“La vita come deve si perpetua, dirama in mille rivoli. La madre spezza il pane tra i piccoli, alimenta il fuoco; la giornata scorre piena o uggiosa, arriva un forestiero, parte, cade neve, rischiara o un’acquerugiola di fine inverno soffoca le tinte, impregna scarpe e abiti, fa notte. È poco, d’altro non vi sono segni”

Mario Luzi

Thursday, 01 September 2016 00:00

Aragoste e distopia

Written by 

Yorgos Lanthimos è un regista, produttore e sceneggiatore cinematografico greco che solo nello scorso 2015 è passato alla produzione in lingua inglese. È perciò comprensibile non averne sentito parlare, visto l’americacentrismo che vige nella produzione cinematografica mainstream. Il suo debutto anglofono ha come protagonisti Colin Farrell e Rachel Weisz: The Lobster, ha un sapore strano e spesso straniante, dal momento che fa della distopia la sua matrice creativa.

Fin dal principio, il film inizia con un adulterio e la conseguente rottura della coppia. Per capire l’importanza di tale evento – e la sua stessa elevazione a elemento distopico – è opportuno entrare subito nel meccanismo peculiare della storia. The Lobster è ambientato in una sorta di mondo parallelo in cui la vita è possibile solo in coppia: le persone sole, single per scelta propria o degli altri, vengono rinchiuse in una clinica dove hanno quarantacinque giorni di tempo per trovare un partner. In caso contrario, verranno trasformati in un animale a loro scelta.
Ecco allora che l’adulterio perpetrato dalla moglie del protagonista, invece di danneggiare lei in termini di esclusione sociale e affini, finisce per mettere il protagonista stesso nella situazione di doversi cercare una nuova compagna. Pena: la fine della vita da umano. Viene da sé che, una volta prese le spoglie di un animale, le persone siano esposte agli stessi rischi: possono essere pescate, cacciate, condotte al macello, schiacciate.
È dunque una vita grama, seppur breve, quella del single. Concetto su cui tutte le attività previste nella clinica tendono a porre l’accento: agli ospiti viene legata la mano destra, per dimostrare loro quanto sia difficile svolgere da soli i compiti più semplici, anche quelli quotidiani; gli inservienti si prodigano in dimostrazioni settimanali sui rischi in cui si incappa durante una vita solitaria – soffocamenti, molestie, e così via. I solitari vengono cacciati, nei boschi, dagli stessi ospiti della clinica, che in questo modo possono guadagnare dei giorni extra. Sì, perché quarantacinque giorni per trovare l’anima gemella sono davvero pochi, soprattutto se la scelta è limitata e la fretta tanta. I punti di compatibilità sono determinati in maniera anacronistica, eppure questo è un bel motivo ricorrente dell’intero film: più pecche possiedono i due individui, più essi saranno perfetti l’uno per l’altro. Anche quando il vero amore sembra finalmente emergere attraverso costruzioni sociali che tendono a meccanizzare anche i sentimenti, i motivi per stare insieme sembrano fare capo più ai difetti fisici che agli interessi intellettuali.
Forse perché la lucidità intellettuale sembra completamente estromessa da questo film. Gli unici sintomi di un pensiero critico sembrano venire dal protagonista – il discorso che fa sulla scelta dell’aragosta come animale in cui vorrebbe trasformarsi sembra estremamente lucido e fuori dagli schemi – eppure tutti i personaggi, anche quelli ribelli, si muovono all’interno di schemi ben determinati che fanno capo a quella società da cui cercano di scappare. Non si ha il classico eroe che cerca di spezzare la società distopica, ma un protagonista che cerca di migliorare solo la sua posizione, senza però infrangere il sistema.
L’atmosfera di calma e tiepida rassegnazione che pervade tutto il film sembra in un certo senso coerente a questo temperamento poco riottoso del protagonista. È anche un elemento di disturbo, nel senso che conferisce al film un andamento incredibilmente posato e spensierato persino nei momenti più violenti e truculenti.
Quella che va in scena è la storia di un individuo spersonalizzato: la sua libertà individuale è sacrificata da una società completamente incentrata su una vita in due, non importa se frutto di una scelta affettata e latrice di infelicità. Anche nel momento in cui il protagonista riesce a scappare dalla clinica e ad unirsi ad un gruppo di solitari, si ripresentano una serie di regole ferree e assurde da cui è vietato trasgredire, pena la tortura o la condanna a restare sfigurati. Di fatto, passa dalla padella alla brace, tanto che, insieme ad una compagna che ha scelto, è pronto a tornare nella società da cui inizialmente era fuggito. È per questo che non può essere un eroe: resta sempre inquadrato in schemi prestabiliti, non riesce a pensare a nessun modello esistenziale altro da quello che gli viene imposto.

 

 

 

 

 

 

The Lobster
regia Yorgos Lanthimos
sceneggiatura Efthymis Filippou, Yorgos Lanthimos
con Colin Farrell, Rachel Weisz, Jessica Barden, Olivia Colman, Ashley Jensen, Ariane Labed, Aggeliki Papoulia, John C. Reilly, Léa Seydoux, Michael Smiley, Ben Whishaw, Roger Ashton-Griffiths, Rosanna Hoult
fotografia Thimios Bakatakis
produzione Film4, Element Pictures, Faliro House Productions, Haut et Court, Lemming Film, Scarlet Films
distribuzione Good Films
paese Grecia, Regno Unito, Irlanda, Paesi Bassi, Francia
lingua originale inglese
colore a colori

anno 2015
durata 119 min.

Leave a comment

il Pickwick

Sostieni


Facebook