“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Wednesday, 12 October 2016 00:00

NTFI: le parole, i fatti e il silenzio

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Le parole (dal libro dei sogni)
L'edizione 2016 de “il Napoli Teatro Festival Italia” – scrive Luigi Grispello, Presidente della Fondazione Campania dei Festival – “si pone l'obiettivo di estendere il proprio ruolo da rassegna teatrale estiva a istituzione culturale permanente che svolge attività di grande valore durante tutto il corso dell'anno”. Il Festival, infatti – insiste Grispello – solo in questo modo può davvero raggiungere i suoi obiettivi che sono: “incentivare la valorizzazione delle realtà artistiche radicate sul territorio”, “promuovere e sostenere lo scambio culturale tra Napoli e il mondo”, “far conoscere e diffondere all'estero la creatività degli artisti napoletani” ed “offrire occasioni di lavoro qualificato nel campo dell'arte teatrale e delle performing arts”.

Non basta, tuttavia, per Grispello: inoltre, “dovrà sempre di più valorizzare il patrimonio artistico, monumentale e paesaggistico della nostra Regione e perseguire un virtuoso scambio tra le nostre esperienze e quelle di altri diversi Paesi del mondo” generando una sorta di “incontro culturale” permanente che sia “fonte di arricchimento artistico e umano”. Per questo, d'altronde, è stato scelto Franco Dragone come direttore artistico poiché egli è sicuramente in grado di “far sì che tali obiettivi possano essere realizzati”.
Sì, ma come?
A spiegarlo è lo stesso Dragone. “Uscendo dalla logica abituale di una rassegna di spettacoli” egli ha voluto che il Festival “fosse un momento in cui questa Regione unica al mondo per tradizioni, cultura, bellezza ed ingegno ci si trovi rispecchiata, che senta sua questa iniziativa”. Per questo s'è impegnato a “trasformare la Campania nel distretto culturale ed artistico più ricco e più vivo d'Europa” per mezzo di un'edizione del Napoli Teatro Festival Italia in grado di superare “il proprio ruolo di tradizionale rassegna estiva per diventare un laboratorio creativo culturale permanente”.
Quattro i momenti previsti. Il primo – avvenuto a giugno, con i risultati artistici ed economici che conosciamo – che ha messo in scena “spettacoli provenienti da tutto il mondo”. Il secondo – “previsto per settembre” – focalizzato “sull'estensione delle attività del Festival in Regione e in grado di stimolare “il pubblico a partecipare ad attività concepite in luoghi storici e suggestivi della Campania” attraverso un fitto programma di “spettacoli in sinergia con il luogo che li ospita”, capace di raccontare “miti e storia” di questa terra e di impegnare artisticamente le “giovani compagnie campane”.
“Nel periodo autunnale” invece “il terzo momento”, che costituisce “la vera novità”: il Napoli Teatro Lab, che “ambisce a formare e sostenere la nascita di talenti e compagnie sul territorio tramite una fucina teatrale di spettacoli nuovi” e grazie “a una serie di attività sinergiche tra Festival e centri di produzione campani e napoletani”. “La formazione” – spiega Dragone – “sarà tutorata e ospitata da alcune tra le più importanti realtà teatrali della città di Napoli e della Regione e si concluderà con il debutto dei nuovi spettacoli nell'edizione 2017 del Festival”.
Detto in parole povere: cinque compagnie in residenza costante presso altrettanti teatri napoletani e campani (pare siano stati già scelti), messe nelle condizioni – rare, da queste parti – d'intraprendere un percorso di crescita artistica con l'ausilio di spazio e tempo ideativo e produttivo a disposizione, incontri formativi con Maestri del teatro nazionale ed internazionale, sostegno coproduttivo, distributivo e comunicativo offerto dal Festival stesso. Infine il Napoli Natale, che qualcuno vocifera già non sarà altro che una riproposta in forma più o meno nuova della Cantata dei pastori ma che Dragone, da progetto, identifica per fortuna diversamente e cioè come un “percorso di partecipazione aperta e spregiudicata nella ricerca e nella (ri)costruzione dell'identità artistica di Napoli e delle tante anime che la compongono”.


