“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Saturday, 15 October 2016 00:00

Tutta colpa di Borges...

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Ormai è chiaro: la letteratura argentina è un sistema di segni ed esercizi di stile con una sua fisionomia e indipendenza; ha sviluppato un modo d’essere che la distingue dalle altre letterature in lingua spagnola, pur rimanendo vincolata alla tradizione linguistica. Può piacere enormemente, oppure può suscitare antipatia o addirittura avversione. A volte può sembrare scontata, altre volte sorprendere.

Come tutte le persone o le tradizioni dotate di una forte identità propria, anche la letteratura argentina ha amici e detrattori, amanti e rivali. Data la posizione che occupa nel mercato editoriale può essere considerata un centro in una periferia: in America Latina è una fonte di ispirazione costante e, al di là del Boom o del realismo magico, occupa uno spazio saldo, indifferente alle mode o ai facili entusiasmi. Al netto di alcune eccezioni, gli autori argentini non hanno mai avuto il successo di pubblico di Gabriel García Márquez o Mario Vargas Llosa, eppure hanno continuato ad andare avanti per la loro strada, fieri delle loro specificità al limite della supponenza. È una questione di snobismo, diranno alcuni; tutta colpa di Borges, dirà qualcun altro.
Il recente volume pubblicato dalle Edizioni Arcoiris, Effetti collaterali dell’argentino Pablo Besarón, si iscrive esattamente in questa tradizione. Profondo conoscitore e lettore critico della letteratura nazionale, l’autore ha pubblicato nel 2009 un saggio dal titolo La conspiración. Ensayos sobre el complot en la literatura argentina, in cui cerca di collocare gli autori più importanti sotto la scelta comune della “finzione paranoica” (come la definì Ricardo Piglia negli anni 90). Anche per questo i precursori di Effetti collaterali sono chiaramente identificabili: Leopoldo Lugones, Jorge Luis Borges, Roberto Arlt, Ricardo Piglia, Julio Cortázar, Manuel Puig e tutta la letteratura che tali autori hanno riscritto, rielaborato, falsificato o corrotto (diamo a questo termine un’accezione positiva). Nei dieci racconti della raccolta, la letteratura argentina si condensa e riverbera, senza però risultare un’eco affievolita e lontana dei maestri passati. Il noir, il thriller, il fantastico o la fantasia scientifica (non proprio fantascienza) conducono il lettore attraverso storie intriganti e ricche di spunti. Effetti collaterali è un libro che il lettore troverà avvincente.
Per questo non ripeteremo i soliti elogi alle scelte coraggiose della collana “Gli eccentrici” e di chi fa parte del progetto di Arcoiris. In fondo, l’unica lode da reiterare riguarda l’instancabile lavoro di ricerca e di scoperta di autori mai arrivati in Italia o di opere ancora sconosciute di classici della letteratura ispanoamericana (si pensi a Favola selvaggia di César Vallejo o I perseguitati di Horacio Quiroga). Eppure scegliere di pubblicare Effetti collaterali non è stata una mossa rischiosa. Se le case editrici più importanti non fossero ossessionate dalla ricerca di best-seller e avessero una vera politica culturale, probabilmente Besarón sarebbe già entrato nei loro cataloghi. La sua è una scrittura solida, davvero leggibile (anche per merito della traduzione), senza eccessive sperimentazioni. Ce la sentiamo di continuare con le provocazioni? Rispettando le dovute proporzioni, mi viene in mente il caso di Roberto Bolaño e la casa editrice Sellerio. Sicuramente dotata di mezzi superiori di Arcoiris, la casa editrice palermitana ha comunque avuto per le mani una gallina dalle uova d’oro. Ecco, non è più il caso di fare i soliti complimenti, ma di augurare una sozzeria alle ragazze e ai ragazzi di Arcoiris: arricchitevi, ve lo meritate!

 

 

 

 

 

Pablo Besarón
Effetti collaterali
traduzione e cura di Livio Santoro
Edizioni Arcoiris, Salerno, 2016
pp. 124

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