“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Thursday, 01 December 2016 00:00

Teatri di dolci guerre

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Accadono, a teatro, incidenti non previsti. Succede perché per quanto ogni cosa possa essere calcolata e ogni movimento studiato, c’è sempre quella possibilità che uno o più elementi sfuggano al controllo umano. Così può capitare che un ferro da calza, destinato a rimanere sul pavimento fino alla fine della rappresentazione, spicchi il volo lanciato dalle mani di un’attrice che solleva per aria fogli di carta velina. Il ferro decolla e poi, raggiunto il punto massimo di altezza, comincia a precipitare con la punta rivolta verso il basso e ruotando su stesso veloce e brillante tra le luci di scena. Come un aereo colpito in volo durante uno scontro di guerra. Il ferro finisce proprio davanti ai miei piedi.

Il rumore non è il boato di uno schianto ma quello del metallo che cade sul legno. Però dalla silenziosa platea è avvertito come una brusca rottura. Tutti si voltano. Per un secondo ho molti occhi puntati addosso ma lo spettacolo continua e l’attenzione torna alla vera guerra, quella del 1914. È la Prima Guerra Mondiale, la prima guerra degli aerei ma soprattutto la guerra delle trincee. Olmo e Ada, sul palco del Teatro Elicantropo la vivono e la raccontano. Sono occhi speciali i loro, perché quelli di Olmo la osservano dietro il filtro di una cinepresa mentre quelli di Ada imparano a capirla muovendosi tra i volti degli scolari e dei loro famigliari.
Con grande attenzione verso la realtà storica, raccontata con brani proiettati sulla parete di fondo come didascalie di un film muto, Cabiria Teatro ha costruito uno spettacolo grazioso e leggero ma allo stesso tempo profondo. Ada è un’insegnante di scuola elementare cresciuta in un istituto di suore. Nel suo universo, vivere significa rispettare le regole e segnare col rosso gli errori più gravi. Olmo è il figlio più piccolo di una famiglia numerosa e sogna di sfondare nel cinema come regista per avere dei vestiti finalmente nuovi al posto di quelli smessi dai fratelli più grandi. L’incontro tra Olmo e Ada sarà l’inizio della loro crescita. Ada dapprima timida e impacciata, non sarà più tanto devota alle regole del vivere sociale, si renderà conto delle condizioni della scuola e lotterà per cambiarla, prenderà coscienza di sé e del suo essere donna in un mondo di uomini, lotterà per la parità di salario tra uomo e donna e, spedita in una scuola al confine, si renderà conto che la guerra non è soltanto combattuta lontano in trincea, che orrore e sofferenza colpiscono anche i bambini e la Madre Patria non protegge nessuno.
Olmo, più sfrontato e coraggioso, lavorerà al suo sogno di dirigere un film d’amore e guerra interpretato da sé stesso e da Ada. Entusiasta partirà per il fronte come cineoperatore. Il suo compito sarà quello di riprendere le truppe, la sua speranza quella di testimoniare affascinanti scene di battaglia, con soldati feriti e sventrati da inserire nel suo film. Vivrà invece una guerra d’attesa, tra truppe impreparate e con i piedi feriti da scarpe troppo dure. Avrà il divieto di filmare qualsiasi cosa possa mettere in cattiva luce i soldati italiani. La sua unica ripresa di morte sarà quella della morte di una persona cara.
Elena Ferrari e Mariano Arenella, come nel film di Olmo, scrivono, dirigono e interpretano il testo. Lo fanno come se si trattasse di un romanzo: recitano a voce alta i movimenti e le didascalie, palesano sentimenti intimi dichiarandoli non soltanto col corpo e parlando in terza persona. Unici attori a ricostruire l’ambiente variegato di Torino, essi interpretano i protagonisti ma anche tutti i personaggi che li attorniano, modulando le voci e gli accenti in dialoghi veloci e spiritosi. Un romanzo storico agito, con scene da film muto proiettate sullo sfondo. È il film di amore e guerra che Olmo sta girando e si chiama La dolce guerra. Tutto risulta moto gradevole. La prima parte dello spettacolo è allegra e ironica.
Va sottolineata l’evoluzione di Ada da brava ragazza in donna emancipata che lotta per la parità di genere e il miglioramento della scuola perché modernizza il testo rendendolo attuale. È da secoli che ormai le donne lottano per la parità dei diritti ma purtroppo la lotta è qualcosa di continuo, ieri come oggi e creare modelli che possano essere di ispirazione è sempre utile.
La scena ha tutto quello che serve, pochi oggetti che riescono a ricreare una stanza, una scuola, una sala per feste, un tunnel, la strada. Tutto sta nella magia delle parole. Una fila di sedili da vecchio cinema, di legno, rimanda subito alle vecchie sale di proiezione. Ma essa è usata anche come barricata dietro la quale può nascondersi una ragazza troppo timida e come muro divisorio quando le strade di Ada e Olmo cominciano a divergere. I due protagonisti, costretti a fisicamente separarsi, si troveranno più uniti che mai nello spirito, risvegliati dalla realtà che li circonda.
La dolce guerra, quella che è giusto fare, quella che aiuterà l’Italia a superare un periodo di crisi economica, quella che darà prestigio alla nazione e farà cantare inni ai bambini è una guerra amara che toglie i padri, gli innamorati, i fratelli e li trasforma in soldati sventrati.

 

 

 

La dolce guerra
di e con
Elena Ferrari, Mariano Arenella
disegno luci Vanni Vallino
costumi Norma Uglietti
foto di scena Paolo Migliavacca
riprese e montaggio video Martino Chiti
produzione Compagnia Cabiria Teatro
lingua italiano
durata 1h
Napoli, Teatro Elicantropo, 27 novembre 2016
in scena dal 24 al 27 novembre 2016

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