I fatti (dal mondo reale)
Il Festival ha raccontato i suoi numeri con un comunicato stampa datato 20 luglio: cinquantasette titoli, quarantasei compagnie, centosettantasei alzate di sipario nei trentuno giorni per trentatremila spettatori complessivi.
La stampa, cartacea e web, ha ricordato qualche particolare sfuggito al medesimo comunicato: il rapporto superiore a 30/1 tra soldi investiti e ricavi ottenuti (sei milioni e duecentocinquantamila euro di fondi europei a fronte di un incasso al botteghino inferiore ai duecentomila), ad esempio, o il 40% di ingressi gratuiti – stime della Fondazione stessa (omaggi: 29.76% del totale, più un 10% di “biglietti di servizio dovuti alle compagnie”) – che pure sono stati conteggiati dalla Fondazione Campania dei Festival come “spettatori” della rassegna; in aggiunta potrei ricordare anche: il ritardo della conferenza stampa napoletana, organizzata a Festival già cominciato; lo stato di abbandono di alcune residenze regionali – con le compagnie costrette addirittura a organizzare a loro spese un servizio di navette che coprisse la distanza tra Napoli e la sede degli spettacoli loro imposta dal Festival (esempio: La casa di Bernarda Alba a Sant'Angelo dei Lombardi); la cattiva gestione delle risorse umane a disposizione, con un'evidente sovrabbondanza napolicentrica; gli errori di stampa nella realizzazione dei materiali di sala e delle brochure; gli spettacoli annullati a Festival in corso; l'assenza quasi totale di cartellonistica e di ogni altra forma di promozione urbana e regionale, l'assenza di relazione effettiva col territorio, la forte impressione che questa città – ancora una volta, dopo le edizioni firmate da Luca De Fusco – non abbia vissuto l'Evento e che, l'Evento, nulla abbia lasciato di costruttivo e di strutturale – in termini di riqualificazione, di investimento artistico, di stimolo culturale – alla città.
Nota ulteriore: il degradante spettacolo cui hanno dato vita per mesi – prima, durante e dopo il Festival stesso – Luigi Grispello e Franco Dragone, tra reciproche accuse di conflitti d'interesse, ingerenze censorie nella programmazione, spreco di denaro pubblico, particolarismi contrattuali svelati solo a firme avvenute e rimpallo di responsabilità in merito alla scelta delle sale teatrali in cui collocare le messinscene: abbiamo così saputo di contratti firmati con gravoso ritardo, di sostituzioni nello staff festivaliero, di progetti cancellati all'improvviso, di “concezioni verticistiche e di comando” e di importi d'ingaggio, di spettacoli scelti senza mai essere stati visti e senza che il direttore artistico abbia mai incontrato e conosciuto gli artisti interessati, abbiamo saputo di “sgambetti”, di “calci”, di “bastoni tra le ruote” e di benefit discutibili, di case di pregio e di lettini piazzati nei corridoi per far dormire i collaboratori. Poi, il 20 luglio, le dichiarazioni distensive – esempio: “Si sono chiarite tutte le incomprensioni, esterne e interne, con il direttore” (Lucio D'Alessandro; Corriere del Mezzogiorno) – e, da allora fino ad ora, il silenzio.
E il “secondo momento di settembre”? E l'estensione “del festival in Regione”? E la stimolazione del pubblico? E i luoghi storici e suggestivi della Campania, abitati da opere pensate, realizzate e collocate ad hoc? E la selezione e l'impiego delle giovani compagnie?
Ad oggi – 12 ottobre – non se ne ha alcuna notizia: nessun comunicato stampa da parte della Fondazione, nessuna comunicazione diretta da Dragone e Grispello, nessuna intervista rilasciata dall'uno o dall'altro a nessun giornale locale, nazionale o internazionale. Intanto giacciono – come panni stesi al sole, cioè offerti all'aria aperta – le promesse fatte a decine tra artisti e compagnie, incontrate nei mesi che vanno da gennaio ad aprile, artisti e compagnie cui è stata prospettata la possibilità di prendere parte proprio alla sezione autunnale del Festival; sono lettera morta i progetti avallati a parole durante i mesi primaverili mentre pare ancora carta segreta, direi segretissima, “il progetto presentato” dallo stesso Dragone al CdA della Fondazione che – da parte sua, visionatolo – avrebbe espresso “un giudizio positivo sull'attività proposta, approvandone il contenuto”.
Ed il Napoli Teatro Lab? Neanche di questo – il “periodo autunnale” è iniziato da una ventina di giorni, dice il calendario – alcuna notizia: sulla pagina Facebook del Festival l'ultimo post è del primo agosto (un video da YouTube riguardante Il cielo in una stanza di Punta Corsara); sul sito del Festival/della Fondazione, nella sezione “Avvisi per gli artisti”, l'ultimo bando risale addirtittura al 13 marzo 2014 e riguarda le modalità di “partecipazione alle selezioni” ed “il regolamento E45 Napoli Fringe Festival 2014/2015”. Dal profilo di Franco Dragone si nota il suo volto alla maniera del Che Guevara stampato sulle t-shirt mentre di Luigi Grispello le ultime parole pubbliche risalgono all'intervista concessa a Mirella Armiero per il Corriere del Mezzogiorno – il 4 agosto – in cui dichiara che gli “sta a cuore solo il prestigio culturale di Napoli”, che ha lasciato “massima libertà al direttore artistico Dragone”, che ha “risanato i conti della Fondazione, che aveva sedici milioni di debiti, ora quasi azzerati” e che lui non ha mai avuto “padrini politici” e che dunque il suo unico impegno è sempre e solo stato quello di “sostenere le eccellenze della Campania”; precisato poi che “non ricevo compensi per il mio lavoro in Fondazione”, Grispello si è infine dichiarato disponibile eventualmente a fare un passo indietro, ovvero a lasciare ad altri il suo incarico, nel caso il Presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca dovesse ritenerlo necessario: “Se vuole sono pronto ad andare via”.


