diritti al pari di quelli assicurati agli uomini. Non è solo la memoria storica che mi impone attenzione, ma soprattutto il presente che mi chiede ragione, mi domanda con insistenza ogni giorno quale sia effettivamente la percezione che il mondo ha di me come donna e quale sia la percezione che ho io di me stessa. Mi muovo quindi in un ambito più consono alle mie inclinazioni, più semplice da leggere e interpretare, un mondo col quale ho preso dimestichezza e al quale riconosco il fondamento di qualsiasi azione e movimento, essendo esso stesso il principio della consapevolezza: il mondo della cultura e nella fattispecie della letteratura.
Una stanza tutta per sé di Virginia Woolf appartiene a quella schiera di testi protofemministi che non rinunciano alla bellezza del poetare, mantengono viva la scintilla del bello nell'esternazione del vero. Leggo la Woolf e la sua ironia mi conquista perché il suo passo lento tra le pagine della storia letteraria femminile è acuto e poetico, mai dimenticare la poeticità, neppure in questi discorsi così teorici. La scrittrice inglese si interroga su quali siano i presupposti inalienabili necessari a una donna perché possa essere una scrittrice. Per scrivere si ha bisogno di una storia, di una memoria che faccia da collant tra la vita e il romanzo. La letteratura è un'arte e solo dopo una denuncia, ma è ancor di più un lavoro che oscilla tra quello intellettuale e quello emotivo. Nell'emotività offesa della donna si riscontra l'incapacità della ragione di mantenere il dominio sulla propria opera. Il romanzo è fatto di immagini e spesso la donna non ha chiara l'immagine di se stessa, la sua è una storia di ruoli, poco incisiva, storia di attribuzioni e marginalità, questo spostamento del baricentro le fa perdere il senso della verità e della realtà romanzesca, della creazione come attività autonoma. Si ritrova a rivendicare e a combattere facendo torto alla propria creatura. La stanza tutta per sé è un luogo fisico ma anche simbolico in cui si fa unità dei frammenti e ci si rende interpreti dei fatti. Attraverso questa attività lo scrittore crea uno stile, la sua firma, la sua personalità, direzione la vita e la propria arte. La scrittura è un lavoro e può essere tale solo se lo scrittore percepisce se stesso nel mondo, se assume una posizione nei confronti non solo del proprio passato, presente e futuro, ma nei confronti di ciò che ancora non esiste ma potrebbe esistere: una storia nuova.
"Se ti fermi a maledire sei perduta".
Quale effetto ha questo scoraggiamento secolare sulla scrittura femminile? Una donna che scrive, per secoli, ha dovuto tener conto, più dei suoi colleghi uomini, della morale vigente, ha pubblicato, quando le è stato concesso, sotto pseudonimi, ma non è questo l'aspetto più devastante. La Woolf attraversa le opere di varie romanziere, troviamo Jane Austen e Charlotte Bronte, la loro attività di scrittrice non ha mai assunto i connotati professionali di un autentico lavoro riconosciuto; scrivevano nelle sale comuni della casa, esposte alle impressioni momentanee, impossibilitate a svolgere quel minuzioso lavoro di cesellamento che pone l'artista di fronte l'opera in maniera critica e responsabile. L'autoreferenzialità e le rivendicazioni in queste opere, quasi sempre, tradiscono la libertà della letteratura, a favore (ed è un favore disperato) di una denuncia che diventa automaticamente distruttiva.
"La creazione sulla distruzione".
Quando crei scardini inevitabilmente un sistema di cose presenti. Combatti con la bellezza di una cosa viva lo squallore delle cose stantie e brutte, materiale prezioso da smentire, trasformare e non da distruggere.





Virginia Woolf
Una stanza tutta per sé (A Room of One's Own)
traduzione Maria Antonietta Saracino
Milano, Mondadori, 2000
pp. 154

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