Poche parole (in aggiunta)
Valutare il Napoli Teatro Festival Italia basandosi soltanto su quel che fino ad ora è accaduto sarebbe criticamente discutibile poiché sussiste un programma che ha per scadenza il mese di dicembre 2016 o – se si preferisce – la presentazione degli spettacoli del Napoli Teatro Lab nell'edizione primaverile del 2017.
Tuttavia mi sembra che, con forza, vada pretesa chiarezza comunicativa da tutti gli interessati (Regione Campania, Fondazione Campania dei Festival, direzione artistica). 
Non starò neanche a ricordare che si tratta di fondi europei, nazionali (co-finanziamento di Rotazione) e regionali – dunque di soldi pubblici, di un bene che appartiene alla collettività e di cui occorre rispondere alla collettività medesima – né starò a ricordare che un festival, in quanto tale, ha come primo obiettivo da perseguire (come scrive Franco D'Ippolito) il delineamento “di una precisa identità attraverso una precisa relazione con la vocazione territoriale del luogo in cui si svolge”. Né starò a ricordare che – ad oggi – nessuna stima oggettiva e credibile, nessun dato certo e riscontrabile, è stato diffuso dalla Fondazione in merito agli incassi effettivi derivanti dallo sbigliettamento né si conoscono i risultati raggiunti dal Festival in termini di “promozione del turismo culturale” e di distribuzione internazionale degli spettacoli prodotti o coprodotti dallo stesso.
Sospeso il giudizio sulla validità della proposta artistica, sulla sua coerenza programmatica, sulla capacità di questa nel costituire davvero “un momento d'incontro tra le diverse culture dello spettacolo dal vivo” − sospesa, per carità di patria, la valutazione tanto sull'effettiva “esperienza vissuta” dalla Regione, da Napoli e dagli abitanti campani quanto sul “miglioramento della qualità della vita dei residenti” generato e sulla reale applicazione “di nuove forme di sviluppo economico sostenibile” – forse occorre ricordare che implicazioni artistiche e organizzative costituiscono “un indissolubile intreccio” nel caso dei festival e che la bellezza di nessuno spettacolo potrà o potrebbe comunque cancellare o bilanciare le disfunzioni, le mancanze, i silenzi registrabili in questi mesi.
Sezioni del Napoli Teatro Festival Italia sono sparite o tardano senza che nessuno si premunisca di comunicarne le ragioni (istituzionali, organizzative, economiche che siano); operatori e lavoratori dello spettacolo sono – da mesi – in preda alla pratica del chiacchiericcio, ora informale ora puramente allusivo (faremo, vedremo, programmeremo, firmeremo); nessuno dei protagonisti si assume la pur minima responsabilità pubblica mentre la stampa, e chi ne fa parte, si limita a udire, registrare, commentare a bassa voce gli spifferi, certi nomi, le notizie vaghe e sovente inattendibili che  arrivano di continuo all'orecchio stando in un foyer, a margine della presentazione di qualche libro o che si ricevono da quel regista, quell'attore, dall'amico di quel regista o quell'attore: Dragone ha incontrato in Belgio, a Napoli, a Roma... pare che Colinet abbia... Raffaele Riccio mi ha detto...
Possibile che un Festival che avrà un costo complessivo che sfiorerà o supererà i dieci milioni di euro non possa organizzare in maniera più trasparente, continuativa ed onesta una presenza comunicativa di sé? Possibile che non sappia relazionarsi al contesto di cui fa parte – ed al quale deve dare conto – se non tacendo, operando la pratica dell'attesa silente, per ricomparire magari all'improvviso?
Napoli e i suoi abitanti, la Campania e i suoi cittadini, gli artisti, gli operatori che a vario titolo si occupano di teatralità meritano qualcosa di più, qualcosa di diverso, certamente qualcosa di più degno, di più decente. 

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